Visite fiscali: da aprile diventano digitali
Dal mese di aprile le visite fiscali per i lavoratori in malattia saranno digitalizzate a tutela della privacy
Fonte:studiocataldi di Gabriella Lax –
Le visite fiscali dal prossimo aprile saranno digitalizzate a tutela della privacy del paziente. Prepotente è la necessità della riservatezza nel trattamento di tali dati ritenuti sensibili secondo la normativa vigente a tutela della privacy. Ad accendere i riflettori su questo tema, è stata la recente sentenza della Cassazione n. 2367/2018, che si è occupata del ricorso di un dipendente nei confronti di un medico fiscale Asl che lo aveva sottoposto ad accertamento sanitario.
Visite fiscali, la sentenza della Cassazione
Il punto di partenza verso la digitalizzazione sembra essere, dunque, la sentenza con la quale la Suprema corte ha rigettato la richiesta di un dipendente per il risarcimento per danni morali contro il medico fiscale che, visitandolo, avrebbe annotato nel verbale di visita, consegnato al datore di lavoro, la prenotazione per un accertamento clinico dallo psichiatra.
La stessa annotazione sarebbe stata divulgata dal datore di lavoro all'interno dell'ufficio suscitando scherno da parte dei colleghi e la preoccupazione dei familiari, provocando disagio emotivo e stress al dipendente.
Per la Corte, nel caso di specie, la responsabilità va attribuita non al medico dell'Asl, ma al datore di lavoro, responsabile di aver diffuso la notizia nonostante fosse un dato sensibile, dunque soggetto alla legge sulla privacy.
Il comportamento del medico dell'Asl resta da biasimare e la Corte ha richiesto all'Istituto nazionale di previdenza la modifica della procedura per evitare simili violazioni della privacy dei dipendenti soggetti a visita fiscale. Da qui la necessità di rivedere le modalità con cui vengono compilati i referti medici.
Visite fiscali, come funziona oggi
Già dal 2012, nell'ambito della digitalizzazione delle Pubbliche Amministrazioni, l'Inps ha sostituito la procedura cartacea con il verbale telematico. In sostanza, spiega il consigliere regionale per il Piemonte Anmefi (Associazione Nazionale Medici Fiscali), Maria Parisi, il medico fiscale riceve le visite di controllo domiciliare sul netbook fornito dall'Inps (tramite l'intranet) e una volta al domicilio del paziente, effettuato l'esame, stampa una copia completa del verbale che viene sottoscritto dal medico stesso e dal paziente. Un'altra copia, comprensiva soltanto dei dati anagrafici, della prognosi indicata nel certificato di malattia e della valutazione medico legale, viene stampata, sottoscritta come la precedente e consegnata al lavoratore. Il sanitario trasmette il verbale al centro medico legale dell'Inps e da qui viene inoltrato al datore di lavoro esclusivamente il giudizio medico legale riguardante l'idoneità o l'incapacità lavorativa del dipendente. La diagnosi infatti è riportata soltanto nel verbale per l'INPS. Una volta inviate le visite svolte, l'unica traccia che rimane di esse nel netbook è il numero di referto, privo di dati anagrafici, nell'elenco delle visite trasmesse. La copia cartacea firmata viene consegnata manualmente nella sede dell'Istituto pertinente.
Visite fiscali addio cartaceo
Ora, in virtù di quanto avvenuto di recenti eventi, anche tale procedura è in corso di modifica. Come rende noto la Parisi, proprio in questi giorni l'Inps sta completando la distribuzione ai medici fiscali di un tablet con firma digitale in sostituzione del netbook. L'innovazione "riguarda sia il verbale, che non viene più stampato, ma è visibile dal paziente nel sito dell'Inps, sia l'invio delle visite effettuate. La trasmissione non è più onere del sanitario, in quanto avviene direttamente non appena il sistema operativo del tablet ha campo libero" scrive la Parisi.
Al paziente viene rilasciata una ricevuta con i dati anagrafici, la prognosi del medico (che ha rilasciato il certificato) e la valutazione medico legale, con l'abolizione totale del verbale cartaceo.
