FONTE: https://www.pmi.it/
I dati sulle visite fiscali nel comparto pubblico e nel privato diffusi dall’INPS: ecco dove aumentano e dove calano i certificati per malattia.
Nel secondo trimestre del 2018 cala il numero dei certificati di malattia per quanto riguarda il settore pubblico rispetto all’anno precedente, mentre la cifra è in aumento nel comparto privato. Questo è quanto emerge dai dati diffusi dall’INPS grazie all’attività dell’Osservatorio statistico sul “Polo unico di tutela della malattia”, nato proprio con la funzione di monitorare il fenomeno delle astensioni dal posto di lavoro per malattia in ambito pubblico e privato.
Il Polo per le visite fiscali, infatti, è entrato in vigore il 1 settembre 2017 attribuendo all’Istituto di previdenza la competenza esclusiva nella gestione delle visite mediche di controllo anche per l’82% dei lavoratori pubblici in malattia. L’Osservatorio prende in esame i certificati medici inviati dal medico ma anche le visite mediche di controllo effettuate dall’Istituto.
Tra aprile e giugno 2018 sono aumentati del 3,9% i certificati presentati dai dipendenti delle imprese private, mentre nel comparto pubblico la percentuale è diminuita del 2,2%.
Stando a quanto riferisce l’INPS, l’incremento dei certificati nel privato ha coinvolto prevalentemente le Regione del Centro Italia (+5%), mentre nel pubblico la diminuzione ha toccato soprattutto il Nord (-3,1%).
Allo stesso tempo, alla diminuzione del numero dei certificati nel comparto pubblico corrisponde un decremento dei giorni di malattia più che proporzionale, pari al meno 4,8%. Sempre nel pubblico, la maggioranza delle visite fiscali sono state effettuate su richiesta dei datori di lavoro mentre solo il 10% sono state disposte d’ufficio.
Fonte: termometro politico
Sono diverse le notizie che si rincorrono su Quota 100, ma alla fine si va sempre finire ai paletti; ovvero a quei 64 anni di età e 36 di contributi richiesti per accedere all’eventuale nuovo regime. Ma il Tfr e il Tfs cambieranno con l’entrata in vigore del sistema Quota 100? Per ora si tratta solo di ipotesi e non di notizie ufficiali. Per parlare debitamente di Quota 100 e di tutto il regime che gli ruoterà attorno bisognerà attendere che la misura sia approvata in maniera definitiva. E per ora le notizie si rincorrono contraddittorie. Il ministro dell’Interno Matteo Salvini ad esempio continua a parlare di una Quota 100 senza paletti; ma presumibilmente la realtà dei fatti (e gli economisti del governo) punteranno a una Quota 100 a partire da 64 anni di età.
C’è disparità per quanto riguarda le tempistiche del pagamento del Tfr per i dipendenti del settore pubblico e per quelli del settore privato. Per i dipendenti pubblici infatti la corresponsione del trattamento di fine rapporto avverrà in rate, delle quali la prima sarà versata in base a tempistiche differenti a seconda della causa di cessazione del rapporto di lavoro. Il numero delle rate varia in base all’importo da versare.
Per quanto riguarda le tempistiche, queste dipendono dalle cause che hanno portato al termine del rapporto di lavoro. Quindi, riassumiamole così.
Aumento stipendio non vale per la liquidazione. Il calcolo.
Per quanto riguarda i dipendenti privati il discorso è decisamente differente; i lavoratori del settore privato dovranno infatti attendere meno rispetto a quelli del settore pubblico. Per questi dipendenti il Tfr deve essere corrisposto alla fine del rapporto di lavoro, rispettando quanto stabilito nel Ccnl di riferimento.
Quota 100 è per ora solo un’ipotesi. Nonostante si susseguano notizie su questa misura che andrà a riformare il regime pensionistico, si attendono ancora notizie ufficiali che ne spieghino il funzionamento e i relativi meccanismi. Pertanto non è ancora dato sapere cosa cambia (sempre che cambi qualcosa) sotto l’aspetto del Tfr e del Tfs con l’eventuale Quota 100.
ADNKRONOS - Arriva la 'formula Bongiorno' per la pubblica amministrazione: semplificazione, digitalizzazione, concorsi e assunzioni mirate. E' quanto ha annunciato il ministro della Pa, dopo un'audizione davanti alle Commissioni riunite Affari costituzionali e Lavoro di Camera e Senato. Gli attesi fabbisogni per le amministrazioni centrali "sono arrivati" al Dipartimento della Funzione pubblica e "siamo pronti con le prime assunzioni". E ci sono anche i fabbisogni di ministeri e forze dell'ordine.
L'obiettivo "è un concorso all'anno" e arriverà un decreto per la semplificazione dei concorsi stessi: "Basta con gli idonei" ha sottolineato il ministro. Stop, quindi, al metodo che vuole che si facciano "i concorsi e praticamente li vincono tutti". Ci saranno poi "assunzioni mirate" per "esperti in digitalizzazione e semplificazione delle procedure: due categorie che nel mio provvedimento dovranno avere la priorità", ha aggiunto, perché "se non semplifico non posso digitalizzare".
"La semplificazione è fondamentale" ha continuato il ministro e, "siccome c'è fretta" di assumere per il ricambio generazionale nella Pa, Bongiorno ha reso noto di procedere per le assunzioni "con il metodo Scia: prima assumo poi controllo. Una procedura semplificata". Per il ministro, la "pubblica amministrazione è al collasso perché mancano certe figure specifiche".
Del resto, ha ricordato, "è falso dire che non serve assumere: non è vero che abbiamo dipendenti pubblici in esubero, ne abbiamo meno di altri Paesi europei e siamo fanalino di coda a livello generazionale, non ne abbiamo a sufficienza sotto ai 34 anni. L'età media è 52 anni, la mia età - ha aggiunto Bongiorno - il dirigente medio ha 57 anni; allora è gravissimo continuare così con assett che vanno crollando".
