Circolare dei Ministri Madia e Padoan n. 2/2018, concernente chiarimenti in merito alle circolari n. 3/2017 e n. 1/2018.
Linee di indirizzo per la predisposizione dei piani dei fabbisogni di personale da parte delle PA
· In allegato la circolare2
Incarichi esterni, indennità di posizione, privacy e sciopero nei servizi pubblici essenziali
Fonte:sole24ore di Gianluca Bertagna
La rubrica settimanale con le indicazioni sintetiche delle novità normative e applicative intervenute in tema di gestione del personale nelle pubbliche amministrazioni.
Le procedure per l'affidamento degli incarichi esterni
Il regolamento sull'ordimento dei servizi e degli uffici non può consentire l'affidamento diretto e fiduciario di incarichi nemmeno nei casi di prestazioni meramente occasionali che si esauriscono in una prestazione episodica che il collaboratore svolge in maniera saltuaria e del tutto autonoma.
È questo quanto affermato dallaCorte dei conti – sezione regionale di controllo per il Piemonte, con la delibera n. 39/2018/VSGO, con la quale ha analizzato il caso sottopostole da un Comune, relativo all'affidamento di un incarico esterno (di importo superiore ai 5mila euro) per un membro di una commissione veterinaria per il palio della città.
Il regolamento prevedeva l'affidamento diretto per «prestazioni meramente occasionali che si esauriscono in una prestazione episodica che il collaboratore svolga in maniera saltuaria che non è riconducibile a fasi di piani o programmi del committente e che si svolge in maniera del tutto autonoma, anche rientranti nelle fattispecie indicate al comma 6 dell'articolo 53 del decreto legislativo n. 165 del 2001».
Ma per la Corte tale formulazione risulta troppo ampia e, comunque, in aperta violazione di legge (articolo 7 del Dlgs 165/2001), in quanto contraria ai principi di concorsualità, di trasparenza e di pubblicità.
Il Collegio ricorda, infine, che le uniche eccezioni al principio dell'esame comparativo si possono verificare quando la procedura concorsuale sia andata deserta, in caso di unicità della prestazione sotto il profilo soggettivo oppure per un'assoluta urgenza determinata dall'imprevedibile necessità della consulenza e non attribuibile a inerzia dell'amministrazione.
Posizione organizzativa in caso di convenzione
La Corte dei conti – seconda sezione centrale d'appello, con sentenza n. 245/2018, ha confermato la condanna per danno erariale inflitta a un direttore generale di un Comune che aveva riconosciuto al responsabile del settore amministrativo un'indebita maggiorazione dell'indennità di posizione. L'ente aveva sottoscritto con altri due Comuni una convenzione per la gestione associata del servizio di segreteria, prevedendo che il responsabile del settore amministrativo e vice segretario avrebbe dovuto prestare la propria attività, per 3 giorni la settimana, anche presso detti enti. Il direttore generale, a questo punto, aveva ritenuto di riconoscere al medesimo una retribuzione di posizione maggiorata, ai sensi delle norme contrattuali vigenti.
Ma per la Corte non era sufficiente, ai fini dell'attribuzione del previsto beneficio, la mera attivazione di una forma di collaborazione tra enti, essendo necessario che il titolare di posizione organizzativa fosse direttamente impegnato nell'assolvimento di funzioni nell'ambito di forme associative tra enti.
Di conseguenza, considerato che gli enti avevano esclusivamente stipulato una convenzione per la gestione dei servizi di segreteria, senza costituire alcuna «unione» o «associazione», i giudici contabili hanno ritenuto illegittimo il maggior compenso riconosciuto in favore del responsabile del servizio amministrativo.
Tutorial per la valutazione d'impatto sulla protezione dei dati
Il Garante per la protezione dei dati personali ha pubblicato, in data 30 aprile 2018, un tutorial sulla valutazione d'impatto sulla protezione dei dati e l'individuazione e gestione del rischio.
L'Autorità ha attivato una pagina internet dedicata all'informazione sul regolamento Ue/2016/679, dove sono disponibili anche una guida per l'applicazione del regolamento e vari documenti utili, come le Linee guida che il Garante ha contribuito a definire in sinergia con le altre Autorità privacy europeeper facilitare la comprensione e l'applicazione del nuovo quadro normativo.