Restano invariate le modalità di comunicazione dell'esito della visita al datore di lavoro (nonchè i dati riportati), senza alcun riferimento a diagnosi, terapia, accertamenti clinici o strumentali.
La digitalizzazione del controllo dovrebbe essere completata già da aprile.
Avvocati: no ai permessi degli statali per tirocinio forense
L'Aran ha stabilito che le 150 ore di permessi retribuiti per i dipendenti statali, degli enti locali e delle Regioni non possono essere usati per i tirocini forensi
Fonte:studio cataldi di Gabriella Lax –
Arriva la stretta dell'Aran sui permessi degli statali. L'Agenzia per la rappresentanza negoziale della Pubblica amministrazione ha stabilito che le 150 ore di permessi retribuiti per i dipendenti statali degli enti locali e delle Regioni non possono essere utilizzati per i tirocini forensi. L'uso delle ore di permesso retribuite resta possibile per ben altre finalità di studio e di qualificazione personale e professionale.
Stretta dell'Aran sui permessi degli statali
L'articolo 15, comma 2, del Ccnl del 2000 stabilisce per il comparto regioni ed enti locali che i permessi per il diritto allo studio «sono concessi per la partecipazione a corsi destinati al conseguimento di titoli di studio universitari, postuniversitari, di scuole di istruzione primaria, secondaria e di qualificazione professionale, statali, pareggiate o legalmente riconosciute, o comunque abilitate al rilascio di titoli di studio legali o attestati professionali riconosciuti dall'ordinamento pubblico e per sostenere i relativi esami». Potevano dunque le 150 ore inglobare la pratica finalizzata alla preparazione dell'esame di stato per l'abilitazione professionale forense, il cui superamento consente di acquisire il titolo di avvocato.
L'Aran ha stabilito che non è possibile. Come ricorda Italia Oggi, presupposto indispensabile per fruire dei permessi dei permessi è la frequenza di corsi finalizzati al rilascio di titoli di studio legali o di attestati professionali riconosciuti dall'ordinamento pubblico. Tra di essi non si inquadra la frequenza di una scuola forense finalizzata al conseguimento dell'abilitazione alla professione di avvocato, proprio per la mancanza dei presupposti stabiliti nella clausola contrattuale.
Secondo un orientamento consolidato partecipazione alle lezioni e, quindi, relativa frequenza, fanno parte delle materie per le quali il permesso è accordabile. Ma non invece nel caso di attività o impegni diversi che il corso di studio può comportare, come l'assistenza agli esami, il supporto alla didattica o il tutorato, i colloqui con i docenti, le pratiche di segreteria, lo studio individuale, la preparazione per gli esami universitari oppure la preparazione e la redazione della tesi di laurea.
Peculato ad ampio raggio d’azione
Fonte:sole24ore di Giovanni Negri
Peculato a tutto campo. Il reato scatta anche quando il denaro è nella disponibilità giuridica concorrente di più pubblici ufficiali e uno di loro se ne appropria, ingannando tutti gli altri, anche se questi ultimi sono i soggetti deputati all’adozione finale del procedimento. Lo chiarisce la Corte di cassazione con la sentenza n. 10762/2018della sesta sezione penale.
Procedure complesse
Una pronuncia che contribuisce a diradare le incertezze, visto che, nelle procedure complesse, sottolinea la Corte, come le ordinarie procedure di spesa pubblica, la disponibilità giuridica del bene «che costituisce, in alternativa al possesso, il presupposto della condotta rilevante a norme dell’articolo 314 del Codice penale, è frazionata dall’ordinamento giuridico tra più organi e, quindi, tra più persone fisiche». Un frazionamento che, però, non rende impossibile la contestazione del peculato, perchè, l’articolo 314 indica come presupposto della condotta illecita il possesso o la disponibilità del bene, ma non anche l’esclusività di questo possesso o di questa disponibilità.
Tra l’altro, se si arrivasse all’esclusione della disponibilità giuridica concorrente tra più persone, si dovrebbe anche, di conseguenza, concludere che nei casi di “procedure complesse” nessun organo ha la disponibilità giuridica del bene.