Sulla autenticazione biometrica, con iride, impronte digitali, riconoscimento facciale "ci sono dati positivi da alcune amministrazioni che l'hanno introdotta in via sperimentale, senza alcuna legge. Credo che il tipo di autenticazione che faremo noi sarà l'impronta digitale che è quella che costa di meno".
Infine, ha detto il ministro, "vorrei fare una digitalizzazione seria: in Gran Bretagna l'hanno fatta in 10 anni. Spero di portare risultati concreti ma non è detto che riusciremo in questo mandato. Faremo un percorso significativo e bello, non è detto che sarà concluso".
Pensioni quota 100, Uil: 62 anni di età senza penalizzazioni
Fonte:orizzontescuola di Elisabetta Tonni
Quando sembrava che la formula pensioni quota 100 con 62 anni di età fosse quella ormai più probabile, si riapre la discussione. La Uil protesta: la pensione anticipata non può penalizzare gli stessi pensionati
Variabile età anagrafica
La quota 100 potrebbe diventare raggiungibile al compimento dei 64 anni di età. E’ quanto si legge sul Giornale.it secondo il quale alla vigilia della presentazione del Def aggiornamento si è riaperta l’ipotesi di innalzare l’età anagrafica per poter andare in pensione.
Secondo quanto scritto dal quotidiano online, l’anticipo dell’uscita dal mondo del lavoro a 62 anni di età e almeno 36 anni di contributi, riguarderebbe circa 450.000 persone, di cui 180.000 nella pubblica amministrazione. La maggior parte della platea, quindi, alleggerirebbe i conti relativi ai costi del personale delle società private.
Chi paga per la pensione quota 100
I punti che restano ancora da chiarire è come saranno coperti i costi. Da quanto si è capito finora, restano in piedi le ipotesi dell’accesso ai fondi aziendali di solidarietà e la decurtazione dell’assegno pensionistico (se si andasse in pensione a 62 anni), con percentuali variabili, dall’1,5 al 7,5%, in base alle formule che saranno adottate per raggiungere la famigerata quota 100.
L’ipotesi non piace ai sindacati. Per Domenico Proietti segretario confederale Uil “occorre continuare a cambiare la Legge Fornero reintroducendo una reale flessibilità di accesso alla pensione tra i 62 e a 63 anni, senza alcuna penalizzazione“.
Fornero e di Maio
Anche l’ex ministro del Lavoro, Elsa Fornero, che ha dato il nome alla riformata tanto contestata, ha detto a Rai Radio Due che “non si può fare una controriforma delle pensioni senza considerare la realtà demografica del Paese, abbassando l’età pensionabile le pensioni saranno minori, così si dà vita ai nuovi poveri del domani“.
Le parole, riprese anche dall’agenzia AdnKronos, hanno suscitato la reazione immediata del ministro attuale del Lavoro, Luigi di Maio: “La Fornero ha ancora il coraggio di parlare per dire che non si può abbassare l’età pensionabile come invece vogliamo fare con la Manovra del Popolo. Lei che ha sulla coscienza milioni di italiani e che con la sua riforma lacrime e sangue ha creato i poveri di oggi. Il superamento della sua legge è certo, come è certa l’introduzione della pensione di cittadinanza che aumenta la pensione minima a 780 euro“.
Teresa Alvaro si è insediata come nuova DG di AgID. Nella stessa giornata ha illustrato al ministro Giulia Bongiorno le linee programmatiche per la Pa digitale.
Fonte: https://www.key4biz.it/ di Luigi Garofalo
Teresa Alvaro si è insediata come nuovo direttore generale dell’Agenzia per l’Italia Digitale (AgID). Dopo l’ok della Corte dei Conti, Alvaro è operativamente alla guida dell’Agenzia che deve pianificare la strategia per la realizzazione degli obiettivi dell’Agenda digitale italiana, favorendo lo sviluppo delle tecnologie informatiche nel Pa. E proprio nel suo primo giorno di lavoro, il 24 settembre scorso, ha incontrato chi l’ha selezionata come Dg di Agid, la ministra della pubblica amministrazione Giulia Bongiorno a cui ha illustrato, a porte chiuse, le linee programmatiche per la digitalizzazione della Pa.
Ragionevole, credibile e inclusiva. Saranno di sicuro queste le tre parole chiave delle linee programmatiche di Alvaro per la Pa digitale, perché sono i capisaldi del piano della ministra: “La trasformazione digitale deve essere ragionevole, aiutando chi è meno avvezzo e più restio ; inclusiva, formando anche i dipendenti analogici; e credibile, con risultati raggiungibili”, ha indicato Bongiorno quando ha presentato il suo piano per la Pa digitale.
In attesa che Alvaro presenti ufficialmente, magari in Commissione parlamentare, le linee programmatiche per digitalizzare la PA, ricordiamo le tre linee guida dettate dal ministro Bongiorno:
1. Digitalizzazione ragionata. “Dovrebbe essere una digitalizzazione ragionevole”,ha spiegato la ministra: “non si può pensare che la trasformazione digitale possa essere uniforme su tutto il territorio italiano, occorre aiutare le Pa più indietro digitalmente e quelle più restie. La legge è uguale per tutti, gli uomini no. Non tutte le realtà italiane sono uguali. La trasformazione digitale dovrebbe essere graduale e non avvenire con la stessa velocità dalla città al piccolo paese su una montagna. Una digitalizzazione omogenea non terrebbe conto di tante peculiarità, di tante realtà diversissime tra loro che richiedono un trattamento non uguale. Non vogliamo creare dei mostri digitali a doppia velocità”
2. La seconda parola d’ordine è l’inclusione di tutti i dipendenti della Pa nella trasformazione digitale del settore. “Investiremo in una formazione effettiva ed accessibile a tutti” ha annunciato la ministra Bongiorno, che ha aggiunto: “Serve una digitalizzazione inclusiva, che accolga tutti. Non ci sto a pensare che chi ha 40-50 anni debba essere escluso dalla digitalizzazione della PA. Tutti i dipendenti devono essere inclusi nella trasformazione digitale delle pubbliche amministrazioni”.
