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Il sistema sanitario italiano cerca di adeguarsi, ma non è tarato per uno sforzo di questo genere. A a tutti è richiesta una serena ma forte responsabilità a seguire le indicazioni e le prescrizioni igieniche dettate dai vari Decreti – ultimo il DPCM 08 03 2020. Ma i decreti non bastano. Senza comportamenti corretti, la battaglia sarà sempre più difficile da giocare.
Coronavirus, Dadone (Min. P.A.) “Smart working, ecco come funzionerà per la pubblica amministrazione”
Fonte:radioradio
L’emergenza coronavirus continua a preoccupare l’Italia e rende necessarie misure per prevenire la diffusione del contagio. Oltre alla chiusura delle scuole e delle università, il Governo punta con forza sullo smart working per la pubblica amministrazione per diminuire i contatti tra persone.
La ministra della PA, Fabiana Dadone, ha infatti firmato nei giorni scorsi una circolare indirizzata a rendere il lavoro agile negli uffici pubblici e fornisce alcuni chiarimenti sulle modalità di adozione delle misure normative e sugli strumenti, anche informatici, adottabili dalle pubbliche amministrazioni per incentivare il lavoro da casa ed evitare la necessità della presenza sul posto di lavoro.
Per avere ulteriori chiarimenti sull’adozione dello smart working nella pubblica amministrazione per far fronte al coronavirus abbiamo intervistato il Ministro Fabiana Dadone.
Smart working: mantenere i servizi attivi e dall’altra parte tutelare le persone
“La fase di sperimentazione dello smart working ci dovrebbe già essere stata in questi anni perché la normativa già esiste. Il monitoraggio dovrebbe essere partito anni fa. Oggi ci troviamo di fronte ad una situazione di emergenza che richiede la necessità di mantenere i servizi attivi e dall’altra parte di tutelare le persone evitando il più possibile i contatti.
Per cui abbiamo ripreso quella che era la normativa e con circolare dato come indicazione di utilizzare il più possibile lo smart working. Quindi l’idea è di passare da una fase di sperimentazione a quella di un’ordinarietà vera e propria.
Io non lo chiamerei un obbligo, perché non è un obbligo a livello di legge, ma si tratta di riportare nell’ordinario come organizzazione il lavoro agile esattamente come era quello dal vivo”.
L’ottica è quella di portare a casa il risultato
“Rispetto a prima le amministrazioni dovranno organizzare il lavoro in maniera da permettere ai lavoratori di non recarsi necessariamente sul posto di lavoro, ma – nell’ottica del raggiungimento del risultato – di portare a termine con maggiore flessibilità quelle che sono tutte attività che si fanno senza l’obbligo di avere la presenza fisica in ufficio.
Noi quando pensiamo agli uffici pubblici pensiamo sempre all’idea di dover andare in posta o a un ufficio comunale per parlare direttamente con una persona. Non è sempre necessario e a questo tipo di attività poi corrisponde sempre tutta un’attività di back-office.
L’ottica è non stare necessariamente otto ore in ufficio, ma portare a casa il risultato. Sulla base di questo risultato si farà poi la valutazione dell’efficienza dell’ufficio”.
Coronavirus pone la necessità di affrontare rapidamente il cambiamento
“Le imprese private già lo usano e gli studi dimostrano che la produttività aumenta. Per cui penso che vista la situazione complicata dell’Italia in questo momento per via del coronavirus possa essere un’occasione per fare un passaggio obbligato ma che ci pone di fronte alla necessità di doverlo affrontare rapidamente.
Non tutto può essere svolto in smart working, questo è evidente e chiaro, è il dirigente di ogni singola amministrazione ad avere un’idea chiara di quale sia l’organizzazione del lavoro all’interno dell’ufficio”.
