Tfr pignorabile anche nella Pa
Fonte: dhttps://www.assinews.it
Il trattamento di fine rapporto può essere pignorato tanto ad un dipendente privato che ad uno pubblico, stante «la totale equiparazione del regime di pignorabilità e sequestrabilità del Tfr». A stabilirlo la Corte di cassazione, sesta sezione civile, con l’ordinanza n. 19708 depositata ieri.
La Cassazione ha ribaltato il giudizio espresso dalla Corte di appello di Bari, che aveva dichiarato l’inefficacia del pignoramento, affermando «la non assoggettabilità a pignoramento di somme non ancora esigibili». Secondo i giudici del Palazzaccio: «Il Tfr costituisce, a tutti gli effetti, un credito che il lavoratore matura già in costanza di rapporto di lavoro… Poiché i presupposti per l’assoggettabilità di un credito a pignoramento sono solamente la certezza del credito e la sua liquidità, ma non la sua esigibilità, nulla osta alla pignorabilità» della somma. Sulla base di queste affermazioni, l’ordinanza afferma che «in relazione ai lavoratori dipendenti del settore privato, la questione non si pone in termini diversi per i dipendenti pubblici». Infatti «l’originario regime di impignorabilità del trattemento di fine servizio è stato dichiarato costituzionalmente legittimo» da precedenti sentenze della stessa Corte. Quindi «le quote accantonate del Tfr, tanto che siano trattenute presso l’azienda quanto che siano versate al fondo di tesoreria dell’Inps o conferite in un fondo di previdenza complementare, sono intrinsecamente dotate di potenzialità satisfattiva futura e corrispondono ad un diritto certo e liquido del lavoratore, di cui la cessazione del rapporto di lavoro determina solo l’esigibilità, con la conseguenza che le stesse sono pignorabili. Tale principio», continua l’ordinanza, «valevole per i lavoratori subordinati del settore privato, si estende anche ai dipendenti pubblici, stante la totale equiparazione del regime di pignorabilità e sequestrabilità del trattamento di fine rapporto o di fine servizio».
Spiegato ciò, la Cassazione ha cassato la sentenza con rinvio alla Corte di appello di Bari.
Part Time Verticale: nel Pubblico Impiego quali regole?
Pubblicato da lentepubblica.it il 26 luglio 2018
Disciplina generale del rapporto di lavoro a tempo parziale: per il Part Time Verticale nel Pubblico Impiego quali sono le regole da seguire?
Abbiamo tre diverse tipologie di contratto a part-time:
Il Part Time Verticale
Il contratto part-time verticalestabilisce che l’attività lavorativa venga svolta nello stesso orario degli altri dipendenti con contratto full-time, ma solo in determinati periodi stabiliti nell’accordo. Ad esempio, ci sono contratti di lavoro part-time verticale che prevedono che il dipendente vada a lavoro:
Il Pubblico Impiego
Alcune categorie del Pubblico Impiego non possono costituire rapporti di lavoro a part-time (fra gli altri) le seguenti categorie:
• personale tecnico operativo del Vigili del Fuoco;
• personale della polizia municipale ai sensi della legge 65/86
• il personale di ruolo soggetto ad avvicendamento e a contratto del Ministero degli Esteri e
di altre amministrazioni ed enti pubblici che presti servizio all’estero
• i dirigenti preposti alla titolarità degli uffici
Tuttavia il Part Time si applica per alcuni soggetti.
La fonte legale prevede che il lavoro supplementare sia quello aggiuntivo effettuato oltre il proprio orario di lavoro fino al raggiungimento del normale orario settimanale di lavoro a tempo pieno ed il lavoro straordinario sia quello eccede tale limite (non così nel D.Lgs 61/2000), mentre nei contratti collettivi del pubblico impiego tale distinzione opera rispettivamente in caso di lavoro aggiuntivo svolto dal dipendente a part-time orizzontale, e di lavoro aggiuntivo svolto dal dipendente a part-time verticale nei giorni di lavoro.
I contratti del pubblico impiego, infine, non contengono alcuna disciplina per l’applicazione delle clausole flessibili ed elastiche (ora solo elastiche), e che tale assenza ne ha fino ad oggi impedito l’applicazione, considerati i dettagliati rinvii alle disposizioni del contratto collettivo di lavoro previsti dalla precedente normativa.
