UILPA ha attivato una pagina per i suggerimenti che ogni lavoratore potrà presentare. UILPA presterà particolare attenzione all’analisi dei dati ricevuti al fine di proporrein sede di contrattazione le istanze ricevute. Condanna delle vecchie logiche di risanamento dei conti pubblici con il sangue dei lavoratori e la scelta di indirizzare invece la propria azione politica verso un ricambio generazionale, unite all’impegno di spingere sul versante dei rinnovi contrattuali che diano al lavoratore dei vantaggi, non solo economici immediati, contraddistinguono un atteggiamento di interesse condiviso fortemente voluto e veramente innovativo nei confronti del Pubblico Impiego attraverso la contrattazione partecipata, stendendo finalmente un velo pietoso sui quei nefasti provvedimenti del passato, adottati senza alcun confronto.
Fonte:sole24ore di Arturo Bianco
Obbligo di nominare in tutti gli enti, «con ogni opportuna urgenza», il responsabile per la transizione al digitale (Rtd), senza che ciò implichi l'aumento del numero delle posizioni dirigenziali. Necessità che gli uffici preposti all’organizzazione, all’innovazione e alle tecnologie siano impegnati nell’attuazione delle misure per la digitalizzazione, processo da cui si devono determinare razionalizzazioni e miglioramenti dell'attività amministrativa. Sono queste le principali indicazioni contenute nella circolare della Funzione pubblica n. 3/2018, la prima circolare firmata dal ministro.
Il Ministro Bongiorno sollecita la nomina dei Responsabili per la Transizione al Digitale (RTD) nelle PA
Fonte: funzione pubblica
Il Ministro per la Pubblica Amministrazione Giulia Bongiorno ha adottato in data odierna la Circolare n. 3, con la quale si sollecitano tutte le amministrazioni pubbliche a individuare al loro interno un Responsabile per la Transizione al Digitale (RTD), come previsto dall'art. 17 del decreto legislativo 7 marzo 2005 n. 82, "Codice dell'amministrazione digitale". Tutti i particolari al link.
FONTE: https://www.leggioggi.it/
L’Inps lancia l’allarme e avverte tutti i cittadini di non incappare nell’ennesima truffa ai danni della pubblica amministrazione, in quest’ultimo caso proprio ai danni dell’Istituto di previdenza.
L’istituto informa di essere venuto a conoscenza di diversi tentativi di truffa ai danni degli utenti: alcuni hanno preso la forma di false email aventi a oggetto rimborsi contributivi, altri di telefonate da parte di sedicenti funzionari INPS che comunicavano la restituzione all’utente di somme non dovute. In tutti i casi, il fine fraudolento è quello di ottenere dati bancari e personali.
Si ribadisce che l’INPS non acquisisce, né telefonicamente né via email ordinaria, le coordinate bancarie o altri dati che permettano di risalire a qualsivoglia informazione finanziaria relativa agli assistiti. L’Istituto ha già segnalato tale fenomeno alle autorità competenti e invita i propri utenti a non dare seguito a nessuna richiesta che arrivi per email non certificata, per telefono o tramite il porta a porta.
I cittadini sono stati avvisati anche tramite il profilo Twitter Inps
#AttentiAlleTruffe #NonSieteSoli Si ribadisce che l’INPS non acquisisce, né telefonicamente né via email ordinaria, le coordinate bancarie o altri dati che permettano di risalire a qualsivoglia informazione finanziaria relativa agli assistiti https://t.co/ABvafS9TnS pic.twitter.com/xgrO4QlHBA
— INPS (@INPS_it) 1 ottobre 2018
WhereApp: così la PA parla direttamente a cittadini e i turisti
Fonte: https://www.corrierecomunicazioni.it/
La soluzione che ha vinto il premio pubblica amministrazione all’edizione 2018 del contest: sviluppata da VjTechnology, consente alle pubbliche amministrazioni di comunicare – anche in caso di emergenze – senza bisogno di registrare gli utenti
La pubblica amministrazione potrà mandare messaggi ad hoc sugli smartphone dei cittadini fornendo loro tutte le informazioni essenziali in caso di emergenze o disastri, attivando il servizio in base alla geolocalizzazione delle persone e senza bisogno che facciano parte di un data base di utenti registrati. A renderlo possibile è WhereApp, la soluzione, sviluppata da VjTechnology che si è aggiudicata il premio settore Pubblica amministrazione ai Digital360Awards 2018 nella sezione tecnologia mobile business.