Fatta questa premessa, la Cassazione osserva che il pubblico funzionario che detiene insieme ad altri la disponibilità giuridica dei fondi, anche quando induce in errore i colleghi che condividono con lui la competenza sugli stessi, con l’obiettivo di appropriarsene, abusa comunque della sua già esistente disponibilità. Si possono così individuare a giudizio della Corte, sia la partecipazione dolosa di un soggetto in possesso della qualifica richiesta, sia la violazione dello specifico dovere di lealtà del pubblico dipendente che è centrale nella figura del peculato.
Truffa aggravata nel segno del principio di specialità
Tmmessa la coesistenza del peculato con la norma, articolo 48 del Codice penale sull’errore determinato dall’inganno altrui, con riferimento alla condotta del rappresentante pubblico, per la Cassazione, non è problematica la possibilità astratta di configurare la truffa aggravata nel segno del principio di specialità, È la disciplina del peculato per induzione in errore, a presentarsi come speciale rispetto all’altra, «proprio perchè caratterizzata dalla precedente disponibilità giuridica, sia pur concorrente, in ordine al bene oggetto di appropriazione».
Secondo un altro orientamento, invece, l’articolo 314 sanziona in particolare l’abuso del possesso, e colpisce in particolare il tradimento di fiducia del soggetto al quale l’ordinamento ha attribuito la possibilità di disporre in autonomia della cosa affidatagli. Se però si configura anche un’attività di frode e inganno, allora manca l’abuso del possesso e si configura invece quello della funzione, con la possibile contestazione allora del reato di truffa.
Inps, al via domande per vacanze gratis
Fonte:ADNKRONOS
Una vacanza estiva presso località turistiche italiane o estere gratis, o quasi. E' quanto offre il nuovo bando di concorso bandito dall'Inps, in scadenza il prossimo 26 marzo, che prevede l'assegnazione di contributi per trascorrere un soggiorno in Italia o fuori dai confini nazionali durante la stagione estiva 2018. In particolare, l'istituto di previdenza riconosce "un contributo a totale o parziale copertura del costo di un pacchetto turistico", da fruire nei mesi di luglio, agosto e settembre 2018, che dovrà comprendere, oltre alle coperture assicurative, spese di vitto e alloggio, eventuali spese di viaggio, spese per la partecipazione ad un corso a tema ed eventuali spese connesse a gite, escursioni, attività sportive ed attività ludico-ricreative. Vediamo, di seguito, tutte le informazioni utili per candidarsi.
A CHI E' RIVOLTO - Il bando è rivolto a tre categorie: pensionati iscritti alla Gestione Unitaria delle prestazioni creditizie e sociali, coniugi e figli conviventi disabili; pensionati utenti della Gestione Dipendenti Pubblici, coniugi e figli conviventi disabili; pensionati della Gestione Fondo ex IPOST, coniugi e figli conviventi disabili.
NUMERI DA RICORDARE - E' possibile presentare la domanda di partecipazione al concorso dalle 12 dell'8 marzo fino alle 12 del 26 marzo 2018. Nel caso del Fondo Gestione unitaria delle prestazioni creditizie e sociali/Gestione dipendenti pubblici i posti a disposizione ammontano a 1000 per soggiorni di otto giorni/sette notti mentre salgono a 2mila per soggiorni di durata pari a quindici giorni/quattordici notti. Per quanto riguarda la Gestione Fondo Ipost, invece, i contributi disponibili sono 250 per soggiorni di otto giorni/sette notti e 600 per soggiorni di quindici giorni/quattordici notti.
IMPORTI CONTRIBUTI - L'importo massimo di ciascun contributo è di: a) 800 euro per il contributo riferito ad un soggiorno in Italia o all'estero di durata pari a otto giorni/sette notti; b) 1.400 euro per il contributo riferito al soggiorno in Italia o all'estero di durata pari a quindici giorni /quattordici notti. "Fermi restando gli importi massimi concedibili - spiega l'Inps - con riferimento a ciascun beneficiario e a ciascun partecipante, il valore del contributo erogabile è determinato in misura percentuale sull'importo più basso tra il contributo massimo erogabile e il costo del soggiorno, in relazione al valore Isee del nucleo familiare di appartenenza.
