Manovra, salgono a 1,65 miliardi le risorse per i dipendenti pubblici
Fonte: http://www.repubblica.it/economia
La dote nella prossima legge di bilancio cresce rispetto agli 1,2 miliardi inizialmente previsti. Così sarà possibile garantire gli aumenti medi di 85 euro mensili. Nella nota di aggiornamento al Def previsti 900 milioni dalle dismissioni immobiliari
- Sale la "dote" da destinare al rinnovo del contratto per il pubblico impiego nella prossima legge di Bilancio. Secondo quanto appreso dall'Ansa le risorse dovrebbero crescere a 1 miliardo e 650 milioni, rispetto agli 1,2 miliardi inizialmente previsti, per garantire gli aumenti medi di 85 euro mensili per gli statali. Le risorse andranno al rinnovo per i comparti della P.a. centrale, dai ministeri alla scuola. Altre risorse ad hoc andranno alle forze dell'ordine.
Nella nota di aggiornamento al Def il governo ha confermato l'impegno a "rifinanziare" alcune voci tra cui i contratti pubblici.
In manovra, si legge nella nota che aggiorna il Documento di economia e finanza, saranno "rifinanziate le cosiddette politiche vigenti, inclusive delle risorse per il rinnovo contrattuale del pubblico impiego". Il governo mette così 'nero su bianco' l'intervento a favore della P.a. Nel documento si evidenzia che la prossima legge di Bilancio "completerà il quadro complessivo delle risorse che consentiranno di proseguire i negoziati e gli incontri avviati con le rappresentanze dei lavoratori, secondo gli indirizzi già espressi dal Governo". Ministero della P.a. e sindacati hanno pattuito un incremento contrattuale di 85 euro medi mensili per il triennio 2016-2018.
Le risorse serviranno al rinnovo dei contratti per la Pubblica Amministrazione centrale, ovvero agli statali 'contrattualizzati', per cui si tratta all'Aran. Una cifra più alta di quello che si stimava nelle scorse settimane e forse comprensiva delle risorse per il salvataggio il bonus degli 80 euro. Dopo di ci saranno anche risorse per i contratti delle forze dell'ordine e quindi la cifra dovrebbe salire ulteriormente. D'altra parte il pacchetto P.a. tradizionalmente in manovra contempla anche le voci relative alla scuola, alle assunzioni (per le quali potrebbe arrivare una nuova tranche di risorse) e alla sanità.
Al memento, si spiega nell'aggiornamento al Def, "dopo aver segnato tassi di crescita negativi dal 2011, i redditi di lavoro dipendente della P.a cresceranno su base nominale di circa l'1,7 per cento nel 2017", e questo per "effetto dei rinnovi contrattuali comprensivi della quota di arretrati" (il triennio da rinnovare parte dal 2016). Poi, si precisa, "nel 2018 la spesa per i redditi di lavoro dipendente tornerebbe a contrarsi dello 0,2 per cento, per poi riprendere a crescere nel 2019-2020, ma ad un ritmo contenuto". Ecco che, viene sottolineato, "l'incidenza sul Pil risulta pertanto in calo, dal 9,7 del 2017 all'8,9 per cento del Pil nel 2020, confermando le attese del Def".
Sempre nel documento il governo mette in cantiere quasi un miliardo di euro dalle dismissioni immobiliari. "Per il 2017 - si legge nel testo -, i proventi derivanti dalle vendite di immobili pubblici dovrebbero ammontare a 900 milioni, di cui 100 milioni per le vendite di immobili delle Amministrazioni centrali, 500 milioni per le vendite effettuate dalle Amministrazioni locali e 300 milioni per le vendite degli Enti di previdenza".
Permessi per assistenza disabili: la programmazione mensile sarà derogabile?
Fonte: http://www.ipsoa.it/
I contratti collettivi che l’ARAN si accinge a rinnovare per il personale delle Pubbliche amministrazioni dovrebbero contenere la previsione dell’obbligo per i dipendenti di programmare la fruizione dei permessi mensili per l’assistenza ai portatori di handicap grave ex lege n. 104. Tale previsione dovrebbe essere finalizzata al contemperamento del diritto dei lavoratori con le esigenze di funzionalità degli uffici e di organizzazione delle relative attività. Ma il quesito che ci si pone è il seguente: l’Amministrazione potrà negare la fruizione dei permessi in deroga a quanto programmato e comunicato in anticipo dal lavoratore?