I messaggi potranno essere recapitati anche a turisti e in modalità multilingua, fornendo le informazioni certificandone l’attendibilità e senza rischiare che siano confuse con fake news o commenti.
Ma il senso dell’applicazione non è soltanto quello dell’applicazione in situazioni di emergenza: ma anche per i trasporti e viabilità, istruzione, eventi e manifestazioni. Come una sorta di “piattaforma unica” che raccoglie in una sola app le notizie di pubblica utilità per i cittadini, senza frammentarla in più “verticali”.
La soluzione viene proposta in uso gratuito a favore della Protezione Civile e della Croce Rossa, e con canone di servizio in abbonamento per tutte le altre PA. Tra le caratteristiche principali, Whereapp non ospita pubblicità e accredita solo Fonti Certificate per inviare messaggi. Funziona in tempo reale con notifiche in modalità push su reti dati mobili 3G e 4G, ed è disponibile sia su Google Play sia su App Store. La soluzione inoltre rispetta la normativa in materia di privacy in quanto non viene memorizzato alcun dato dell’utente.
Contributi Inps 2018: riscatto dipendenti gratis, quando è realtà
Fonte: termometro politico
Riscatto gratuito contributi Inps, periodi e beneficiari
È possibile il riscatto gratuito dei contributi Inps da parte dei lavoratori dipendenti, ovvero senza costi né oneri aggiuntivi? La risposta è affermativa. Stando al testo del Dpr n. 1092/1973, si prevede infatti la possibilità per i lavoratori statali di computare o riscattare gratuitamente determinati periodi di servizio. Questo consentirà a molti lavoratori vicini all’età pensionabile di avere diritto a un importo pensionistico superiore, effettuando una procedura di riscatto gratuita o con oneri sostanzialmente ridotti.
Contributi Inps 2018: quali possono essere riscattati?
Facendo riferimento a quanto riporta l’Inps il riscatto dei contributi riguarda i seguenti periodi successivi al 31 dicembre 1996.
I corsi universitari possono essere riscattati dai soggetti assicurati iscritti all’assicurazione generale obbligatoria dei lavoratori dipendenti; nonché alle forme di previdenza sostitutive ed esclusive dell’assicurazione generale obbligatoria. L’Istituto precisa che l’iscrizione a tali fondi è l’unico requisito necessario, in quanto “non sono previsti requisiti minimi di contribuzione”.
Il riscatto dei periodi di formazione professionale, studio e ricerca è possibile solo se è stato conseguito il relativo titolo o attestato. Per quanto riguarda i lavori stagionali e temporanei, ai soggetti sarà richiesto di provare “la regolare iscrizione nelle liste di collocamento e il permanere nello stato di disoccupazione per il periodo in cui si chiede la copertura tramite riscatto”.
Apposite prove saranno richieste per quanto riguarda i periodi di interruzione e sospensione dal rapporto di lavoro. Qui si parla di periodi di aspettativa non retribuita per malattia o motivi personali, sciopero, assenza causa servizio militare. A comprovare tali periodi sarà la dichiarazione del datore di lavoro che attesti il mancato pagamento del soggetto durante questi periodi e dunque il mancato versamento dei contributi.