3. Credibile. La trasformazione della PA secondo Giulia Bongiorno non prevede grandi annunci e traguardi irrealizzabili. L’importante è far partire il processo di digitalizzazione e dare tempi certi agli obbiettivi da raggiungere. “Il processo deve essere credibile sui tempi. Diciamoci quali sono i nostri programmi e traguardi. Non occorre fare promesse, bisogna partire, dare via a questo processo di digitalizzazione”, ha concluso la ministra, che ha messo ben in evidenza, con una stoccata a chi l’ha preceduta nel ruolo, di non volere dare il suo nome alla nuova riforma della PA.
Teresa Alvaro, il nuovo direttore generale dell’Agenzia per l’Italia Digitale (AgID), è stata scelta dalla ministra per la Pubblica Amministrazione Giulia Bongiorno tra le 74 candidature esaminate seguendo l’apposito iter.
FONTE: https://www.termometropolitico.it/
Secondo le ultime indiscrezioni riportate dagli organi di stampa, la proposta leghista sulle pensioni è tornata a essere a rischio. Infatti, pare che Quota 100 a 62 anni – il progetto annunciato da Salvini pochi giorni fa – avrebbe un costo troppo alto; insomma, per vararla bisognerebbe rinunciare ad altre importanti promesse del governo giallo-verde. La mente corre, in primo luogo, al reddito di cittadinanza. D’altra parte, risulta ancora difficile stabilire delle cifre attendibili rispetto al finanziamento dei provvedimenti.
Detto ciò, lo scontro con i 5 stelle sarebbe dietro l’angolo; in ballo anche le pensioni di cittadinanza che innalzerebbero le minime fino a 780 euro. Di recente il viceministro per l’Economia Laura Castelli ha dichiarato che dovrebbero partire già a gennaio; per sostenere la misura, però, non basterà il taglio delle pensioni d’oro.
“È ora di porre fine a questo privilegio” è intervenuto sulla questione delle “pensioni d’oro” Luigi Di Maio. Il capogruppo del Movimento della Camera Francesco D’Uva, proponente tra l’altro di una proposta di legge in merito, ha poi assicurato: “chi negli anni ha versato i contributi non ha assolutamente da temere” poiché “il meccanismo di ricalcolo porterà ad un taglio della parte eccedente i 4 mila euro; ma solo per chi percepisce assegni retributivi”. Detto ciò, ha aggiunto Uva, il taglio alle pensioni più alte è una “misura di solidarietà sociale che non può essere più rimandata”. A questo punto bisognerà capire fino a che punto dalla Lega sosterranno la misura visto che la sua attuazione influirà su quella dei punti che stanno più a cuore al Carroccio.
Superamento della Legge Fornero, reddito di cittadinanza, nella prossima manovra ci sarà spazio anche per la Flat Tax. In breve, così Giancarlo Giorgetti ha cercato di tranquillizzare gli elettori travolti dalle tante e, spesso, discordanti dichiarazioni degli ultimi tempi.
Scatta la corruzione anche se il favore chiesto dal funzionario pubblico non è un atto illecito
Fonte:sole24ore di Domenico Irollo
Il reato di corruzione “impropria” disciplinato all'articolo 318 del codice penale è configurabile anche nei casi in cui l'esercizio della funzione pubblica oggetto di mercimonio non si concretizzi in un atto illecito, contrario ai doveri d'ufficio. Il principio è stato ribadito dalla sesta sezione della Cassazione penale con la sentenza n. 40344/2018 per effetto della quale è stata annullata l'assoluzione decretata dai giudici di merito in primo e secondo grado nei confronti di una persona.
FONTE: https://www.termometropolitico.it/
Tra le novità 2018 sulla Legge 104 ve ne sono alcune interessanti emerse da recenti sentenze della Cassazione. Che riguardano in particolare il comportamento da assumere in caso il lavoratore che usufruisce dei permessi retribuiti garantiti dalla Legge 104 sia scorretto. Ovvero che il lavoratore non li sfrutti per assicurare assistenza al familiare disabile; ma li scambi per giorni di ferie, e che quindi vada in gita di piacere o faccia i suoi comodi. Al tempo stesso è anche vero che è decaduto l’obbligo di assistenza continuativa al familiare disabile. Quindi non ci resta che andare a vedere i casi in cui si può incorrere al licenziamento qualora si abusi della 104.
È stretta sui furbetti della Legge 104, che sfruttano i permessi retribuiti per i propri interessi. La Corte di Cassazione si è pronunciata in materia con diverse sentenze che hanno apportato importanti novità nel 2018. E che hanno determinato i casi in cui un dipendente può essere licenziato. Ma che al tempo stesso hanno anche posto delle limitazioni agli obblighi da rispettare, consentendo un’apertura ai lavoratori che assistono disabili. Ciò che può apparire controverso in realtà non lo è affatto. E i diritti e i doveri della Legge 104 risultano chiari ed evidenti sotto ogni loro aspetto. Potremo così riassumere: chi fa il furbetto, andrà incontro a licenziamento.
Agevolazioni a rischio: ecco i controlli fiscali.
L’ordinanza della Cassazione n. 8209/2018 h stabilito che il lavoratore che abusa dei permessi retribuiti della Legge 104 può andare incontro a licenziamento per giusta causa in caso di condotta scorretta. I giudici hanno dunque decretato che i datori di lavoro possono licenziare il lavoratore “furbetto”; senza valutare se il comportamento del lavoro sia reiterato o meno. In breve, chi sfrutta i permessi della Legge 104 ma fa tutt’altro invece che assistere il familiare disabile commette un reato. Ed è dunque punibile con il licenziamento per giusta causa, e quindi senza preavviso. Per la Corte di Cassazione, la condotta scorretta del lavoratore parlando strettamente di abusi della 104, ha rilevanza penale.