"Per i vincitori - riferisce ancora l'Inps - entro il 28 giugno 2018 l'Istituto disporrà nei confronti del richiedente il pagamento di un acconto, pari al 80% dell'importo del contributo. In caso di beneficiari subentrati a seguito dello scorrimento delle graduatorie, la liquidazione dell'acconto sarà disposta entro il 10 luglio 2018".
COME FARE DOMANDA - La domanda deve essere presentata dal soggetto richiedente la prestazione esclusivamente per via telematica, accedendo dalla home page del sito internet istituzionale www.inps.it, inserendo nel motore di ricerca le parole 'Estate INPSieme Senior'. "Il richiedente la prestazione - specifica l'Inps - all'atto della presentazione della domanda, deve aver presentato la Dichiarazione Sostitutiva Unica (DSU) per la determinazione dell'Isee ordinario". Inoltre, chi vuole candidarsi deve essere in possesso del codice Pin Inps. Chi ancora non ce l'ha può richiederlo online, rivolgersi al contact center oppure recarsi a uno sportello Inps.
INPS: convenzione con il Ministero della Salute per la comunicazione dello stato di ricovero
Fonte:dpl
L’INPS e il Ministero della Salute hanno adottato una convenzione per la comunicazione dello stato di ricovero dei titolari di indennità di accompagnamento, indennità di frequenza, assegno sociale e assegno sociale sostitutivo di invalidità civile.
Grazie a tale convenzione, l’Inps acquisirà le informazioni in possesso del Ministero della Salute sullo stato di ricovero, allo scopo di operare la verifica del diritto delle prestazioni nei confronti dei soggetti che non presentano la prevista dichiarazione di responsabilità e il controllo di veridicità delle dichiarazioni o certificazioni presentate.
Il ricovero in strutture con oneri a carico del SSN (di durata superiore a 29 giorni), infatti, implica la sospensione o la riduzione di alcune prestazioni erogate dall’Istituto.
I dati acquisiti permetteranno di ridurre gli adempimenti per i cittadini, in quanto le informazioni relative a ricoveri gratuiti – che attualmente sono trasmesse dagli utenti all’INPS tramite la presentazione del Modello Invalidità Civile Ricovero (ICRIC) – saranno inviate direttamente dal Ministero della Salute all’Istituto.
Questo consentirà all’Inps di risparmiare fino a 9 milioni all’anno, attualmente spesi per il servizio offerto dai CAF in relazione alla presentazione dei moduli ICRIC.
La semplificazione consentita dal protocollo, inoltre, faciliterà l’Istituto nel contrasto agli abusi.
Assegnazione temporanea pubblico dipendente: solo un dissenso motivato può escluderla
Le tutele per i militari, l'art. 41 bis d. lgs. 151/01 e il pensiero del Tar Lombardia sulla questione
Fonte:studiocatali di Avv. Francesco Pandolfi –
Quello dell'assegnazione temporanea del pubblico dipendente è un tema trattato diverse volte e da diverse prospettive, sempre con l'intento di chiarire la portata dell'importante disposizione normativa posta a tutela della famiglia e soprattutto del minore.
Il caso
Oggi approfittiamo di una recente sentenza della Terza Sezione del Tar Lombardia, la n. 644 del 6 marzo 2018, per proseguire il dibattito e cercare di capire quando è giusto e coerente che l'amministrazione, specie quella militare, neghi l'assegnazione temporanea per tre anni e quando invece, negandola, finisce per violare il precetto posto dall'art. 42 bis d. lgs. n. 151/01 aggiornato dalla Legge n. 124/2015.
Cosa chiede il dipendente
Ora, nella pratica, accade che a seguito della nascita di un figlio, il dipendente presenti l'istanza chiedendo di essere assegnato ad altro reparto, vicino alla sede ove il coniuge svolge la propria attività lavorativa.
L'intento è solo uno: ricongiungersi alla famiglia e prendersi cura del figlio in tenerà età, in una situazione dove entrambi i genitori sono impegnati in attività lavorativa.