Nel mese di giugno la Ministra Madia ha inviato all’ARAN – Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni un atto di indirizzo per il rinnovo dei contratti collettivi nazionali di lavoro del personale delle Pubbliche Amministrazioni per il triennio 2016- 2018 il quale, con specifico riferimento ai permessi mensili per l’assistenza ai portatori di handicap grave, prevede che l’Agenzia negozi un’integrazione della disciplina contrattuale che preveda, nel caso di specie, un congruo preavviso per le richieste anche mediante, ove possibile, una programmazione mensile.
Quanto sopra dovrebbe essere finalizzato al contemperamento del legittimo diritto riconosciuto ai dipendenti con le esigenze di funzionalità degli uffici e di organizzazione delle relative attività.
Whistleblowing: nuove tecnologie per la gestione delle segnalazioni di condotte illecite
Fonte:ilpersonale
Il Presidente ANAC, Raffaele Cantone, ha risposto con una lettera all’appello del Centro Hermes in merito all’adozione di tecnologie di supporto alla gestione delle segnalazioni di condotte illecite (Whistleblowing).
Ricordiamo che Hermes ha realizzato la piattaforma open source GlobaLeaks (poi ridenominata Open Whistleblowing) che gestisce le segnalazioni di condotte illecite conforme alle Linee Guida in materia di Whistleblowing.
Nella lettera, il Presidente ANAC coglie l’occasione per ricordare che “l’obiettivo dell’Autorità è la realizzazione di un sistema per la gestione delle segnalazioni di condotte illecite da inserire nel catalogo del riuso tenuto dall’Agenzia per l’Italia Digitale (AgID) in modo da renderlo disponibile a tutte le Amministrazioni che ne vorranno fare uso al fine di gestire le segnalazioni provenienti dal proprio interno.
La disponibilità del sistema nel catalogo del riuso sarà, logicamente, soggetta alle regole dettate dalla stessa Agenzia che avrà cura di verificarne il rispetto anche in termini di qualità del software e qualità della documentazione. In tal senso, sarà nostra cura avviare tempestivamente un’interlocuzione con AgID, con cui è già in corso una proficua collaborazione, e con il Team per la Trasformazione Digitale in modo da gestire correttamente tutte le fasi propedeutiche alla messa a disposizione del software”.
Link: LEGGI LA LETTERA
Questione di legittimità sulla pubblicazione dei redditi dei dirigenti
Fonte:ilpersonale
Con ordinanza n. 9828 del 19 settembre 2017, il TAR Lazio, ha sollevato la questione di legittimità costituzionale in merito all’obbligo di provvedere allapubblicazione dei dati patrimoniali dei dirigenti di cui all’art. 14 comma 1, lett. c) ed f) del decreto legislativo 14 marzo 2013, n. 33 anche per i titolari di incarichi dirigenziali.
Il TAR Lazio ritiene che “è rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 14, comma 1 bis e comma 1 ter, d.lgs. 14 marzo 2013, n. 33, inseriti dall’art. 13, comma 1, lett. c), d.lgs. 25 maggio 2016, n. 97, nella parte in cui prevedono che le Pubbliche amministrazioni pubblichino i dati di cui all’art. 14, comma 1, lett. c) ed f) dello stesso decreto legislativo anche per i titolari di incarichi dirigenziali, per contrasto con gli artt. 117, comma 1, 3, 2 e 13 Cost.”. Il TAR ha ritenuto, in altri termini, la questione non manifestamente infondata secondo il seguente iter motivazionale.
Obblighi di pubblicazione dei redditi dei dirigenti di Stato ed Enti locali
Ha premesso che i principi di proporzionalità, pertinenza e non eccedenza costituiscono il canone complessivo che governa l’equilibrio del rapporto tra esigenza, privata, di protezione dei dati personali, ed esigenza, pubblica, di trasparenza.
Ha inoltre ritenuto, quanto alla equiparazione dei dirigenti pubblici con i titolari di incarichi politici, originari destinatari della prescrizione di cui all’art. 14, comma 1, d.lgs. n. 33/2013, che i rapporti e le responsabilità che correlano, da un lato, i titolari di incarichi politici, dall’altro, i dirigenti pubblici, allo Stato e, indi, ai cittadini, si collocano su piani non comunicanti, in un insieme che rende del tutto implausibile la loro riconduzione, agli esclusivi fini della trasparenza, nell’ambito di un identico regime.