Sciopero nei servizi pubblici essenziali
In ipotesi di indizione di sciopero nei servizi pubblici essenziali, se il termine di 10 giorni di preavviso viene rispettato dai promotori, ne consegue che la procedura di raffreddamento avanti il prefetto deve necessariamente svolgersi, per risultare legittima, secondo le precise scansioni delineate dall'articolo 8, comma 1, della legge 146/1990; ma se, viceversa, il suddetto termine a quo iniziale non viene rispettato per prima dall'organizzazione sindacale promotrice, non possono, poi, quest'ultima e/o i lavoratori che aderiscono allo sciopero così illegittimamente proclamato (e che devono essere consapevoli di tale illegittimità) con ragione invocare (e cioè pretendere) l'esatta osservanza dell'anzidetta scansione procedimentale da parte dell'amministrazione.
Questi i principi espressi dal Consiglio di Stato, sezione III, con sentenza n. 2468/2018, con la quale ha affermato la legittimità di un'ordinanza prefettizia di precettazione, pur se non seguita dalla procedura di raffreddamento del conflitto prevista dalla legge 146/1990, con la quale era stata imposta la prestazione lavorativa su tutti i turni al personale di un'azienda di mobilità (servizio pubblico essenziale), che aveva proclamato un'astensione dal lavoro senza l'osservanza di alcun preavviso.
Visite Fiscali 2018: orari malattia INPS dipendenti privati e pubblici
La Riforma Madia ha modificato la disciplina delle Visite Fiscali andando a creare il Polo Unico delle visite mediche di controllo per dipendenti privati e pubblici. La stessa prevedeva anche di armonizzare orari sanzioni e reperibilità per pubblico e privato, ma ciò non è avvenuto.
Fonte: https://www.lavoroediritti.com/lDi Antonio Maroscia
Visite Fiscali 2018: orari malattia INPS dipendenti privati e pubblici. La Riforma del Pubblico Impiego conosciuta anche come Riforma Madia (Decreto Legislativo 75/2017) è stata pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale del 7 giugno 2017 ed è entrata entrata in vigore il 22 giugno 2017, anche se alcuni cambiamenti sono stati rinviati a date future. Fra le altre cose la Riforma Madia ha modificato anche la disciplina delle Visite Fiscali andando ad unificare l’ente di controllo, che adesso è l’INPS sia per i dipendenti privati che pubblici, con solo qualche eccezione.
Menù interno
· Fasce di reperibilità dei dipendenti pubblici e privati
· Orari visite fiscali: dipendenti privati
· Orari visite fiscali: dipendenti pubblici
· Assenza visita fiscale, sanzioni
· Lettera giustificazione assenza visita fiscale
· Assenza visita fiscale dipendente pubblico
· Visite fiscali 2018: vademecum dell’INPS
· Polo unico visite fiscali INPS, a chi interessa
Le nuove regole relative alle Visite Fiscali sono contenute nell’articolo 18 della Riforma Madia modificano e integrano l’articolo 55-septies del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 Testo Unico del Pubblico Impiego. Queste modifiche, a differenza di altre novità della riforma, sono operative solo dal 13 gennaio 2018.
Polo unico INPS
La Riforma Madia ha creato il cosiddetto Polo unico INPS per le visite fiscali, questo significa che dal 1° settembre 2017 le competenze relative alle visite fiscali, ovvero ai controlli sulle assenze per malattia, passano dalle ASL all’INPS omologando il sistema pubblico a quello privato.
In un futuro prossimo anche le fasce di reperibilità dei dipendenti pubblici saranno uguali a quelle dei lavoratori privati e con esse tutte le nuove regole relative alle assenze del lavoratore alle visite fiscali. Al momento tuttavia le fasce orarie di reperibilità sono rimaste invariate.
Fasce di reperibilità dei dipendenti pubblici e privati
In caso di malattia i lavoratori dipendenti sono soggetti a controlli da parte del medico dell’Inps.
Questi controlli, detti visite fiscali, si rendono necessari per verificare l’effettivo stato di malattia del lavoratore e per permettere di far rispettare le regole sulla malattia del lavoratore.
Orari visite fiscali: dipendenti privati
Nel settore privato le fasce orarie di reperibilità vanno:
· mattina: dalle ore 10.00 alle ore 12.00;
· pomeriggio: dalle ore 17.00 alle ore 19.00.