Cosa fa l'amministrazione
Spesso si verifica però che l'amministrazione respinge a priori la richiesta, indicando come motivazione l'esigenza di servizio ostativa all'assegnazione temporanea, a sua volta condizionata, ad esempio, dalla complessità dell'attività di istituto nell'area regionale dove è impiegato l'interessato, oppure dalla carenza di effettivi nei ruoli, o ancora dal notevole disavanzo di personale nell'area provinciale o regionale.
5 cose da sapere per opporsi al "no" dell'amministrazione
Cosa fare in una situazione del genere e, soprattutto, quali cosa bisogna sapere prima di decidere se presentare un ricorso?
Ebbene, le cose principali da sapere prima di decidere se opporsi alla scelta dell'amministrazione di appartenenza, nel caso non dia il consenso, sono le seguenti:
1) la norma esaminata si applica ai dipendenti di tutte le amministrazioni dello Stato, anche al personale delle Forze di Polizia,
2) la norma ha lo scopo di proteggere valori di rilievo costituzionale, come la tutela del minore in tenera età,
3) l'eventuale dissenso amministrativo deve essere motivato e limitato a casi o esigenze eccezionali,
4) le ordinarie esigenze di servizio, per quanto importanti e critiche per l'amministrazione di appartenenza, non possono ostacolare il riconoscimento del beneficio dell'assegnazione temporanea del dipendente,
5) l'amministrazione, quando accorda il beneficio (o quando successivamente viene stabilito dal Tribunale a seguito di ricorso), può sopperire alla carenza momentanea dell'unità di personale trasferita utilizzando altri istituti.
In pratica
L'assegnazione temporanea disciplinata da questa norma non crea uno scompenso così grande per l'organizzazione dell'amministrazione, mentre permette la piena tutela della famiglia in una fase delicatissima quale è quella con presenza di un figlio in tenera età.
In ogni caso, si tratta solo di uno spostamento temporaneo del dipendente.
Da PensioniOggi:
Pensione Anticipata, Le regole per i parenti di secondo grado che assistono i disabili
· Fonte:pensionioggi Scritto da Valerio Damiani
I cittadini che assistono familiari con gravi disabilità dovranno fare attenzione alle condizioni e alla documentazione da produrre per accedere alla pensione anticipata con 41 anni di contributi o all'Ape sociale dai 63 anni.
Dal 1° gennaio 2018 il legislatore ha esteso leggermente le platee dei soggetti che assistono familiari con gravi disabilità destinatarie degli anticipi pensionistici. Parliamo dell'Ape sociale, conseguibile dai 63 anni unitamente ad almeno 30 anni di contributi, della pensione anticipata con 41 anni di contributi a prescindere dall'età anagrafica se risultano svolti almeno 12 mesi di lavoro effettivo prima del 19° anno di età.
Si tratta di due agevolazioni del tutto gratuite, in quanto non prevedono alcuna penalità sulla pensione, a differenza del prestito pensionistico. Dunque vanno valutate con attenzione.
Gli anticipi
Nello specifico la Legge di bilancio per il 2018 ha esteso l’accesso all’APE sociale/beneficio precoci anche ai parenti di secondo grado o agli affini entro il secondo che assistono da almeno sei mesi il soggetto convivente affetto da handicap grave di cui alla legge n. 104 del 1992 qualora i genitori o il coniuge della persona con handicap in situazione di gravità abbiano compiuto i settanta anni di età oppure siano anch'essi affetti da patologie invalidanti o siano deceduti o mancanti. Lo scorso anno le due agevolazioni erano a vantaggio, invece, solo di coloro che assistevano da almeno sei mesi il coniuge, il figlio o il genitore convivente gravemente disabile.
In sostanza quindi dal 1° gennaio 2018 possono ottenere l'Ape sociale ed il pensionamento con 41 anni di contributi anche i nonni ed i nipoti; i fratelli e le sorelle; i suoceri, i generi e le nuore, nonché il coniuge e i figli dell’altro coniuge derivanti da un precedente legame; nonchè i cognati della persona affetta da grave handicap. Per tali soggetti il legislatore subordina il beneficio all’ulteriore condizione che il coniuge/unito civilmente e i parenti di primo grado (cioè il figlio o il genitore) conviventi con la persona affetta da handicap in situazione di gravità si trovino in una delle seguenti situazioni: a) abbiano compiuto i settanta anni di età; b) risultino anch'essi affetti da patologie invalidanti; c) siano deceduti o mancanti.