Contributi Inps 2018: computo gratuito, cosa dice il DPR 1092/1973
Come riporta il DPR 1092/1973, “il dipendente che abbia prestato, presso la stessa o presso diverse amministrazioni statali, servizi per i quali è previsto il trattamento di quiescenza a carico del bilancio dello Stato, ha diritto alla riunione dei servizi stessi; ai fini del conseguimento di un unico trattamento di quiescenza sulla base della totalità dei servizi prestati; e secondo le norme applicabili in relazione alla definitiva cessione del servizio” (art. 112).
Di seguito, all’articolo 113, si legge quanto segue. “Il servizio prestato dal personale civile delle amministrazioni dello Stato anche con ordinamento autonomo e il servizio militare permanente o continuativo sono ricongiungibili, ai fini del trattamento di quiescenza, con il servizio reso alle dipendenze di enti locali con iscrizione agli istituti di previdenza amministrati dal Ministero del Tesoro; oppure a casse, fondi, regolamenti o convenzioni speciali di pensione esistenti presso gli enti predetti; nonché con il servizio comunque prestato con iscrizione agli istituti di previdenza sopra menzionati”.
Inoltre, la ricongiunzione sopraccitata si effettua anche “per il servizio non permanente o non continuativo reso dai sottoufficiali dell’Esercito, della Marina e dell’Aeronautica che abbiano conseguito almeno il grado di sergente maggiore o equiparato, per quello reso dai brigadieri e vice brigadieri dell’Arma dei Carabinieri e dai pari grado dei Corpi delle guardie di pubblica sicurezza, della Guardia di Finanza e degli agenti di custodia; nonché per quello prestato dai graduati e militari di truppa dell’Arma e dei Corpi predetti”. Pertanto, nei riguardi dei predetti dipendenti, “la ricongiunzione è estensibile ai servizi ivi non contemplati, quando essa sia ammessa dagli ordinamenti dello Stato, degli istituti di previdenza o degli altri enti che concorrono alla ricongiunzione”.
Contributi Inps 2018: computo gratuito, ecco quando
La ricongiunzione gratuita avviene per tutti i servizi prestati in più Casse, seguendo le norme dell’ultima Cassa alla quale il lavoratore dipendente è iscritto. Come scrive PensioniOggi, generalmente la ricongiunzione avviene d’ufficio qualora non sia stato già liquidato il trattamento di quiescenza; altrimenti andrà fatta domanda entro 6 mesi dall’inizio della nuova iscrizione. Permane comunque la gratuità della ricongiunzione.
Pensione anticipata con 5 anni: come funziona il cumulo contributivo.
Contributi Inps 2018: riscatto agevolato, ecco quando
È possibile anche riscattare i contributi di determinati periodi non gratuitamente, ma versando degli oneri ridotti. È il caso dei servizi statali non di ruolo, ad esempio; così come quelli resi in qualità di assistente straordinario non incaricato o volontario nelle università. Il conteggio va fatto calcolando il 7% sull’80% dell’ultimo stipendio, relativo al periodo precedente la presentazione della domanda.
Il costo sarà leggermente superiore se si intende riscattare periodi di praticantato e iscrizione agli albi professionali, necessari per l’ammissione in servizio; così come i periodi per cui si è prestato servizio nelle scuole legalmente riconosciute. L’onere si baserà calcolando il 18% dell’ultima retribuzione percepita al momento della presentazione della domanda.
Come stabilito dalla Legge di Bilancio 2018, il congedo di paternità ha subito una estensione dei giorni, da 2 a 4. La misura tuttavia è in regime sperimentale e pertanto valida solo nel 2018. Ciò significa che se l’attuale governo non dovesse confermarla, i 4 giorni di congedo di paternità smetterebbero di esistere dopo il 31 dicembre 2018. Dal 1° gennaio 2019, in poche parole, si ritornerebbe a 2. Per molti questo viene considerato un passo indietro, anche alla luce di come funziona il congedo papà negli altri Paesi europei. Ma soprattutto sarebbe considerato anacronistico in virtù del gatto che proprio l’Europa voterà presto per estendere il congedo di paternità a un minimo di 10 giorni, dunque anche in Italia. Nel frattempo alcuni docenti e professionisti specializzati in politiche per la famiglia hanno creato una petizione dove chiedono la proroga e la resa strutturale del congedo di paternità, suggerendo l’estensione a 10 giorni.