Orari visite fiscali: dipendenti pubblici
Attualmente le fasce di reperibilità dei dipendenti pubblici vanno:
· mattina: dalle 9.00 alle 13.00;
· pomeriggio: dalle 15.00 alle 18.00.
Nell’ambito della reperibilità la normativa comunque prevede alcune circostanze che danno diritto all’esonero dall’obbligo di reperibilità (Circolare INPS numero 95 del 7 giugno 2016).
Leggi anche: INPS: esenzione dalla reperibilità per malattia
Assenza visita fiscale, sanzioni
In caso di assenza alla visita fiscale del personale di controllo dell’INPS all’indirizzo stabilito nel certificato medico e negli orari inclusi nelle fasce di reperibilità sono previste sanzioni, pari al:
· 100% dell’indennità di malattia percepibile per i primi 10 giorni di malattia in caso di 1^ assenza;
· 50% del restante periodo per la 2^ assenza;
· il 100% dell’intera indennità per irreperibilità alla 3^ visita.
Leggi anche:Assenza alla visita fiscale per visita medica specialistica e licenziamento
Lettera giustificazione assenza visita fiscale
In caso di assenza alla vista fiscale all’indirizzo indicato nel certificato medico, se non si tratta di una patologia esonerata come detto sopra, il lavoratore può comunque presentare, entro 15 giorni dalla sanzione notificata, una lettera di giustificazione per l’assenza alla visita fiscale.
Sia per i lavoratori dipendenti pubblici che privati le assenze possono essere giustificate in caso:
· causa di forza maggiore;
· situazioni che hanno reso necessaria l’immediata presenza del lavoratore altrove;
· visite, prestazioni e accertamenti specialistici contemporanei alla visita fiscale.
In questi casi comunque il dipendente, può allontanarsi dall’indirizzo indicato nel certificato medico, durante le fasce di reperibilità, ad esempio per effettuare una visita medica specialistica o per accertamenti specialistici o per altri motivi, sempre documentati.
Assenza visita fiscale dipendente pubblico
Il dipendente pubblico può assentarsi in alcuni casi durante le fasce di reperibilità come detto sopra, ma è tenuto però a comunicare preventivamente l’assenza all’amministrazione pubblica presso la quale è impiegato che, a sua volta, comunicherà all’INPS.
La comunicazione da parte dell’amministrazione all’INPS può avvenire:
· via email a Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.;
· via fax indicato dalla struttura territoriale di riferimento;
· tramite Contact center INPS.
Visite fiscali 2018: vademecum dell’INPS
Con il Messaggio n. 1399 l’INPS ha rilasciato un utile vademecum alle visite fiscali. In particolare l’Istituto fa il punto sul nuovo Polo Unico visite fiscali INPS fornendo un utile documento di riepilogo e aggiornamento delle disposizioni vigenti.
Alleghiamo il messaggio INPS in oggetto per una completa lettura del documento di prassi.
Messaggio INPS numero 1399 del 29-03-2018
Polo unico visite fiscali INPS, a chi interessa
Ricordiamo come detto sopra che il nuovo polo unico visite fiscali avrà effetti solo per alcuni dipendenti pubblici, vale a dire:
· tutte le amministrazioni dello Stato;
· i dipendenti del settore pubblico non soggetti al regime previsto dal D.Lgs. n. 165/2001;
· i dipendenti delle Autorità indipendenti, comprese la CONSOB e la Banca d’Italia, nonché il personale delle Università non statali legalmente riconosciute.
Restano invece esclusi:
· i dipendenti degli Organi costituzionali, degli enti pubblici economici, degli enti morali, delle aziende speciali;
· la Provincia autonoma di Trento e i relativi altri enti ad ordinamento provinciale.
Riforma Madia, norma Visita Fiscale Dipendenti Pubblici
Riforma Madia disciplina Visita Fiscale Dipendenti Pubblici
Causa di lavoro: niente spese legali per il lavoratore soccombente
La Corte Costituzionale con la sentenza n. 77/2018 stabilisce che il lavoratore soccombente in una causa di lavoro non è più tenuto a pagare le spese legali. La decisione dei giudici stabilisce dunque l’incostituzionalità dell’art. 92 del C.p.c., recentemente riformulato.
Fonte: https://www.lavoroediritti.com/lDi Daniele Bonaddio
Non può più essere condannato a pagare le spese legali il lavoratore che perde una causa di lavoro. Dunque, in caso di decisione a sfavore del ricorrente (per esempio un lavoratore che impugna un licenziamento) l’esborso economico non può riguardare in nessun caso le spese legali.