La differenza di status tra le considerate categorie per genesi, struttura, funzioni esercitate e poteri statali di riferimento è talmente marcata da non richiedere, per la sua illustrazione, molte parole.
Legge 104: e se mi obbligano a mansioni che non posso svolgere?
Fonte: legge per tutti Articolo tratto da una consulenza dell’avv. Alessandro Marescotti
Sono stato trasferito. Sono portatore di handicap in base alla legge 104. Mi vogliono obbligare a delle mansioni che comportano l’uso del pc ma io non riesco a usare la tastiera. Che fare?
La commissione medica dell’Usl allora competente, all’esito della relativa visita ebbe a rilevare l’handicap in situazione di non gravità ma comunque tale da ritenerlo causa di difficoltà di integrazione lavorativa in quanto consistente in una minorazione stabilizzata e non rivedibile. È, quindi, logico e verosimile ritenere che alla data odierna la condizione fisica personale del lettore è rimasta invariata nonostante siano oramai trascorsi molti anni dal predetto accertamento medico-legale. Quanto al provvedimento dell’ufficio tecnico del Comune, si ritengono rilevanti due circostanze ben precise. In primis, nella premessa vi è un esplicito riferimento a una disponibilità parziale e temporanea; inoltre, nella parte dispositiva si legge “fino a nuove disposizioni”. Ciò premesso, sembrerebbe che il lettore alla data odierna abbia prestato la propria attività lavorativa per oramai quasi sei mesi in esecuzione delle disposizioni/condizioni stabilite dal predetto provvedimento. Per questo motivo, in virtù delle considerazioni fin qui svolte, potrebbe ora essere utile e opportuno rappresentare nel dettaglio all’ufficio tecnico in questione le quotidiane difficoltà cui ha dovuto far fronte in questo semestre nello svolgimento delle mansioni presso gli Uffici della 2^ Area Amministrativa con conseguente diminuzione di produttività. Tali motivazioni potrebbero, quindi, essere alla base di una giustificata richiesta di modifica delle disposizioni del provvedimento de quo con conseguente assegnazione esclusiva del lettore agli Uffici della 5^ Area Tecnica dove poter svolgere le mansioni per le quali è in effetti in servizio in quanto compatibili con la propria accertata condizione fisica; ciò anche e soprattutto al fine di ottimizzare la produttività del lettore e, per l’effetto, dell’Amministrazione Comunale.
La repressione della corruzione e dell’illegalità nella Pubblica amministrazione
ALLEGATO*
Fonte: https://www.diritto.it/
*Il legislatore del 2012 ha approvato la legge sulla prevenzione della corruzione, Legge n. 190/12, che prevede importanti modifiche dell’agere pubblico e ha reso il dirigente maggiormente responsabile per i comportamenti di maladministration interni sia dell’organico amministrativo che degli organi politici. Nel 2013 il legislatore ha poi inteso introdurre normative sulla trasparenza dell’attività amministrativa con il Decreto Legislativo n. 33/13, mentre col Decreto Legislativo n. 39/13 ha disciplinato le ipotesi di inconferibilità e incompatibilità nell’attribuzione degli incarichi politici e amministrativi nelle amministrazioni.
L’analisi si è appuntata in particolare sugli aspetti complementari delle importanti riforme amministrative degli ultimi anni rintracciandone il comune denominatore: questo corpus normativo, non omogeneo e ancora da perfezionare comporta infatti il mutamento della prospettiva attraverso cui leggere le norme a garanzia della legalità costituzionale dell’azione amministrativa e le nuove istanze di accountability degli organi politici territoriali.
L’argomento è stato approfondito nel corso dei lavori del seminario “Riforma amministrativa e dirigenza pubblica” tenutosi presso l’Università degli Studi di Napoli “Parthenope”.
Niente silenzio assenso per gli incarichi extra fuori dalla Pubblica amministrazione
FONTE:SOLE24ORE di Vincenzo Giannotti
L'esercizio da parte del dipendente pubblico di incarichi extraistituzionali non può prescindere dall'autorizzazione dell'amministrazioni in cui lavora, dalla verifica per il rilascio di questa autorizzazione, nonché dal decorso del silenzio assenso. Sono queste le indicazioni fornite dalla Corte dei conti, Sezione giurisdizionale per la Regione Veneto, nella sentenza n. 201/2017.