Malattia: guida al certificato medico e alle visite fiscali
ALLEGATO
Fonte:INPS
Cosa devono fare i lavoratori in caso di malattia? Lo spiega l’INPS con una guida sulla certificazione telematica e sulle visite mediche di controllo. L’Istituto risponde così alle domande più frequenti dei dipendenti, sia privati che pubblici, indicando loro i passi da seguire quando, causa malattia, sono impossibilitati a recarsi a lavoro.
La prima cosa da fare è contattare il proprio medico curante che ha il compito di redigere e trasmettere il certificato in via telematica all’INPS. Certificato e attestato cartacei (l’attestato indica solo la prognosi, ossia il giorno di inizio e di fine presunta della malattia; il certificato indica la prognosi e la diagnosi, ossia la causa della malattia) sono accettati solo quando non sia tecnicamente possibile la trasmissione telematica.
Il lavoratore, ricorda l’Istituto, deve prendere nota del numero di protocollo del certificato e controllare l’esattezza dei dati anagrafici e dell’indirizzo di reperibilità per la visita medica inseriti. Può inoltre verificare la corretta trasmissione del certificato tramite l’apposito servizio sul sito INPS, inserendo le proprie credenziali (codice fiscale e PIN o SPID per consultare il certificato; codice fiscale e numero di protocollo per consultare l’attestato).
Nel certificato il medico deve inserire (solo se ricorrono) l’indicazione dell’evento traumatico e la segnalazione delle agevolazioni per cui il lavoratore, privato o pubblico, sarà esonerato dall’obbligo del rispetto della reperibilità.
Le fasce di reperibilità per le visite fiscali
Le visite mediche di controllo possono essere disposte d’ufficio dall’Istituto o su richiesta dei datori di lavoro per i propri dipendenti. Le fasce di reperibilità cambiano tra settore privato e pubblico.
I lavoratori privati sono tenuti a essere reperibili nelle fasce 10-12 e 17-19. I lavoratori pubblici, invece, nelle fasce 9-13 e 15-18.
Se il lavoratore risulta assente alla visita domiciliare viene invitato a recarsi, in una data specifica, presso gli ambulatori della struttura territoriale INPS di competenza. È comunque tenuto a presentare una giustificazione valida per l’assenza per non incorrere in eventuali azioni disciplinari da parte del datore di lavoro.
Per tutte le informazioni e gli ulteriori approfondimenti è possibile scaricare la guida “Certificazione di malattia e visite mediche di controllo per i lavoratori privati e pubblici” (pdf 645KB).
Lavoro e disabilità, se la PA non rispetta la norma, il collocamento avverrà senza concorso
L'importante novità è contenuta nella circolare 7571 del 10 luglio 2018 siglata da ministero del Lavoro, Anpal e presidenza del Consiglio dei ministri: qualora la PA sia inadempiente rispetto agli obblighi previsti dalla legge 68/99, i lavoratori con disabilità saranno collocati direttamente dal centro per l'impiego
Fonte:https://www.superabile.it/
Importanti novità in arrivo per gli aspiranti lavoratori con disabilità: la Pubblica amministrazione sarà tenuta a rispettare gli obblighi assunzionali, oggi spesso disattesi. Questo, grazie a una “scorciatoia” introdotta dalla circolare 7571 del 10 luglio 2018 siglata da ministero del Lavoro, Anpal e presidenza del Consiglio dei ministri, in relazione alle nuove indicazioni sul collocamento obbligatorio nelle PA dopo la Riforma Madia.
Cosa prevede la circolare? Un meccanismo nuovo, appunto, che semplificherà l'accesso alla pubblica amministrazione da parte di lavoratori con disabilità: qualora infatti una Pubblica amministrazione risulti inadempiente rispetto all'obbligo di collocamento previsto dalla legge 68/99, l'assunzione sarà possibile anche senza concorso, direttamente tramite i centri per l'impiego, che attingeranno alle graduatorie del collocamento. In altre parole,il centro per l’impiego potrà sostituirsi alla Pubblica amministrazione in caso di inadempienza o ritardo di questa.