La decisione è arrivata dalla Corte Costituzionale con la sentenza n. 77/2018, al fine di salvaguardare quei lavoratori che per rivendicare i propri diritti sono costretti ad intentare cause di lavoro con il serio rischio di soccombere in giudizio e di dover pagare le spese della controparte, ossia il datore di lavoro, così come stabilito dal giudice.
Processo civile: il nuovo principio della Corte Costituzionale
Nell’affermare l’esenzione del lavoratore ricorrente a pagare le spese legali, nella causa di lavoro da lui promossa, in caso di giudizio a sfavore, la Corte Costituzionale afferma un nuovo principio secondo il quale:
“il lavoratore deve avere la possibilità di promuovere una causa senza poter conoscere elementi di fatto, rilevanti e decisivi, che sono nella disponibilità del solo datore di lavoro”
Il giudice dovrà, in particolare, verificare se vi sia o meno una situazione di assoluta incertezza su questioni di fatto, eventualmente riconducibili alle “gravi ed eccezionali ragioni” che consentono la compensazione delle spese di lite.
La pronuncia va in contrasto con l’art. 92 del C.p.c. il quale, nella sua ultima formulazione del 2014, impediva in via generale al magistrato di compensare tra le parti le spese di giudizio.
L’incostituzionalità dell’articolo menzionato fa sì che, in caso di soccombenza totale di una parte, il giudice civile può compensare le spese di giudizio, parzialmente o per intero, non solo nelle ipotesi di “assoluta novità della questione trattata” o di “mutamento della giurisprudenza rispetto a questioni dirimenti” ma anche quando sussistono “altre analoghe gravi ed eccezionali ragioni”.
La riforma del 2014 è stata, dunque, giudicata del tutto lesiva del principio di ragionevolezza e di uguaglianza, in quanto lascia fuori altre analoghe fattispecie riconducibili alla stessa ratio giustificativa.
Cosa cambia nella causa di lavoro con la nuova pronuncia?
Sostanzialmente il lavoratore può far valere maggiormente i suoi diritti intentando un causa di lavoro, riducendo notevolmente i rischi in caso di giudizio sfavorevole.
Non a caso, con la riforma del 2014, si è potuto assistere a un drastica riduzione dei contenziosi in materia di lavoro. Al contrario di quanto si possa pensare, questa non è imputabile a una violazione minore dei diritti dei lavoratori, al contrario, ma di un esborso economico spesso importante senza alcuna certezza di portare a casa la vittoria.
Quando possono essere compensate le spese legali?
Si ricorda infine che la compensazione delle spese legali si ha in caso di:
· soccombenza reciproca: cioè quando entrambe le parti perdono in tutto o solo in parte;
· novità delle questioni dibattute: si verifica quando, ad esempio, il giudice è chiamato ad applicare una norma nuova, la cui interpretazione è quindi poco conosciuta al cittadino;
· cambio di orientamento cagionato, dopo l’avvio della lite, da mutamenti della legge o da decisioni della Corte Costituzionale o della Corte di giustizia europea.
· Pertanto, con questa nuova pronuncia si introduce una deroga per il lavoratore che perde la causa contro l’azienda
Stipendio in contanti, dal 1° luglio 2018 solo pagamenti tracciati
La Legge di Bilancio 2018 ha stabilito dal 1° luglio 2018 il divieto di pagamento dello stipendio in contanti. La nuova norma servirà a combattere forme elusive dei rapporti di lavoro. Vediamo cosa prevede e a chi si applica la norma e le sanzioni previste per i trasgressori.
Fonte: https://www.lavoroediritti.com/lDi Antonio Maroscia
Stipendio in contanti, dal 1° luglio 2018 saranno ammessi solo pagamenti tracciati e non sarà più quindi possibile per i datori di lavoro pagare le buste paga con denaro liquido. La nuova norma sulle buste paga tracciabili, contenuta nell’ultima legge di bilancio, servirà a combattere il cosiddetto lavoro grigio. Si tratta di un comportamento fraudolento di alcune aziende che pagano lo stipendio in contanti ai lavoratori corrispondendo loro una somma più bassa del netto in busta paga.