Il diritto all'anticipo per i parenti di secondo grado sorge, pertanto, "a scalare", in una sorta di progressione, solo nella circostanza che i parenti entro il primo grado o il coniuge versino in una delle predette condizioni a prescindere, dunque, dal fatto che questi soggetti abbiano o meno i requisiti per l'ape sociale. Similmente a quanto previsto dal legislatore per la concessione dei permessi e dei congedi retribuiti per assistere il familiare disabile.
La procedura
Per accedere ai benefici al momento della domanda di verifica delle condizioni per l’APE sociale o il pensionamento con 41 anni di contributi il richiedente dovrà dichiarare che il coniuge/unito civilmente e i parenti di primo grado conviventi con la persona con disabilità, alla quale è riconosciuto un handicap grave ai sensi dell’articolo 3, comma 3, della legge n. 104/1992 si trovino in una delle descritte situazioni (compimento dei settant’anni d’età, patologie invalidanti, decesso, assenza).
In particolare per quanto riguarda il compimento dei settant’anni di età del coniuge/unito civilmente o parente di primo grado, basterà che quest'ultimo abbia compiuto l'età di 70 anni al momento della domanda di verifica delle condizioni di accesso all’APE sociale/beneficio precoci.
Per quanto concerne l’individuazione delle patologie invalidanti, in presenza delle quali la domanda di verifica delle condizioni di accesso all’APE sociale/precoci può essere presentata anche da parenti di 2° grado o affini entro il 2° grado, l'Inps ha indicato che occorrerà fare riferimento alle patologie a carattere permanente che attualmente consentono al lavoratore dipendente di fruire del congedo per gravi motivi familiari di cui all'articolo 4, co. 2 della legge 53/2000. Si tratta cioè delle: 1) patologie acute o croniche che determinano temporanea o permanente riduzione o perdita dell'autonomia personale, ivi incluse le affezioni croniche di natura congenita, reumatica, neoplastica, infettiva, dismetabolica, post-traumatica, neurologica, neuromuscolare, psichiatrica, derivanti da dipendenze, a carattere evolutivo o soggette a riacutizzazioni periodiche; 2) patologie acute o croniche che richiedono assistenza continuativa o frequenti monitoraggi clinici, ematochimici e strumentali; 3) patologie acute o croniche che richiedono la partecipazione attiva del familiare nel trattamento sanitario.
In tale caso il richiedente dovrà allegare, in busta chiusa, indirizzata all’ Unità Operativa Complessa/Unità Operativa Semplice (UOC/UOS) territorialmente competente, idonea documentazione del medico specialista del servizio sanitario nazionale o con esso convenzionato o del medico di medicina generale o della struttura sanitaria nel caso di ricovero o intervento chirurgico per l’opportuna valutazione medico legale (cfr. la circolare Inps 32 del 2012, paragrafo 3.1).
Con riferimento ai soggetti mancanti o deceduti vi rientrano sia le condizioni assenza naturale sia giuridica del coniuge o del figlio (es. l'assistito è celibe/nubile o non ha figli, il coniuge è già deceduto, separato legalmente o divorziato, o, in caso di scomparsa, ha ottenuto la dichiarazione di scomparsa o di morte presunta da parte del Tribunale).
Anche per i parenti di secondo grado e gli affini entro il secondo grado, lo status di soggetto che assiste e convive da almeno sei mesi con il disabile assistito deve sussistere al momento della presentazione della domanda di riconoscimento delle condizioni per l’accesso all’APE sociale/beneficio precoci (senza possibilità che gli stessi siano valutati in via prospettica entro la fine dell’anno) e deve permanere fino all’accesso al beneficio.