Quindi il lavoratore che usa i giorni di permesso per scopi propri e non per assistenza al disabile commette un reato di truffa ai danni dello Stato; questo perché, nonostante la retribuzione sia anticipata dal datore di lavoro, è in realtà l’Inps a pagare.
Tutte le agevolazioni familiari: chi può richiederle. La guida.
L’obbligo dell’assistenza continuativa al familiare disabile da parte del lavoratore che prende i permessi della 104 è decaduto. Questo non significa che il soggetto non debba assistere il familiare con handicap; ma vuole dire semplicemente che non deve stare 24 ore con lui. E può anche non fornire assistenza necessariamente nell’arco della giornata lavorativa. Una parte della giornata presa di permesso con la 104 può anche essere usata per fini personali, per riposarsi o compiere le attività quotidiane. Questo comportamento è regolare in base alla normativa, e dunque non è passibile di licenziamento per giusta causa. Ma è evidentemente naturale che il soggetto che usa il permesso della 104 abbia come priorità l’assistenza al soggetto disabile, anche se non per forza continuativa.
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Il governo sta per attuare delle misure per controllare le agevolazioni della legge 104. La conferma arriva direttamente da Luigi Di Maio oggi alla Camera. “Serve un più forte controllo sulla legge 104, non per colpire chi ha diritto ma per colpire gli abusi”. Chiederemo al Parlamento di fornire nuovi strumenti normativi per affrontare questo tema. Su questo non faremo sconti”.
Gli abusi della Legge 104 sono sotto la lente di osservazione degli enti preposti. In una lunga intervista al Messaggero, il ministro della Pubblica Istruzione Marco Bussetti ha dichiarato che i controlli fiscali sono in arrivo. Vanno fatti, per una questione di serietà. Perché chi approfitta e abusa dei privilegi di una Legge così importante per i suoi valori deve essere giustamente punito.
Come riporta Orizzonte Scuola a riportare in auge il problema degli abusi della Legge 104 ha contribuito la mobilità dell’anno scolastico 2017/2018. “Soprattutto per la scuola primaria il 30% dei posti riservati ai trasferimenti interprovinciali è stato assorbito dalle precedente. Precedenze previste nel contratto, ma i dubbi sono relativi alla concentrazione in alcune province, per lo più del sud”. È così che il Movimento 5 Stelle siciliano ha richiesto maggiori controlli, al fine di assicurare ai docenti che da tempo chiedono di rientrare nella propria provincia la possibilità di farlo nel rispetto dei loro diritti.
Al Messaggero, il ministro dell’Istruzione Marco Bussetti si è espresso su diversi temi. Tra cui la revisione della Buona Scuola, con “ritocchi” che vadano a cambiare alcuni aspetti dello stato attuale delle cose. Ad esempio la stabilità delle cattedre, che sono soggette a trasferimenti continui. “Dobbiamo fare in modo che il concorso rappresenti la via maestra per entrare a scuola. Mandando definitivamente a regime le selezioni pubbliche. E utilizzando criteri che permettano a chi vuole insegnare nel proprio territorio di poterlo fare”.
Poi la promessa sui controlli sui possibili abusi della Legge 104. “I controlli vanno fatti”, ha dichiarato Bussetti. “È una questione di serietà. Gli strumenti per intervenire ci sono e vanno usati. Non si può abusare di una legge così importante per i valori che esprime. Chi sbaglia non deve passare inosservato”.
Il rispetto delle condizioni previste dalla Legge 104 per ottenere le agevolazioni e i permessi retribuiti è controllato da soggetti preposti. Come stabilito dalla Corte di Cassazione, questi soggetti sono il datore di lavoro, un collega del soggetto che si è dato malato; ma anche un investigatore privato, ingaggiato per effettuare tali controlli e fornire prova documentata di eventuali abusi. Infine il personale Inps. Dopo aver ottenuto le prove dell’abuso, una truffa a tutti gli effetti e quindi un reato, la segnalazione alle forze di Polizia va poi ritrasmessa alla Procura della Repubblica; passaggio fondamentale per avviare le indagini.
FONTE: https://www.termometropolitico.it/
Il Testo Unico in materia di ‘caregivers familiari’ per coloro che assistono un familiare anziano o dei disabili prevede un bonus di 1900 euro. In particolare il beneficio è riservato a chi assiste familiari disabili o anziani con più di 80 anni. Il testo di legge è la sintesi di tre disegni di legge il cui comune obiettivo è di concedere agevolazioni per chi presta assistenza ad un familiare disabile. Sono moltissime le famiglie che trarranno vantaggi dall’applicazione della norma.
Cosa manca all’avvio della misura? Dovrà essere una circolare dell’Inps a chiarire i dettagli. Serve infatti specificare campi di applicazioni e requisiti di riferimento. Già da mesi sembra che manchi poco alla pubblicazione della circolare. Ma a distanza di tempo dai primi annunci ufficiosi non vi sono segnali ufficiali. E nel frattempo sono sempre di più i cittadini che si chiedono se e come potranno usufruire dell’agevolazione. La stessa circolare Inps di prossima pubblicazione dovrà contenere tutte le istruzioni operative.
Il bonus disabili di 1.900 eurodovrà essere erogato sotto forma di: contributo economico di 1.900 euro a titolo di rimborso spese per chi assiste un familiare over 80. Oppure con detrazione fiscale di 1900 euro; per chi assiste un familiare disabile di età pari o superiore a 80 anni, entro il terzo grado di parentela. Questa forma di detrazione si andrà a sommare alle altre agevolazioni e benefici in vigore per l’assistenza ai disabili e non autosufficienti. Per ottenere la detrazione il caregiver dovrà presentare lo stato di famiglia contenente il suo nome. Oltre a quello del soggetto assistito e l’I.S.E.E. inferiore a 25.000 euro.