Il caso
Un'amministrazione comunale, riscontrando attività svolte da un dipendente pubblico in assenza della previa autorizzazione, ha attivato la richiesta per il recupero delle somme dallo stesso percepite indebitamente dall'ente conferente. A fronte dell'inerzia rispetto alla restituzione, la Procura contabile ha rinviato a giudizio il dipendente per danno erariale equivalente ai compensi percepiti, secondo quanto stabilito dall'articolo 53, comma 7, del Dlgs 165/2001.
La difesa del dipendente
Secondo il dipendente, le prestazioni da segretario dell'Ipab da lui svolte sono da considerarsi legittime in quanto la prima autorizzazione era stata rilasciata dall'amministrazione fino alla scadenza del mandato del Consiglio di amministrazione, mentre a seguito di successive richieste di autorizzazione alla continuazione delle attività, a ogni scadenza dei successivi consigli, non vi erano state comunicazioni contrarie realizzandosi in tal modo il silenzio assenso a fronte dell'inutile decorso del termine di 30 giorni previsto dalla normativa (articolo 53, comma 10, del Dlgs 165/2001). Mancherebbe, secondo la difesa, la colpa grave del dipendente il quale, in perfetta buona fede, avrebbe ritenuto sussistente una valida autorizzazione seppur rilasciata in forma tacita non essendo mai intervenuto alcun provvedimento di diniego.
Le precisazioni del collegio contabile
Il collegio contabile ha innanzitutto rilevato che la formazione del silenzio assenso, in tema di autorizzazioni, si realizza esclusivamente qualora le prestazioni siano rese nei confronti di altra pubblica amministrazione, mentre al di fuori della Pa il decorso del termine di 30 giorni comporta, al contrario, il silenzio rigetto, ossia il diniego dell'autorizzazione.
Non essendo l'Ipab da considerarsi amministrazione pubblica nel periodo in cui le prestazioni da parte del dipendente sono state svolte, l'inutile decorso del termine dei 30 giorni ha di fatto prodotto il rigetto della domanda di autorizzazione richiesta, da cui discende l'illegittimo esercizio delle attività extraistituzionali svolte dal dipendente. In questo caso la normativa prevede il rimborso all'amministrazione di appartenenza dei compensi percepiti e, in mancanza della restituzione, la produzione del danno erariale, su cui il collegio contabile è stato chiamato a decidere.
Il Collegio contabile si è soffermato, quindi, sui presupposti necessari per permettere all'amministrazione di rilasciare l'autorizzazione e in particolare:
a) se l'espletamento dell'incarico, già prima della legge n. 190 del 2012, possa ingenerare, anche in via solo ipotetica o potenziale, situazione di conflittualità con gli interessi facenti capo all'amministrazione e, quindi, con le funzioni (a essi strumentali) assegnate sia al singolo dipendente sia alla struttura di appartenenza;
b) la compatibilità del nuovo impegno con i carichi di lavoro del dipendente e della struttura di appartenenza (che dovrà comunque non solo essere svolto fuori dall'orario di lavoro, ma pure compatibilmente con le esigenze di servizio), nonché con le mansioni e posizioni di responsabilità attribuite al dipendente, interpellando eventualmente a tal fine il responsabile dell'ufficio di appartenenza, che dovrà esprimere il proprio parere o assenso circa la concessione dell'autorizzazione richiesta;
c) la occasionalità o saltuarietà, ovvero non prevalenza della prestazione sull'impegno derivante dall'orario di lavoro ovvero l'impegno complessivo previsto dallo specifico rapporto di lavoro, con riferimento ad un periodo determinato;
d) la materiale compatibilità dello specifico incarico con il rapporto di impiego, tenuto conto del fatto che taluni incarichi retribuiti sono caratterizzati da una particolare intensità di impegno;
e) specificità attinenti alla posizione del dipendente stesso (incarichi già autorizzati in precedenza, assenza di procedimenti disciplinari recenti o note di demerito in relazione all'insufficiente rendimento, livello culturale e professionale del dipendente);
f) corrispondenza fra il livello di professionalità posseduto dal dipendente e la natura dell'incarico esterno a lui affidato.