Tecnicamente, nel caso in cui la PA non provveda ad inviare il prospetto informativo attestante la copertura delle quote di riserva, oppure quando, ad avvenuta comunicazione, non vengono rispettati i tempi per la copertura delle quote stesse, i centri per l'impiego sono tenuti, d'ora in poi, a contattare l'amministrazione inadempiente, fornendo un preavviso di 30 giorni prima di procedere al collocamento diretto dei lavoratori con disabilità, sulla base delle graduatorie.
Da PensioniOggi:
Pensioni, L'età media alla decorrenza supera i 66 anni
Lo certifica l'Inps nell'aggiornamento dell'osservatorio di monitoraggio dei flussi trattamenti pensionistici a carico dell'AGO e delle gestioni dei lavoratori autonomi. Per chi va con l'anzianità l'età media è, invece, di poco inferiore a 61 anni.
Cala il numero di pensioni liquidate nel primo trimestre del 2018. La causa è lo scalone della Legge Fornero che dal 1° gennaio 2018 ha equiparato i requisiti per la pensione di vecchiaia per le donne del settore privato agli uomini portandolo dai 65 anni e 7 mesi a 66 anni e 7 mesi. E' quanto emerge dall'osservatorio dei flussi di pensionamento pubblicato oggi dall'Inps relativo al primo semestre del 2018.
Con riferimento al FPLD e alle gestioni speciali dei lavoratori autonomi (commercianti, artigiani e coltivatori diretti) nonchè dei parasubordinati, l'Inps registra un numero complessivo di pensioni di vecchiaia e anzianità/anticipate decorrenti nel semestre inferiore al corrispondente periodo del 2017. Nel solo Fondo pensioni lavoratori dipendenti il calo nei primi tre mesi dall'anno è di oltre il 20% passando da156.385 a 122.240 prestazioni liquidate. La causa è riconducibile essenzialmente all'aumento del requisito di età richiesto per la liquidazione della pensione di vecchiaia delle donne del settore privato. L'età media alla decorrenza delle pensioni di vecchiaia sale da 65,7 anni del I semestre del 2017 a 66,4 anni nel I semestre del 2018 mentre scende leggermente l'età della pensione anticipata (che com'è noto è slegata dall'età anagrafica) da 60,9 anni a 60,7 anni (per effetto dei nuovi canali di uscita (in particolare quello dei lavoratori precoci) nonchè per via del fatto che i requisiti per la pensione anticipata nel 2018 non sono stati adeguati al rialzo.
Sale invece leggermente l'importo medio delle prestazioni liquidate rispetto ai valori medi dello scorso anno. L'importo medio alla decorrenza della pensione di vecchiaia per i lavoratori dipendenti (FPLD) nel II trimestre del 2018 sale a1.114 euro al mese dai 998 euro registrato nel 2017. Valori più elevati naturalmente per le pensioni anticipate ove il peso dei contributi è superiore. Nel II trimestre del 2018 l'importo medio alla decorrenza è pari a 2.198 euro contro 2.146 euro dell'anno precedente. L'effetto è anch'esso dovuto al minor "peso" delle pensioni femminili liquidate nel primo trimestre del 2018 che, come noto, sono generalmente inferiori nell'importo rispetto agli uomini. La tendenza è confermata anche guardando alle gestioni dei lavoratori autonomi (Art-Com-Cd) e parasubordinati con una diminuzione del numero di pensioni di vecchiaia ed un aumento dell'età media alla decorrenza. Incremento che nelle gestioni autonome interessa anche le pensioni anticipate atteso che pochi autonomi hanno potuto concretamente utilizzare lo scivolo per i lavoratori precoci. Il rapporto Inps tuttavia non tiene conto delle pensioni liquidate in regime di totalizzazione e di cumulo dei periodi assicurativi.
Crollano gli assegni sociali
Crolla invece il numero degli assegni sociali: dai 19.741 rilevati nel primo trimestre dell'anno precedente nel primo semestre del 2018 sono stati liquidati appena 2.952 assegni. Anche in questo caso la causa è da ricercarsi nell'aumento di un anno del requisito anagrafico per il conseguimento della prestazione (anch'essa passata da 65 anni e 7 mesi a 66 anni e 7 mesi per via della Legge Fornero del 2011). Il valore medio degli assegni sociali è pari a 403 euro al mese contro 398 euro dello scorso anno.