Per l’ottenimento del bonus può avanzare richiesta il familiare dell’assistito che è tenuto a presentare e conservare lo stato di famiglia contenente il nominativo dell’assistito, nonché l’Isee. Oltre al coniuge, può presentare richiesta anche parte dell’unione civile tra persone dello stesso sesso; convivente di fatto ai sensi della legge n. 76 del 20 maggio 2016; familiare o affine entro il secondo grado; familiare entro il terzo grado secondo singoli casi specificati.
Permessi Legge 104 e congedo, valgono i contributi figurativi Inps
FONTE: https://www.termometropolitico.it/
Contributi figurativi Inps e congedo legge 104
Chi usufruisce della Legge 104 o dei permessi di congedo da lavoro perde una parte della retribuzione o viene in qualche modo penalizzato? La risposta è no. Infatti in entrambi i casi la legge riconosce la copertura pensionistica gratuita su tali periodi. Pertanto nei casi specificatamente previste ci si può assentare dall’attività lavorativa potendo contare suicontributi figurativi per la pensione.
Legge 104 e congedo, in caso di assenza dal lavoro
La legge 104/1992 consente al lavoratore dipendente, pubblico o privato, che assiste persona con handicap in situazione di gravità che risulti essere il coniuge, parente o affine entro il secondo grado, di godere di tre giorni al mese di permessi retribuiti a condizione che il disabile non sia ricoverata a tempo pieno. La legge 104 dà diritto a tre giorni di permesso mensile. Utilizzabili anche sotto forma di permessi frazionati o di permessi giornalieri per ciascun giorno di lavoro nel mese. Esistono alcune distinzioni. Infatti si tratta di 2 ore al giorno se l’orario di lavoro è di 6 ore o superiore. Mentre è di 1 ora al giorno se l’orario di lavoro è inferiore alle 6 ore.
Legge 104 e congedo, contribuzione figurativa integrativa
In caso di assenza dal lavoro i periodi sono coperti figurativamente ai fini pensionistici sia a fini del diritto che della misura della pensione. Le modalità e i criteri in base a cui determinare il valore dei permessi vengono stabiliti con le stesse regole previste per l’accredito figurativo (legge 183/2010 articolo 40). La contribuzione figurativa è attribuita in quota integrativa.
Legge 104 e congedo, in cosa consiste
L’articolo 42, comma 5 del Dlgs 151/2001 riconosce ai lavoratori dipendenti il diritto di un congedo straordinario sino ad un massimo di due anni per ciascun disabile. I diritti sono riconosciuti ad entrambi i genitori, anche adottivi, che possono fruirne alternativamente. La legge stabilisce un’indennità di congedo, pari all’ultima retribuzione percepita e la relativa copertura figurativa utile sia ai fini del diritto che della misura della pensione da definire in base alle regole generali previste dall’articolo 40 della legge 183/2010.
Legge 104 e congedo, tetto massimo
Esiste un tetto massimo stabilito dall’Inps che nel 2018 è del’importo di euro 47.967 euro cifra. La somma deve contemplare sia l’indennità economica che l’accredito figurativo. In particolare la quota dell’indennità economica non deve superare il valore di 36.066,00 euro. La restante somma, ovvero 11.901 euro corrispondente al 33% dell’aliquota contributiva, è a disposizione dell’Inps per l’accredito dei contributi figurativi.
Ricongiunzione contributi INPS, nuovi servizi online ALLEGATO
FONTE: https://www.lavoroediritti.com/
Sono stati implementati altri servizi online per la domanda di ricongiunzione contributi INPS ai fini della pensione, vediamo insieme quali sono
E’ ora possibile inviare in maniera telematica, attraverso il sito istituzionale, anche la domanda di ricongiunzione contributi INPS per accedere alla pensione. Continua quindi il graduale processo di telematizzazione delle principali domande di prestazioni/servizi offerti dall’INPS ai cittadini. In particolare, la possibilità dell’invio telematico vale per:
A darne notizia è lo stesso Istituto con Messaggio n. 3494 del 25 settembre 2018, che integra un precedente intervento di prassi con il quale era già stato garantito il canale telematico per le domande di ricongiunzione contributi previdenziali:
Per presentare la ricongiunzione contributiva telematica, i cittadini o gli intermediari per suo conto devono accedere al servizio “Prestazioni e servizi” e cliccare su “Tutti i servizi”, da lì occorrere cercare la voce “Ricongiunzione (Cittadino/ Patronati)”.
Naturalmente il richiedente deve essere in possesso, alternativamente, di una delle seguenti credenziali d’accesso:
Esonero Visite Fiscali Dipendenti Pubblici: in quali casi è consentito?
Fonte: lentepubblica.it
Vediamo quindi, chi è esonerato dall’obbligo di reperibilità malattia. Alla luce delle novità introdotte dal nuovo DM 2016/17 cd. decreto Madia, visto che dal 13 gennaio 2018, è entrato in vigore il nuovo regolamento visite fiscali dipendenti pubblici 2018.
Si tratta di fattispecie in cui l’assenza dei dipendenti è riconducibile a particolari circostanze che, nel Regolamento passano a 3 rispetto a quelle individuate dal d.m. Brunetta n. 150/2009.
Esonero Visite Fiscali Dipendenti Pubblici: quali circostanze?
Parlando di visita fiscale Inps, ci sono alcuni esclusioni dall’obbligo di reperibilità da prendere in considerazione. Si tratta delle esenzioni relative alle prime tre categorie della Tabella A allegate al DPR n. 834/1981, ovvero a patologie rientranti nella Tabella E del decreto stesso.