CONCLUSIONE
Avendo violato il dipendente, nel caso concreto i presupposti previsti dalla normativa, lo stesso va condannato per danno erariale pari all'importo dei compensi illegittimamente percepiti, tuttavia, in considerazione del suo leale comportamento verso l'amministrazione datoriale per aver presentato richiesta e, della inerzia dell'Amministrazione di appartenenza, avvalendosi del potere riduttivo, il danno può essere quantificato in 30.000 euro rispetto ai 74.763,57 euro di compensi percepiti.
Da PensioniOggi:
Pensioni, Ecco il Testo del Decreto sull'Ape Volontaria
· Fonte: pensionioggi
In anteprima il testo del DPCM sull'Anticipo Pensionistico approvato in via definitiva dal Consiglio dei Ministri lo scorso 4 settembre.
In anteprima PensioniOggi.it rende disponibile il testo del DPCM sull'Anticipo Pensionistico approvato in via definitiva dal Consiglio dei Ministri lo scorso 4 settembre. Il provvedimento conferma le novità già anticipate sulle pagine di questo portale nei giorni scorsi. La misura si rivolgerà complessivamente ai lavoratori iscritti presso l'assicurazione generale obbligatoria dei lavoratori dipendenti, le gestioni speciali degli autonomi (artigiani-commercianti e coltivatori diretti) le gestioni sostitutive ed esclusive dell'AGO nonchè presso la gestione separata dell'Inps che abbiano raggiunto il 63° anno e almeno 20 anni di contribuzione e che si trovino a non più di tre anni e sette mesi dalla pensione di vecchiaia. Requisiti che dovranno essere certificati dall'Inps al momento della richiesta.
Non potranno chiedere l'Ape volontaria i liberi professionisti che esercitano professioni regolate dall'iscrizione ad un apposito albo (es. avvocati, commercialisti) nè i titolari di un trattamento pensionistico diretto, compresi i titolari di assegno ordinario di invalidità. Dato che il prestito si fonda sull'accesso alla pensione, contestualmente alla domanda di APE, il lavoratore dovrà produrre anche la domanda di pensione di vecchiaia che, una volta perfezionato il contratto di prestito non potrà essere più revocata.
Il prestito sarà assistito da una polizza obbligatoria che coprirà il rischio di premorienza del lavoratore affinché sia garantita l’estinzione dell’eventuale debito. In caso di decesso anticipato prima della conclusione dell'operazione, infatti, i superstiti non avranno alcun onere e potranno conseguire la normale pensione indiretta. Il prestito durerà da un minimo di sei mesi ad un massimo di 43 mesi e l'importo richiedibile oscillerà tra un minimo di 150 euro mensili e in un massimo compreso tra il 75 ed il 90% della pensione netta maturanda (a seconda dei mesi di anticipo richiesto). L'importo erogato sarà esente da imposizione fiscale e sarà erogato sino a 12 mensilità annue.
La retroattività del prestito
Il DPCM mette nero su bianco che la misura sarà retroattiva fin dal 1° maggio 2017: dunque i lavoratori che ne avessero bisogno potranno chiedere l'erogazione del prestito comprensive delle mensilità precedenti (ovviamente solo per coloro che hanno maturato i requisiti tra il 1° maggio e la data di pubblicazione del DPCM in Gazzetta). Altra conferma è la clausola di allungamento in caso nel 2019 venissero modificati i requisiti di pensionamento, in virtù dell’adeguamento dalla speranza di vita. In tal caso il prestito potrà dilatarsi, con rideterminazione dell'onere e della rata di ammortamento, per coprire la nuova data di raggiungimento della pensione di vecchiaia (dal 2019 l'età di vecchiaia potrebbe slittare, infatti, a 67 anni). Il lavoratore potrà, al momento della domanda, indicare se avvalersi o meno di tale facoltà.
L'estinzione Anticipata
C'è poi la possibilità di estinzione anticipata del prestito (sia parziale che totale) tanto nel piano di accumulo (cioè durante la fase di erogazione del prestito) che in quello di ammortamento. A seguito della presentazione della domanda di estinzione anticipata, l'istituto finanziatore dovrà determinare l'importo da restituire e comunicarlo al richiedente; l'estinzione anticipata si perfeziona con il pagamento dell'importo da restituire, da parte del richiedente, in un'unica soluzione, entro trenta giorni dalla comunicazione dell'istituto finanziatore. Pagamento che darà diritto al rimborso da parte dell'impresa assicuratrice della parte del premio non goduta e la quota parte della commissione di accesso al fondo di garanzia. In caso di estinzione anticipata parziale, l'istituto finanziatore comunica all'INPS, che ne informa il richiedente, e all'impresa assicuratrice, il nuovo piano di ammortamento e l'importo della nuova rata di ammortamento da trattenere sulla pensione. In tal caso il richiedente dovrà sostenere un costo a ristoro dei costi amministrativi e di gestione della richiesta.