La petizione vede tra i primi firmatari e promotori Titti Di Salvo, presidente di Libertà e Diritti; Emmanuele Pavolini, dell’Università di Macerata; Alessandro Rosina, dell’Università Cattolica di Milano; Riccarda Zezza, presidente di Piano C. “Alla fine del 2018 scade la sperimentazione di una delle misure più efficaci per promuovere la condivisione delle responsabilità familiari tra madri e padri: il congedo obbligatorio di paternità”. Questo è l’incipit del comunicato, che anticipa ne anticipa le finalità esplicitamente richieste. “Chiediamo che questa misura sia resa strutturale e che venga aumentata a 10 giorni nei primi 5 mesi di vita dei neonati, come già avviene con successo in altri Paesi europei”. Attualmente, infatti, il papà ha diritto a un congedo retribuito al 100% di 4 giorni da sfruttare entro il 5° mese dalla nascita o dall’entrata in famiglia del figlio.
Nella petizione si continua elencando le ragioni per cui rendere strutturale tale misura sarebbe così importante. “In Italia nascono meno bambini di quanto le persone desiderino e meno di quanto sarebbe auspicabile per dare basi solide al futuro del nostro Paese, ormai in accentuato invecchiamento”. Le ragioni devono trovarsi anche in una pacifica alternanza tra vita privata e lavoro. “Servono investimenti pubblici coerenti e a lungo termine”. Inoltre, “serve l’effetto moltiplicatore dell’aumento della partecipazione delle donne al mercato del lavoro”. Il tutto confluisce nelle finalità conclusive. “Serve destinare più risorse alla cura e alla crescita dei bambini; promuovere il lavoro dei giovani. E soprattutto incentivare e sostenere la condivisione delle responsabilità familiari tra madri e padri”.
Retribuzione e giorni per madre e padre.
Quattro settimane in Slovenia (2 anni fa erano 10), 2 settimane in Svezia; lo stesso numero è previsto in Estonia così come in Irlanda; 4 sono le settimane in Spagna. Insomma, in Europa il discorso sul congedo di paternità sembra decisamente più generoso rispetto all’Italia, ma non ovunque. Ad esempio, in Austria è previsto 1 mese di congedo facoltativo, ma non retribuito. Mentre in Lussemburgo la durata del congedo di paternità equivale a 2 giorni, come in Italia prima della misura estensiva. In Repubblica Ceca la durata è più lunga che in Italia (1 settimana), ma la retribuzione è ridotta al 70%.
Attualmente l’Unione europea sta ragionando su una soglia minima di 10 giorni per il congedo di paternità, con una retribuzione il cui livello sia almeno pari a quello dell’indennità di malattia. Il Consiglio europeo spinge invece per una maggiore facoltà di scelta da parte dei Paesi sia per quanto riguarda i tempi sia per ciò che concerne gli importi. Il 14 gennaio 2019 si deciderà per l’estensione o meno. Il cambiamento riguarderebbe ovviamente anche l’Italia.
Fonte: termometro politico
Come abbiamo già visto in precedenti articoli sulla Legge 104, tra le agevolazioni consentite ai beneficiari spiccano i permessi retribuiti. Nell’ordine di 3 giorni al mese. Permessi che sono disciplinati dal testo della Legge 104 e che come tali non hanno bisogno di giustificazioni o documentazione da presentare. A patto che siano utilizzati per i fini previsti dalla 104. Come riporta anche l’Inps i permessi retribuiti spettano a lavoratori dipendenti disabili in situazione di gravità; genitori di figli disabili in situazione di gravità; coniugi o parenti e affini entro il 2° grado di familiari disabili in situazione di gravità. Ed entro il 3° grado se il convivente del familiare disabile sia over 65 o anch’egli invalido.