Aumenta l'incidenza delle pensioni anticipate
Osservando poi gli indicatori statistici del secondo trimestre 2018, riguardo alla composizione per categoria, l'Inps rileva un peso decisamente superiore delle pensioni di anzianità/anticipate su quelle di vecchiaia rispetto al dato annuo del 2017. Questo perché i requisiti richiesti per quest'ultimo tipo di trattamento si sono innalzati per le donne, mentre quelli relativi alle pensioni di anzianità/anticipate sono rimasti uguali all'anno precedente, e perché è stata introdotta una possibilità di uscita anticipata per i cosiddetti "lavoratori precoci", cioè coloro che hanno lavorato per 12 mesi prima del 19° anno di età e si trovano in specifiche condizioni di disagio.
Pensione Ai superstiti, Ecco la documentazione richiesta per i figli studenti
Gli universitari all'estero dovranno acquisire dalle Amministrazioni e Istituzioni competenti la dichiarazione attestante il valore in Italia del percorso di studio. I chiarimenti in un documento dell'Inps.
Regole in chiaro per la pensione ai superstiti degli studenti che frequentano un corso di studi universitario o non. Le detta l'Inps con il messaggio interno numero 2866 dello scorso 17 Luglio 2018 in cui l'Istituto corregge alcune istruzioni fornite in precedenza. I chiarimenti riguardano la documentazione che i figli superstiti maggiorenni debbono allegare alla domanda di pensione ai superstiti (in caso di scomparsa del genitore) per il conseguimento della prestazione previdenziale.
Frequenza di corsi universitari all'estero
La prima questione riguarda l'accertamento dello status di studente in caso di frequenza di università o istituti di istruzione superiore all’estero. Ebbene l'Inps spiega che i superstiti che frequentano corsi di livello universitario all’estero dovranno allegare alla domanda di pensione ai superstiti, unitamente alla documentazione prevista per la prestazione pensionistica richiesta: a) il certificato di iscrizione con relativa traduzione asseverata ai sensi dell’articolo 33 del D.P.R. n. 445 del 2000; b) una dichiarazione attestante il valore in Italia del percorso di studio frequentato. E' dunque a carico dello studente, a differenza di quanto indicato in un primo tempo nel messaggio inps 4413/2017, l’onere di acquisire dalle Amministrazioni e Istituzioni competenti la dichiarazione attestante il valore in Italia del percorso di studio frequentato all’estero. Tale dichiarazione, se trattasi di corsi di studio di livello universitario in Paesi che hanno aderito alla Convenzione di Lisbona del 1997 sul reciproco riconoscimento dei titoli dell’istruzione superiore (per i quali trova applicazione il D.P.R. n. 189 del 2009), può essere ottenuta presso il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca - Direzione generale per lo studente, lo sviluppo e l’internazionalizzazione della formazione superiore.
In caso di frequenza di corsi di studio di livello universitario in Paesi che non hanno aderito alla Convenzione di Lisbona, l’attestato di riconoscimento in Italia del percorso di studi estero da allegare alla domanda di pensionepuò essere richiesto alle Università Italiane ovvero può essere comprovato in base ad accordi bilaterali e multilaterali stipulati dall’Italia sul riconoscimento dei titoli di studio aventi valore legale in Italia, analogamente alla richiesta di documentazione ai fini del riscatto del titolo di studio conclusivo (messaggio n. 6208 del 22.07.2014 e circolare n. 468 del 7.09.1978).
Frequenza di scuole all’estero
Il secondo chiarimento riguarda gli studenti che frequentano un corso di studi di livello non universitario all'estero. In tal caso gli interessati devono allegare alla domanda di pensione, unitamente alla documentazione prevista per il trattamento pensionistico richiesto: a) il certificato di iscrizione con relativa traduzione asseverata ai sensi dell’articolo 33 del DPR n. 445 del 2000; b) una dichiarazione di corrispondenza in Italia del percorso di studi frequentato all’estero rilasciata dagli Uffici scolastici regionali del Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della ricerca, competenti, in via più ampia, a rilasciare l’equipollenza dei titoli di studio scolastici.