Servirà rilancio economico del Paese
“È chiaro che la situazione non è facile perché è nuova ed è la prima volta che capita, ma devo dire che anche le opposizioni sono state abbastanza collaborative nel proporre delle idee per riuscire a rilanciare il paese. Questa non è solo la fase dell’emergenza attuale nella quale prendere provvedimenti con cui garantire, ad esempio, lo stipendio delle persone che si trovano in isolamento forzato o prevedere misure per sostenere famiglie che devono restare a casa per prendersi cura dei figli.
Ma è anche il momento in cui bisogna avere un’ottica di rilancio economico del paese, perché ci ritroveremo ad un certo punto ad avere la necessità di mettere in campo delle norme per rilanciare anche l’economia”.
Le linee guida della PA per lo smartworking? Pentium 4 e Windows 7
FONTE:STARTUPITALIA
La circolare illustra i criteri di adozione del lavoro da casa per i dipendenti del MISE. Regole da rispettare per il BYOD della Pubblica Amministrazione
L’emergenza Covid19 ha impartito una spinta verso il lavoro a distanza, la flessibilità, lo smartworking o qualsiasi altra forma alternativa alla presenza in ufficio: una necessità ineludibile anche per la Pubblica Amministrazione che, fatta salva la necessità di garantire le prestazioni indispensabili (uffici che forniscono servizi che non possono essere rimandati a data da destinarsi), per la prima volta inizierà a sperimentare in modo deciso questa modalità alternativa per svolgere le proprie mansioni. Vediamo quali sono le regole illustrate in una circolare del MISE, analoghe in quasi ogni aspetto a quelle che stanno venendo adottate negli altri rami della PA.
La fornitura informatica
Il Ministero dello Sviluppo Economico chiarisce nella circolare, che abbiamo potuto visionare, che non è prevista alcuna fornitura ai lavoratori di attrezzature per il lavoro a distanza: anzi, si caldeggia da parte dei dipendenti pubblici una certa dose di iniziativa, visto che sussiste il rischio di sovraccarico in caso di utilizzo a distanza unicamente dei servizi informatici della PA. Nella circolare si fa esplicito riferimento a Skype Online come strumento di comunicazione, a cui accedere tramite il proprio indirizzo email istituzionale.
Più controverso il paragrafo in cui si illustra la dotazione informatica necessaria allo smartworking: un PC con processore Pentium 4 e 1GB di RAM è una macchina che risale probabilmente a 15 anni fa (il Pentium 4 è uscito di produzione nel 2008), dotato di sistema operativo Windows 7 e con una connessione a Internet da 1 megabit al secondo (non esattamente banda larga). Gli smartphone (“soluzioni mobile”) sono esclusi dalla dotazione minima ritenuta utile. Peccato che il supporto tecnico per Windows 7 sia terminato lo scorso gennaio, e che il sistema operativo rilasciato nel 2009 sia stato aggiornato con l’ultimo service pack nel 2011: sebbene il vecchio sistema operativo Microsoft sia installato ancora sul 23 per cento circa dei PC in giro per il mondo, parliamo probabilmente di un paradosso in cui gli smartphone posseduti siano più potenti e veloci di quanto non siano quei vecchi personal computer.
Vista la natura potenzialmente sensibile dei dati gestiti dalla PA sarebbe opportuno prevedere l’utilizzo di sistemi operativi moderni e aggiornati, nonché magari l’impiego di quei protocolli di sicurezza allo stato dell’arte che oggi vengono impiegati dalle aziende private. VPN, servizi cloud certificati, PC con hard disk protetto da cifratura: sono strumenti indispensabili, che magari grazie a questa occasione straordinaria potranno farsi strada in una infrastruttura informatica troppo spesso datata. È senz’altro probabile che i dipendenti pubblici possiedano PC più moderni da quelli della circolare: è evidente che questo tipo di modalità di lavoro richieda per il futuro di una dose maggiore di pianificazione, nonché di un approccio rigoroso per chiarire il modo in cui la modalità BYOD (bring your own device) sia accettabile per lavorare in sicurezza e in efficienza.