Ai lavoratori disabili in situazione di gravita spettano 3 giorni di permesso mensile, che possono essere anche frazionabili in ore; ma anche riposi orari giornalieri di 1-2 ore, in base al tipo di contratto (full time o part time). I 3 giorni di permesso spettano inoltre ai genitori di figli disabili in situazione di gravità, anche adottati o in affido. Così come ai parenti e agli affini fino al secondo grado. Per quelli al terzo grado spettano solo nel caso in cui i genitori o i conviventi dei soggetti disabili siano over 65 o anch’essi affetti da patologie invalidanti.
I permessi retribuiti mensili possono essere negati? I 3 giorni di permesso mensili retribuiti sono un diritto previsto dalla Legge 104 e come tale non è possibile richiedere delle giustificazioni che attestino la validità di questi permessi. Di norma il datore di lavoro pubblico e privato non può negare la fruizione dei permessi 104; ma ovviamente il soggetto deve possedere i requisiti necessari e presentare dunque apposita documentazione. Il diritto ai permessi 104 può essere negato solo se la documentazione presentata dal soggetto non risulti idonea alla fruizione dei permessi.
Permessi e agevolazioni 104/92: come avvengono i controlli.
In merito al preavviso per la fruizione dei permessi 104 bisogna ricorrere alle varie sentenze di giurisprudenza, perché di fatto non esiste una norma precisa che abbia disciplinato la questione. Possiamo quindi fare riferimento alla circolare Inps n. 13/2010. Qui all’articolo 7 si legge quanto segue. “Salvo dimostrate situazioni di urgenza, per la fruizione dei permessi, l’interessato dovrà comunicare al dirigente competente le assenze dal servizio con congruo anticipo; se possibile con riferimento all’intero arco temporale; al fine di consentire la migliore organizzazione dell’attività amministrativa”. Ovviamente il congruo anticipo non è definito e pertanto risulta essere un concetto relativo; nonché possibile motivo di tensioni.
Permessi 104/92: licenziamento è possibile. I casi.
Generalmente le norme sul preavviso sono stabilite all’interno degli enti o delle amministrazioni. E sovente stabiliscono un determinato lasso di tempo in anticipo per la richiesta e l’organizzazione dei giorni di permesso mensile. Ciò ai fini di una efficiente organizzazione del lavoro, come previsto anche dalla circolare Inps sopraccitata. Si tratta in ogni caso di regolamenti interni e dunque stabiliti privatamente, vista l’assenza di una norma unica in materia.
Gravidanza: i permessi per visite mediche ed ecografie
Le lavoratrici subordinate in stato di gravidanza possono richiedere dei permessi specifici per prendere parte alle visite mediche o per sottoporsi ad un’ecografia; ecco una guida dedicata.
Fonte: https://www.money.it
La legge (Testo Unico sulla Maternità, D.lgs. 151/2001) riserva speciali tutele alla lavoratrice in gravidanza, per assicurare a lei e al bambino una protezione adeguata.
La lavoratrice incinta, in particolare, oltre all’astensione obbligatoria dal lavoro per maternità (che generalmente parte va dai 2 mesi prima del parto ai 3 mesi successivi), ha diritto ai permessi retribuiti per sottoporsi a visite mediche ed ecografie (art. 14 D.Lgs. 151/2001).
Questo diritto è previsto per la generalità delle lavoratrici, a prescindere dal settore di appartenenza, pubblico o privato: i contratti collettivi possono comunque prevedere ulteriori permessi per le lavoratrici in gravidanza, assieme a trattamenti di miglior favore.
Ma procediamo per ordine e vediamo come funzionano i permessi per visite mediche ed ecografie: quando la lavoratrice ne ha diritto, come richiederli, quali sono gli adempimenti previsti, come sono retribuiti.
Permessi per visite mediche ed ecografie
Permessi per visite ed esami in gravidanza: quando si ha diritto?