Nella Legge di Bilancio viene stabilito che da luglio datori di lavoro e committenti potranno pagare le retribuzioni, nonchè gli anticipi di retribuzione, solo attraverso mezzi di pagamenti tracciabili. Vediamo in breve cosa dice la norma in attesa di una probabile prossima circolare esplicativa.
Stipendio in contanti, stop da luglio 2018
Come detto sopra la norma stabilisce che a partire dal 1° luglio 2018 i datori di lavoro e i committenti, non potranno più procedere al pagamento in contanti della busta paga di lavoratori dipendenti e parasubordinati. Il fine della norma è quello di contrastare il comportamento fraudolento attraverso il quale si consegna al lavoratore una busta paga, ma il pagamento della retribuzione è più basso.
Il pagamento della busta paga potrà avvenire solo tramite banca o ufficio postale come di seguito indicato:
· bonifico su conto corrente con codice IBAN indicato dal lavoratore;
· altri strumenti per i pagamenti elettronici;
· pagamento in contanti direttamente in banca o alla posta, solo se il datore di lavoro ha aperto un c/c di tesoreria con mandato di pagamento;
· tramite assegno bancario o circolare; questo potrà essere consegnato direttamente al lavoratore o a un suo delegato. Si potrà delegare solo in caso di effettivo e comprovato impedimento e solo al coniuge, al convivente o altro familiare o affine del lavoratore, comunque con età sopra i sedici anni.
Firma della busta busta paga e prova del pagamento
Oltre allo stop del pagamento in contanti degli stipendi la norma fissa anche un altro principio. La firma apposta dal lavoratore sulla busta paga non costituisce in alcun caso prova dell’avvenuto pagamento della retribuzione spettante.
Le due norme sono correlate, infatti se in precedenza la firma della busta paga poteva in alcuni casi avere valenza di quietanza ora non vi potranno essere più dubbi. Questo perchè la prova dell’avvenuto pagamento sarà la traccia del pagamento stesso.
Fatta la legge trovato l’inganno, come ci ha fatto notare qualche attento lettore. Vi potrà essere infatti qualche datore di lavoro che pretenderà di avere indietro una parte del pagamento direttamente dal lavoratore in contanti. Tuttavia è chiaro che con il pagamento tracciato il lavoratore sarà pienamente consapevole del fatto che la sua retribuzione è inferiore a quella realmente spettante. Potrà quindi agire di conseguenza contro il datore di lavoro o committente.
A chi si applica il divieto di pagamento degli stipendi in contanti?
Il divieto di pagare in contanti la busta paga vale, per espressa volontà della norma, per tutti i rapporto di lavoro subordinato indipendentemente dalle modalità di svolgimento della prestazione e dalla durata del rapporto. Quindi è applicabile:
· contratti a tempo pieno e part-time;
· rapporti di lavoro a tempo indeterminato e determinato;
· ai contratti di apprendistato;
· a tutte le altre forme di lavoro flessibile (contratto a chiamata, job sharing ecc.)
· ai soci lavoratori di cooperative con contratti subordinati.
La norma è infine applicabile ai committenti di collaborazioni coordinate e continuative (co.co.co).
Viceversa, sempre per espressa previsione della norma, il divieto di pagamento della retribuzione in contanti non si applica:
· nella Pubblica Amministrazione;
· nei rapporti di lavoro domestici (colf e badanti).
Tuttavia anche se la legge non prevede tale obbligo, il consiglio è sempre quello di non pagare mai gli stipendi in contanti per colf e badanti. Il motivo è molto semplice, infatti sarà difficilissimo in futuro provare che tutti pagamenti sono stati effettuati regolarmente. E’ quindi sempre preferibile retribuire il collaboratore familiare, che sia colf, badante o baby sitter con mezzi tracciati così come elencato sopra.
Stipendio in contanti, sanzioni
Al fine di far rispettare l’obbligo da tutti i soggetti indicati dalla norma sono state indicate anche le sanzioni applicabili ai contravventori.
Al datore di lavoro o committente che viola l’obbligo di pagamento tracciato delle retribuzioni è punibile infatti con una sanzione amministrativa pecuniaria consistente nel pagamento di una somma da 1.000 euro a 5.000 euro.
Testo della norma sul divieto di pagamento in contanti degli stipendi
Alleghiamo il testo della norma contenuta nella legge di bilancio 2018 per una attenta lettura e analisi del provvedimento.
Legge di Bilancio 2018 - Divieto pagamento busta paga in contanti