Più flessibilità invece per prendere gli accordi necessari alla attivazione dello smartworking: visto che il dPCM del 4 marzo parla di ridurre l’affollamento dei luoghi pubblici, per alleggerire la frequentazione degli uffici basterà un’email per ottenere l’autorizzazione dal proprio dirigente al lavoro a distanza. La parte burocratica potrà comodamente essere svolta in seguito, al termine dell’esigenza sanitaria in corso.
Zone rosse, nord e resto d’Italia
Un aspetto fondamentale da sottolineare della circolare è che per chi si trova nelle zone in cui esiste un vero e proprio regime di isolamento (le cosiddette “zone rosse”) ogni dipendente può nei limiti della propria mansione svolgere il suo lavoro dal proprio domicilio: il dPCM del Governo del 1 marzo indica chiaramente quali sono le zone interessate da questa particolare modalità di prevenzione, e qui il MISE chiarisce che tutti i dipendenti potranno attuare il lavoro in “modalità agile” fino a quando perdureranno queste misure – ma dovranno compensare questi giorni di lavoro a distanza al termine del periodo di emergenza.
Il resto dell’Italia del nord, ovvero le regioni dalla Lombardia alle Marche di fatto, non è tutto direttamente interessato da queste forme di isolamento ma ciò nonostante il MISE fa sapere che i dipendenti potranno chiedere di lavorare da casa: anche qui poi dovranno compensare questi giorni di smartworking, ma il Ministero fa sapere che potranno essere superati i limiti imposti da una precedente circolare che chiariva il rapporto di proporzione tra chi lavorava da casa e chi andava in ufficio.
Esistono però dei criteri con cui si ottiene priorità nella propria domanda di smartworking: chi soffre di patologie che lo mettono a rischio, o un cui familiare soffre di quel tipo di patologie, chi ha più di 65 anni e chi soffre di disabilità ha la precedenza. Inoltre, per i lavoratori con figli esiste un criterio di precedenza che però ha un un limite: il telelavoro può essere richiesto da un genitore alla volta. Una sorta di concessione a metà, che magari potrà essere ulteriormente ampliata offrendo ai genitori dei congedi extra per sopperire alla chiusura delle scuole che al momento è stata confermata fino al 15 marzo, ma per cui già si parla della possibilità ulteriore di prolungamento.
Fonte: @neXt quotidiano |
Il Messaggero riepiloga oggi in un’infografica come funziona il congedo parentale, che insieme al voucher per le baby sitter è tra gli strumenti messi in campo dal governo per fronteggiare i problemi derivati dalla chiusura delle scuole per l’emergenza Coronavirus. Il governo è al lavoro su congedi parentali straordinari per almeno uno dei due genitori lavoratori, misura voluta dalla ministra anche per tutelare la salute dei nonni e delle persone più deboli, da estendere anche ai coniugi degli operatori sanitari, impegnati in prima linea nell’emergenza. Sul congedo straordinario per i lavoratori dipendenti il governo studia anche uno strumento giuridico speciale, diverso dal congedo parentale (troppo costoso) e dal congedo per malattia (potrebbe creare problemi nel caso di cumulo con altri giorni di assenza). Attualmente il congedo parentale può essere richiesto da padre e madre, anche adottivi, in costanza di rapporto di lavoro, per una durata di dieci mesi o undici in casi particolari e a patto che il bambino abbia da 0 a 12 anni. A chi lo richiede spetta il 30% della retribuzione media giornaliera per sei mesi se il bambino ha da 0 a 6 anni, nulla in caso di bambino da sei a 12 anni.
Come funziona il congedo parentale (Il Messaggero, 6 marzo 2020)
In ogni caso il congedo parentale è già esigibile, può essere richiesto fino al dodicesimo anno dei figli, è retribuito fino ai sei anni, permette di potersi assentare legittimamente dal luogo di lavoro per garantire la cura delle esigenze familiari”, sottolinea, in una nota, la ministra delle Politiche agricole Teresa Bellanova. “Quei genitori lavoratori, nel pubblico e nel privato, che oggi stanno riorganizzando la loro vita e quella dei loro figli in funzione dei provvedimenti assunti dal Governo per impedire o ritardare il diffondersi dell’emergenza da coronavirus, devono sapere – precisa Bellanova – di avere a disposizione l’istituto dei congedi parentali, strumento rafforzato e ampliato dal Jobs Act del governo Renzi per sostenere la conciliazione vita-lavoro. Uno strumento in cui abbiamo creduto fortemente, che abbiamo esteso – conclude – per venire incontro alle esigenze delle famiglie, e che oggi ancora una volta dimostra la sua utilità e la sua necessità”.