In base al Testo Unico sulla Maternità, le lavoratrici gestanti hanno diritto a permessi retribuiti per l’effettuazione di esami prenatali, accertamenti clinici o visite mediche specialistiche, nel caso in cui questi debbano essere eseguiti durante l’orario di lavoro.
Rientrano tra gli esami prenatali, gli accertamenti clinici e le visite mediche specialistiche tutti quei controlli sanitari riconducibili allo stato di gravidanza della lavoratrice.
Non ha rilevanza la struttura sanitaria in cui sono svolti i controlli, per la concessione dei permessi: può essere sia pubblica che privata.
Quanto durano i permessi per visite ed esami in gravidanza?
Il permesso retribuito per controlli prenatali non copre soltanto il tempo necessario al completamento delle visite e degli esami, ma include anche il tempo impiegato per raggiungere il medico, l’ambulatorio o la struttura sanitaria, e quello necessario per rientrare in azienda o nella sede di lavoro.
In pratica, terminata la visita, o l’esame, la lavoratrice è tenuta a rientrare in servizio: se, però l’orario della visita, compreso il tempo necessario per recarsi dal posto di lavoro alla struttura sanitaria e viceversa, coincide con le uniche ore di attività della dipendente in quella determinata giornata, il permesso si configura come assenza retribuita per l’intera giornata lavorativa.
Numero massimo di permessi
Non esiste un numero massimo di visite ed esami oltre il quale i permessi non sono più concessi o retribuiti. Il numero di richieste possibili non è stabilito da nessuna norma: perché sia accordato il permesso retribuito, è dunque irrilevante il numero di richieste effettuate dalla lavoratrice nel corso della gravidanza.
Richiesta
Per usufruire dei permessi, la lavoratrice deve informare il datore di lavoro della gravidanza producendo un certificato medico. Deve poi presentare al datore un’apposita domanda e, successivamente, presentare la documentazione giustificativa che attesti la data e l’orario di effettuazione della visita o degli esami.
Il datore di lavoro può rifiutarsi di concedere i permessi?
A stabilire l’opportunità degli esami e delle visite prenatali è la lavoratrice, dietro parere del suo medico di fiducia.
Il datore di lavoro (o il dirigente, per i dipendenti pubblici) non può sindacare sulla tipologia di visita richiesta; a lui compete solo il controllo della documentazione attestante la data e l’orario di effettuazione degli esami.
I permessi, poi, non possono essere negati per esigenze di servizio, né il datore di lavoro può chiedere di recuperare le assenze.
I permessi per visite ed esami in gravidanza sono assenze per malattia?
I permessi per visite mediche ed ecografie delle lavoratrici in gravidanza sono assenze specifiche: non rientrano nelle assenze per malattia, né sono contate nel periodo di comporto (il periodo massimo di conservazione del posto per i dipendenti in malattia).
Di conseguenza, la lavoratrice assente per esami/controlli prenatali non può essere sottoposta a visita fiscale.
Le assenze per visite ed esami in gravidanza sono permessi per motivi familiari?
I permessi per visite mediche ed ecografie delle lavoratrici in gravidanza sono ricompresi nella categoria dei permessi retribuiti previsti da specifiche disposizioni legislative, come i permessi per donazione del sangue o per assolvere alle funzioni di giudice popolare.
Essendo un autonomo diritto, non devono dunque essere scomputati dai permessi retribuiti spettanti per motivi personali, come rol, ex festività e permessi brevi da recuperare, né essere considerati come permessi per motivi familiari.
Anche se i permessi non sono previsti dal contratto collettivo del settore di appartenenza, si tratta di un diritto per tutti i lavoratori, pubblici e privati: non è necessaria una specifica clausola contrattuale che li contempli.
Da PensioniOggi:
Pensioni, Come si utilizza la Totalizzazione Internazionale [Guida]
Leggi Tutto: https://www.pensionioggi.it/dizionario/totalizzazione-internazionale#ixzz5SqfdCTjw
- by Alex