In caso di estinzione totale l'Inps provvederà ad interrompere la trattenuta sul primo rateo di pensione utile e l'istituto finanziatore provvederà a rimborsare al richiedente le trattenute sui ratei di pensione indebitamente incassate successivamente all'avvenuta estinzione anticipala, totale o parziale. Peraltro se l'estinzione totale interviene nella fase di erogazione del finanziamento, la domanda di pensione di vecchiaia sarà priva di effetti.
Le rate di ammortamento
Tra gli altri punti da sottolineare c'è la precisazione che le rate di ammortamento saranno 12 l'anno (240 rate in tutto) e non 13 come indicato in un primo tempo dall'Inps; dunque non sarà colpita la tredicesima mensilità di pensione (il piano di ammortamento avrebbe sostanzialmente sballato). E' precisato, tra l'altro, che qualora il richiedente consegua un trattamento pensionistico diretto (es. pensione anticipata) prima della pensione di vecchiaia l'erogazione del prestito si interromperà con conseguente rideterminazione del piano di ammortamento e restituzione all'interessato della quota di premio assicurativo e della quota parte di commissione di accesso al fondo di garanzia non goduta. Sono previste, tuttavia, delle cause ostative alla concessione del prestito pensionistico per i cd. cattivi pagatori quali, ad esempio, esposizioni per debiti scaduti o sconfinanti, pignoramenti, l’iscrizione alla centrale di allarme interbancaria o gli archivi della centrale rischi di Banca d’Italia). In tali condizioni la banca rifiuterà l'erogazione del prestito. Si tratta di una limitazione da tenere a mente.
Pensioni, Il Part-Time Agevolato è stato un Flop
· Fonte:pensionioggi Scritto da Davide Grasso
Solo 121 le domande accolte all'Inps sinora per fruire dell'agevolazione introdotta per i lavoratori dipendenti a tempo indeterminato del settore privato.
Il part-time agevolato per i lavoratori del settore privato con più di 63 anni è stato un flop così come accaduto per quella sul Tfr in busta paga. Lo certifica il sottosegretario al Welfare, Luigi Bobba, in risposta ad una interrogazione parlamentare che si è tenuta questa settimana in Commissione Lavoro alla Camera. Dal 2 giugno 2016, data di entrata in vigore del decreto che dava la possibilità ai lavoratori che avrebbero maturato il requisito anagrafico per la pensione di vecchiaia entro il 31 dicembre 2018 di andare in part time verso la pensione, le domande accolte dall'Inps sono state meno di 162 di cui 121 sono state accolte. Le risorse finanziarie utilizzate, sino ad oggi, relativamente agli anni 2016,2017 e 2018 ammontano complessivamente a 1.208.959,44 euro. Insomma un vero e proprio buco nell'acqua sul quale, ha detto il Sottosegretario, il Governo avvierà una riflessione, al fine di verificare l'eventualità della proroga della misura per il prossimo anno.
Il part-time agevolato consente ai lavoratori a tempo indeterminato nel settore privato che maturano 66 anni e sette mesi di età entro il 2018 con almeno 20 anni di contributi, previo accordo con il datore di lavoro, di ridurre l'orario in una misura compresa tra il 40% e il 60%. Con il part-time il lavoratore ha il vantaggio di percepire in busta paga, oltre alla retribuzione per l’attività lavorativa svolta, anche una somma esente dall’Irpef pari ai contributi a carico del datore di lavoro corrispondenti alla retribuzione persa. Il lavoratore non subisce così alcuna perdita sulla propria pensione perché viene comunque garantita la contribuzione piena con accredito figurativo per la quota che copre la retribuzione persa per le ore non lavorate. Ai fini del computo della pensione, quindi, gli anni a tempo parziale sono considerati pienamente a differenza di quanto accade in un part-time normale dove il lavoratore, se non vuole subire un danno sull'importo della pensione dovrà ricorrere al versamento dei contributi volontari oppure, se sono scaduti i termini, procedere al riscatto oneroso del periodo.
- by Alex