Frequenza di scuole e università in Italia
Infine l'ultimo chiarimento riguarda l'accertamento dello status di studente, con riferimento ai superstiti che studiano in Italia. In tal caso, spiega l'Inps è sufficiente un'autocertificazione ai sensi dell’articolo 46 del D.P.R. n. 445 del 2000. I superstiti studenti universitari devono indicare, inoltre, l’anno di immatricolazione e la durata del corso di studio tenuto conto che l’articolo 22 della legge n. 903 del 1965 prevede che il trattamento pensionistico, fermo restando il limite del 26° anno di età, può essere riconosciuto limitatamente alla "durata legale" del corso. Con riferimento alle Università e agli istituti di istruzione superiore post-diploma in Italia, gli studenti possono consultare il portale Universitaly del Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca.
Le spese di vitto e alloggio possono essere ancora rimborsate in contanti
L'Ispettorato nazionale del Lavoro chiarisce ulteriormente la portata dell'obbligo della tracciabilità delle retribuzioni scattato lo scorso 1° luglio 2018.
Le spese di viaggio, vitto e alloggio e gli anticipi di cassa possono essere ancora rimborsate in contanti dal datore di lavoro. La tracciabilità delle paghe, infatti, riguarda esclusivamente gli elementi della retribuzione e, pertanto, non è obbligatoria per la corresponsione di somme erogate a diverso titolo, quali anticipi di cassa effettuati per spese che i lavoratori sostengono nell'interesse dell'azienda e nell'esecuzione della prestazione lavorativa (per esempio, rimborso spese viaggio, vitto, alloggio). Lo spiega l'ispettorato nazionale del lavoro, nella nota prot. n. 6201/2018 pubblicata l'altro giorno.
L'Ispettorato del lavoro torna sulla portata dell'obbligo scattato dal 1° luglio 2018 con la legge di Bilancio 2018 secondo il quale datori di lavoro e committenti devono pagare retribuzione e compensi attraverso mezzi di pagamento tracciabili. Come noto dall'entrata in vigore delle nuove disposizioni il datore di lavoro deve predisporre il pagamento esclusivamente attraverso una banca o un ufficio postale con uno dei seguenti mezzi: a) bonifico sul conto identificato dal codice IBAN indicato dal lavoratore; b) strumenti di pagamento elettronico; c) pagamento in contanti presso lo sportello bancario o postale dove il datore di lavoro abbia aperto un conto corrente di tesoreria con mandato di pagamento; d) emissione di un assegno consegnato direttamente al lavoratore o, in caso di suo comprovato impedimento, a un suo delegato.
Il nuovo obbligo riguarda tutti i rapporti di lavoro subordinato tra cui anche i rapporti di lavoro part-time, le collaborazioni coordinate e continuative, i contratti di lavoro instaurati dalle cooperative con i propri soci (legge n. 142/2001). Sono esclusi, invece, tutti i rapporti di lavoro instaurati con le pubbliche amministrazioni e quelli di lavoro domestico (come ad esempio colf e badanti) nonché, i compensi derivanti da borse di studio, tirocini e rapporti autonomi occasionali, perché non previsti dalla norma (si veda qui per dettagli).
Ebbene ad ulteriore chiarimento della portata dell'obbligo l'INL precisa a un quesito posto da Confindustria che la tracciabilità riguarda esclusivamente gli elementi della retribuzione e, pertanto, la corresponsione di somme erogate a diverso titolo, quali anticipi di cassa effettuati per spese che i lavoratori devono sostenere nell'interesse dell'azienda e nell'esecuzione della prestazione (per esempio, rimborso spese viaggio, vitto, alloggio) può essere ancora effettuata in contanti.
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NOTIZIE UIL
"V Congresso UILPA, Nicola Turco rieletto Segretario Generale". Questa l'apertura dell'edizione giugno 2018 di UILPA Magazine, la rivista ufficiale della UILPA. Il tutto, al termine del meraviglioso Congresso Nazionale tenutosi a Salerno dal 10 al 12 maggio. UILPA Magazine è sfogliabile, con i consueti collegamenti a gallerie foto e video, e potrete comunque scaricarlo in pdf in alta definizione.
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- by Alex