La causa in questione che comporta l’assenza dei dipendenti dalle fasce di reperibilità e dunque li esonera dall’obbligo della visita scale durante l’orario di reperibilità è la seguente:
Causa di servizio riconosciuta che abbia dato luogo all’ascrivibilità della menomazione unica o plurima alle prime tre categorie della Tabella A allegata al decreto del Presidente della Repubblica 30 dicembre 1981, n. 834; ovvero a patologie rientranti nella Tabella E del medesimo decreto.
Si tratta, nel dettaglio, di:
a) patologie gravi che richiedono terapie salvavita;
b) causa di servizio riconosciuta che abbia dato luogo all’ascrivibilità della menomazione unica o plurima alle prime tre categorie della Tabella A allegata al decreto del Presidente della Repubblica 30 dicembre 1981, n. 834 (mancanza di arti, deformazioni, etc.), ovvero a patologie rientranti nella Tabella E del medesimo decreto;
c) stati patologici sottesi o connessi alla situazione di invalidità riconosciuta, pari o superiore al 67%.
Per cui nelle patologie gravi che richiedono terapie salvavita, rientrano malattia molto gravi come per esempio
Riassumendo, le esclusioni dall’obbligo di reperibilità per la visita fiscale, vi sono solo se la malattia è connessa ad una delle condizioni sopra elencate e solo se l’amministrazione si già in possesso della documentazione formale sanitaria che certifichi la patologia che causa l’esclusione dal suddetto obbligo.
E le patologie leggere?
Patologie più leggere come ad esempio l’emicrania possono comportare l’esonero dalle fasce orarie di reperibilità? Partendo dalle conseguenze dell’emicrania, essa potrebbe richiedere cicli di cura e percorsi terapeutici periodici. Per questi ultimi è possibile assentarsi dal lavoro causa malattia (e sue conseguenze).
Da qui si pensa logicamente come si possa essere esonerati dall’obbligo di restare al proprio domicilio durante l’orario della visita scale. Una recente sentenza della Cassazione espressasi sul merito non è mai stata recepita ufficialmente dall’Inps; pertanto l’esonero orario in caso di emicrania non è ancora stato ufficialmente accertato.
Per questo motivo, a livello legale, allo stato attuale le patologie leggere non escludono dalla visita.
Si deve trattare di stati invalidanti connessi a una patologia in grado di determinare di per sé una menomazione di cospicuo rilievo funzionale, ad esempio menomazioni congenite o acquisite (anche di carattere progressivo), insufficienze mentali derivanti da difetti sensoriali e funzionali, stati patologici quali cecità e sordità civili, ecc.
In caso contrario, infatti, si introdurrebbe un discrimine elevato fra l’entità della grave patologia che contestualmente richiede terapia salvavita e l’entità di ben più lievi patologie che, pur determinando un’invalidità percentualisticamente moderata, benconsentono la prosecuzione del lavoro e una buona sostenibilità socio-relazionale.
Fonte: https://www.money.it di Simone Micocci
La Quota 100 che verrà introdotta con la riforma delle pensioni sarà molto differente da quella annunciata nei mesi scorsi.
Come riportato dal Sole 24 Ore, infatti, sembra che la spesa che il Governo aveva previsto per riformare il sistema previdenziale si sia ridotta dagli 8 miliardi di euro stimati dalla Lega per il primo anno di introduzione della Quota 100 a 6 miliardi di euro.
Per questo motivo dal Governo stanno cercando un modo per far quadrare i conti in vista della Legge di Bilancio 2019 nella quale - come dichiarato da Di Maio a Porta a Porta - dovrà esserci il reddito di cittadinanza, il quale dovrebbe essere avviato a “metà marzo del 2019”. A tal proposito il Ministro del Lavoro e dello Sviluppo Economico ha dichiarato che se nella nota di aggiornamento del Def non ci saranno le risorse per il reddito di cittadinanza “il Movimento 5 Stelle non lo voterà”.
Ma concentriamoci su cosa sta accadendo sul fronte pensioni analizzando le ultime notizie che ci arrivano in queste ore. Stando a quanto rilevato dal Sole 24 Ore, infatti, per ridurre i costi della Quota 100 si cercherà di limitare il più possibile la platea dei beneficiari introducendo dei paletti molto severi per questa opzione di pensionamento anticipato.
Tant’è che analizzando quelli che sono i possibili paletti per l’età pensionabile e il requisito contributivo richiesto scopriamo che in realtà della Quota 100 originale ne resta poco o nulla.
Come noto, la Quota 100 è lo strumento che consente di anticipare l’accesso alla pensione, permettendo il pensionamento quando la somma tra l’età pensionabile e gli anni di contributi accreditati dà come risultato 100.
Ciò significa che si potrebbe andare in pensione anche a 60 anni qualora si abbiano almeno 40 anni di contributi. Tuttavia, ciò è quanto prevede la Quota 100 originale, mentre sembra che il progetto che intende introdurre il Governo Conte sarà molto differente da questo.
Per accedere alla Quota 100, infatti, bisognerà soddisfare contemporaneamente un minimo di età ed un minimo di contributi accreditati, rispettivamente pari a 62 e 36 anni.
Chi ha 62 anni, quindi, potrebbe andare in pensione solo se ha maturato 38 anni di contributi, rientrando così a tutti gli effetti nella Quota 100. Lo stesso vale per coloro che hanno maturato 36 anni di versamenti previdenziali, i quali potranno andare in pensione all’età di 64 anni.
La Quota 100 non verrebbe applicata, invece, per quei lavoratori che hanno compiuto 65 anni d’età; a questi, infatti, non basterebbero 35 anni di contributi per andare in pensione poiché in tal caso non andrebbero a soddisfare il minimo contributivo previsto.
Questi, quindi, potrebbero andare in pensione in anticipo solo se al compimento dei 65 anni possono vantare 36 anni di contribuzione; non si parlerebbe così di Quota 100 bensì di Quota 101.