Il congedo parentale oggi (Corriere della Sera, 17 gennaio 2020)
La UIL intanto fa sapere che concederà ai propri dipendenti la possibilità di fruire di un congedo parentale straordinario retribuito fino al 15 marzo: “In un momento delicato per tutto il Paese, la Uil – afferma in una nota – si è resa disponibile a fare la propria parte per agevolare l’attuazione di quanto indicato dal decreto del presidente del Consiglio dei ministri, in particolare, in relazione alla decisione di sospendere le attività didattiche sino al prossimo 15 marzo”. La Uil ritiene che lo strumento del congedo parentale possa rappresentare “uno stimolo per tutte le strutture, territoriali e di categoria, per superare alcune difficoltà che il nostro Paese sta attraversando in questa fase”.
COVID – le precauzioni negli uffici pubblici
FONTE: www.segretaricomunalivighenzi.it
FAQ - Covid-19, domande e risposte - Data ultima verifica: 8 marzo 2020
FONTE: www.segretaricomunalivighenzi.it
Coronavirus, ecco la direttiva del ministero dell'Interno
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sul sito della Gazzetta Ufficiale gli atti emanati in materia di COVID-19
FONTE: www.segretaricomunalivighenzi.it
Innovazione tecnologica, azione amministrativa e organizzazione della P.A.
FONTE: www.segretaricomunalivighenzi.it
Ferie: le indicazioni dei giudici amministrativi e del lavoro
FONTE: www.segretaricomunalivighenzi.it
Pensioni, Quanto costano i contributi volontari nel 2020
L'Inps fissa i nuovi valori di retribuzione su cui determinare l'entità dei versamenti volontari per il 2020. Per gli iscritti al fondo pensioni dipendenti si dovranno sborsare almeno 3.539 euro in un anno.
LEGGI TUTTO: https://www.pensionioggi.it/notizie/fisco/pensioni-quanto-costano-i-contributi-volontari-nel-2020-867868768
Uil, emergenza Coronavirus: prevedere una cabina di regia per le Amministrazioni centrali
Comunicato Stampa 6 marzo 2020 del Segretario Confederale della Uil Antonio Foccillo e del Segretario Generale della UILPA Nicola Turco
“La delicatezza del momento impone scelte condivise ma soprattutto univoche per quanto riguarda le Amministrazioni Centrali”. Lo sostengono in una nota il Segretario Confederale della Uil Antonio Foccillo ed il Segretario generale della UILPA Nicola Turco, i quali chiedono “l’istituzione di una cabina di regia permanente presso il Dipartimento della Funzione Pubblica per poter regolamentare la presenza dei dipendenti nei vari luoghi di lavoro”.
“Se la linea adottata dal Governo con la prevista chiusura delle scuole si è posta obiettivo di ridurre la possibilità di contagio e se si stanno valutando iniziative analoghe per tutti gli Uffici Pubblici, che in questa fase hanno dimostrato tutta la loro impreparazione a dare attuazione allo Smart Working al fine di limitare la presenza ai cosiddetti ‘servizi essenziali’, sarà necessario procedere ad un ulteriore decreto per ricondurre le misure di cui si impone l’adozione nell’ambito di una cornice normativa univoca per tutte le suddette Amministrazioni”, dichiarano Foccillo e Turco.
“Chiediamo, pertanto, un incontro al Ministro della Pubblica Amministrazione per un confronto immediato su tali questioni al fine di fornire risposte certe ai lavoratori”, concludono i due sindacalisti.