Oltre a fissare dei paletti su età pensionabile e minimo contributivo, il Governo intende limitare i costi della riforma previdenziale introducendo una penalizzazione sull’assegno previdenziale per coloro che anticipano l’uscita dal lavoro utilizzando la Quota 100.
Nel dettaglio, sembra che l’Esecutivo voglia prevedere una penalità dell’1,5% per ogni anno di anticipo sui 67 anni, ossia l’età pensionabile che scatterà dal 1° gennaio 2019 per effetto dell’adeguamento con le aspettative di vita.
Prendiamo ad esempio un lavoratore che ha compiuto i 63 anni e può vantare 37 anni di contributi. Questo potrà accedere alla Quota 100 ma accettando una riduzione del 6% sull’importo della pensione maturata. Ciò significa che su una pensione di importo lordo di 1.500€ è prevista una riduzione mensile di 90€, di 1.080€ se si considerano le 12 mensilità. Una riduzione non di poco conto, ma dalla quale il lavoratore non può tirarsi indietro se intende anticipare di quattro anni l’accesso alla pensione.
La legge 104/1992 non subordina la concessione dei permessi per l'assistenza del disabile alla circostanza che gli altri familiari non possano prestarla per motivi oggettivi
Fonte:studio cataldi di Valeria Zeppilli–
I dipendenti pubblici e privati, in forza di quanto previsto dall'articolo 3, comma 3, della legge numero 104/1992, ogni mese hanno diritto a tre giorni di permesso retribuito dal lavoro per poter assistere una persona con handicap in situazione di gravità.
La persona da assistere, tuttavia, deve essere il coniuge o un parente o affine entro il secondo grado, o entro il terzo grado se i genitori o il coniuge della persona con handicap in situazione di gravità abbiano compiuto i sessantacinque anni di età, siano affetti da patologie invalidanti o siano deceduti o mancanti.
La legge prevede, poi, che il diritto ai permessi non può essere riconosciuto a più di un lavoratore dipendente per la stessa persona con handicap in situazione di gravità.
Di conseguenza, chi chiede i permessi di cui alla legge 104 deve normalmente accompagnare la propria domanda con una certificazione di handicap grave del familiare, indicare il grado di parentela, specificare che l'assistito non è ricoverato a tempo pieno e dichiarare che l'assistenza non è prestata da altri familiari.
Se il disabile è parente o affine di terzo grado bisogna infine attestare che i suoi genitori o il coniuge si trovano nelle condizioni individuate dall'articolo 33.
Talvolta, specie in alcune amministrazioni pubbliche, accade tuttavia che il dirigente incaricato di esaminare le domande di permesso esiga le dichiarazioni degli altri familiari del soggetto affetto da handicap grave che attestino di non essere loro ad assisterlo perché non sono oggettivamente in grado di farlo.
Orbene: tale richiesta non è coerente con il dettato normativo e non può essere legittimamente avanzata. Infatti, da nessuna parte della legge 104 il godimento dei permessi è subordinato alla circostanza che non vi siano altri familiari in grado di assistere il disabile.
L'articolo 33, nel pretendere l'esclusività dell'assistenza, intende affermare solo ed esclusivamente che per uno stesso disabile non è possibile concedere permessi a più di un lavoratore.
Sul punto si veda anche quanto affermato dal Dipartimento della funzione pubblica nel parere numero 13/2008, ovverosia che "la circostanza che tra i parenti del disabile vi siano altri soggetti che possono prestare assistenza non esclude la fruizione dell'agevolazione da parte del lavoratore se questi non chiedono o fruiscono dei permessi (eventualmente perché non impiegati). In tale ottica si menziona l'orientamento della Corte di Cassazione, sez. lav., nella decisione 20 luglio 2004, n. 13481: "Si deve concludere che né la lettera, né la ratio della legge escludono il diritto ai permessi retribuiti in caso di presenza in famiglia di persona che possa provvedere all'assistenza".
Tuttavia, ... l'assistenza va intesa nel senso che il dipendente richiedente i permessi deve essere l'unico lavoratore (soggetto legittimato in base alla normativa specifica) che presta l'assistenza al soggetto disabile, vale a dire che non vi sono altri lavoratori prestanti assistenza che fruiscono di questi permessi per quel soggetto".
Nello stesso senso, ovverosia sull'impossibilità di negare il beneficio dei permessi se vi sono altri familiari in grado di prestare assistenza, si vedano, tra le altre conferme, la sentenza del Consiglio di Stato numero 394/1997 e la circolare Inps numero 90/2007. In quest'ultima, in particolare, si legge che, del resto, "la persona con disabilità in situazione di gravità può liberamente effettuare la scelta su chi, all'interno della stessa famiglia, debba prestare l'assistenza prevista dai termini di legge".
Leggi anche Legge 104: permessi retribuiti
Vedi anche:
Legge 104: vademecum e testo
- La raccolta di articoli e sentenze sulla legge 104
Il cartellino delle presenze non è atto pubblico
Fonte :sole 24 ore di Paola Rossi
Il «cartellino» delle presenze negli uffici della pubblica amministrazione non è un atto pubblico. Così la Corte di cassazione, con la sentenza n. 41426 depositata ieri, ha annullato a due dipendenti comunali “infedeli” la condanna per il reato di falso ideologico commesso da privato in atto pubblico (articolo 483 del Codice penale).
Fonte: Lavoro e diritti
Da PensioniOggi:
Pensioni, I periodi riscattabili per i dipendenti pubblici
Come noto i dipendenti pubblici possono sfruttare diverse disposizioni legislative per riscattare periodi utili ai fini pensionistici. L'ordinamento previdenziale per i lavoratori del settore statale (DPR 1092/1973) consente, infatti, ancora oggi la possibilità di riunire o di riscattare gratuitamente o con oneri ridotti alcuni particolari periodi di servizio, una facoltà non riconosciuta per la generalità dei lavoratori del settore privato. Si tratta di una serie di disposizioni di cui è bene essere a conoscenza sia per avvicinare la data di pensionamento che per maturare una pensione di importo superiore senza necessità di sborsare cifre notevoli.
Il riscatto ed il computo gratuito
I lavoratori statali possono in primo luogo procedere allariunione gratuita ai fini pensionistici di tutti i servizi resi allo Stato e ad Enti locali (Art 112 e 113 del DPR 1092/1973) prima di andare in pensione. In sostanza tutti i servizi prestati con iscrizione in più Casse gestite dall’(ex) Inpdap si ricongiungono gratuitamenteai fini di un unico trattamento di quiescenza. Le norme che saranno applicate per la determinazione del trattamento finale sono quelle della Cassa dove il dipendente risulta iscritto alla data di cessazione. La ricongiunzione avviene d’ufficio se non è stato già liquidato trattamento di quiescenza, altrimenti deve essere prodotta domanda entro 6 mesi dall’inizio della nuova iscrizione, ovvero dalla notifica del provvedimento di pensione, previa rifusione di quanto percepito. In ogni caso la ricongiunzione è gratuita.
A completamento è ammesso pure il riscatto gratuito dei servizi resi allo Stato senza ritenuta conto tesoro o dei servizi resi ad enti pubblici diversi dallo Stato (Artt. 11 e 12 del DPR 1092/1973) per i quali il lavoratore risulti stato assicurato presso l'assicurazione generale obbligatoria dei lavoratori dipendenti invece che presso le casse pensionistiche del regime pubblico (Ex-Inpdap). In questi casi l'ordinamento consente il trasferimento gratuito dei contributi dall'Inps alla Cassa Stato al fine di conseguire un unico trattamento pensionistico. Il computo gratuito può essere esercitato in tutto o in parte, a condizione che tali periodi risultino coperti da contribuzione e che non abbiano dato luogo a pensione o a indennità. Comunque, previo trasferimento dei contributi dall’INPS o dagli altri fondi. Oltre naturalmente al riscatto del servizio militare.
Riscatto con onere a carico
Vi sono poi una serie di servizi che pur non avendo dato luogo all'accredito di contribuzione possono essere riscattati previo versamento di un onere economico particolarmente favorevole. In quanto basato su una percentuale dell'ultima retribuzione percepita al momento della domanda e non sul criterio ben più oneroso della riserva matematica stabilito dal Dlgs 184/1997 per molte altre tipologie di riscatto (tra cui ad esempio il riscatto della laurea o del part-time).
Sono così ammessi al riscatto agevolato i servizi statali non di ruolo per i quali non siano stati versati i relativi versamenti contributivi nell'assicurazione generale obbligatoria; i periodi di vice pretore reggente per un periodo non inferiore a sei mesi; i periodi svolti in qualità di assistente straordinario non incaricato o assistente volontario nelle università o negli istituti di istruzione superiore e gli altri periodi indicati nell'articolo 14 del DPR 1092/1973. L'onere del riscatto è pari al 7%, commisurato all'80 per cento dello stipendio, della paga o della retribuzione spettante alla data di presentazione della domanda, in relazione al periodo riscattato.
E' ammesso pure il riscatto dei Servizi che abbiano costituito titolo per l'inquadramento nelle amministrazioni statali in qualità di dipendente di ruolo o non di ruolo. In tal caso il riscatto è gratuito se questi servizi siano stati prestati con iscrizione ad assicurazione obbligatoria (Art. 14 DPR 1092/1973).
Può formare oggetto di riscatto agevolato anche il periodo intercorrentedalla data della decorrenza giuridica a quella di effettiva presa in servizio (decorrenza economica) (art. 142 DPR 1092/1973); i periodi di pratica e di iscrizione agli albi professionali, a condizione che il periodo di pratica o d’iscrizione sia stato richiesto quale condizione necessaria per l'ammissione in servizio (Art. 13 del DPR 1092/1973); il periodo prestato nelle scuole legalmente riconosciute (Art. 116 DPR 417/74 e Art. 23 DPR 420/74). L’onere da versare, in questi casi, è pari al 18% della retribuzione percepita alla data della domanda.
Riscatti normali
La Riforma Dini ha introdotto ulteriori periodi riscattabili dal 31.12.1996 tra cui, in particolare, i periodi di lavoro all'estero, il riscatto dei periodi di aspettativa, i periodi di interruzione o sospensione dal lavoro, il riscatto dei periodi di lavoro in regime di part-time ed ha mutato, per queste nuove forme di riscatto (tra cui però anche le domande volte al riscatto della laurea presentate dopo il 12 luglio 1997) i criteri di determinazione dell'onere secondo le modalità attualmente conosciute (riserva matematica per i periodi da riscattare nel sistema retributivo e sistema dell'aliquota a percentuale per i periodi da riscattare nel sistema contributivo).
La domanda
Occhio ai termini per la presentazione delle domande di riscatto o di computo dei periodi. Il dipendente statale deve, infatti, presentare la domandaalmeno due anni prima del raggiungimento del limite di età previsto per la cessazione dal servizio, pena la decadenza (Art 147 DPR 1092/1973). Qualora la cessazione avviene prima che sia scaduto tale termine la domanda deve essere prodotta entro 90 giorni dalla comunicazione del provvedimento di cessazione (qui ulteriori informazioni).
Cumulo dei Contributi con limiti per le Deroghe Amato
Il beneficio di accedere alla pensione di vecchiaia in regime di cumulo con il requisito contributivo di 15 anni è possibile solo se vengono cumulate gestioni contributive alle quali si applicano le deroghe previste dalla Legge Amato.
Ricongiunzione solo per via telematica anche per i fondi speciali
Lo spiega in una nota l'Istituto di Previdenza. Dal 1° dicembre 2018 anche le domande di ricongiunzione e di costituzione della posizione assicurativa per i fondi speciali saranno possibili solo telematicamente.
- by Alex