I benefici dal 2018
Si rammenta che i benefici per questi soggetti consistono nella possibilità di ottenere l'Ape sociale (cioè un reddito ponte erogato dall'Inps sino alla pensione di vecchiaia) a condizione di avere 63 anni e 30 anni di contributi o nella possibilità di andare in pensione anticipata con 41 anni di contributi se ci sono almeno 12 mesi di lavoro effettivo prima del 19° anno di età. Se il richiedente l'Ape sociale è una donna il requisito contributivo dei 30 anni può essere abbassato di un anno per ogni figlio entro un massimo di due anni.
Pensioni, Come si calcola l'importo della pensione di inabilità
· Fonte:pensionioggi Scritto da Franco Rossini
Ai lavoratori che conseguono la pensione di inabilità l'ordinamento riconosce una maggiorazione convenzionale da calcolarsi ormai secondo le regole contributive.
Come noto il concetto di inabilità previdenziale nel nostro ordinamento è fissato dall'articolo 2, comma 1, della legge 222/1984, che considera inabile, per il raggiungimento del diritto alla pensione nell'assicurazione generale obbligatoria dei lavoratori dipendenti e nelle gestioni speciali dei lavoratori autonomi (coltivatori diretti, coloni, mezzadri, imprenditori agricoli a titolo principale, artigiani e commercianti), l'assicurato il quale, a causa di infermità o di difetto fisico o mentale, si trovi nell'assoluta e permanente impossibilità di svolgere qualsiasi attività lavorativa (Inps, circolare 167 del 11 luglio 1984).
Oltre a questi i requisiti sanitari - che ovviamente devono essere certificati dalle Commissioni preposte ai sensi di legge - occorre il possesso di almeno cinque anni di anzianità assicurativa (è necessario, cioè, che siano trascorsi non meno di cinque anni dalla data di inizio dell'assicurazione) e di almeno cinque anni (260 contributi settimanali) di contributi di cui almeno tre (156 contributi settimanali) nel quinquennio precedente la relativa domanda. Per l'accesso a tale prestazione non è richiesto alcun requisito anagrafico.
Il beneficio della maggiorazione contributiva
Per il calcolo della misura della pensione di inabilità il nostro ordinamento riconosce un beneficio rilevante sull'importo della pensione. L'articolo 1, comma 15 della legge 335 del 1995 riformando l'articolo 2, comma 1 della legge 222/1984 attribuisce una maggiorazione, da computarsi secondo il sistema contributivo, dell'anzianità contributiva complessiva non superiore a 40 anni, aggiungendo al montante individuale posseduto al momento della decorrenza della prestazione, una ulteriore quota di contribuzione riferita al periodo mancante fino a raggiungimento del sessantesimo anno di età.
In sostanza all'invalido viene riconosciuta una maggiorazione contributiva pari alla distanza che lo separa dall'età di 60 anni (entro però un tetto di 40 anni di contributi). Si prenda ad esempio un lavoratore con 45 anni di età e 15 anni di contributi che abbia perso in modo permanente la capacità lavorativa. Ebbene in tal caso a questi spetterà sulla pensione un beneficio contributivo di 15 anni pari cioè all'età che lo separa dal 60° anno di età (60-45) che gli porterà una pensione calcolata virtualmente su 30 anni di contributi anziché 15, gli anni effettivamente versati. Di converso se il lavoratore avesse invece già 60 anni o 40 anni di contributi non avrebbe diritto ad alcun beneficio contributivo.
Con riferimento ai lavoratori che hanno almeno una parte della pensione soggetta al calcolo contributivo (cioè assicurati che hanno meno di 18 anni di contributi al 1995, oppure assicurati con più di 18 anni di contributi al 1995 che chiedono la liquidazione della pensione di inabilità a partire dal 1° febbraio 2012) per quantificare l'importo del bonus si parte dalle medie contributive pensionabili possedute negli ultimi 5 anni dall'assicurato rivalutate ai sensi dell'articolo 3 comma 5 del decreto legislativo 503/92 (cfr: Circolare Inps 180/1996). Si sommano cioè le ultime 260 settimane di retribuzione prima del pensionamento - o il minor numero esistente - dopo averle rivalutate annualmente per i coefficienti di rivalutazione della Quota B della pensione come individuati dal decreto legislativo 503/1992. Il risultato ottenuto viene moltiplicato per l'aliquota di computo della gestione (33% del reddito prodotto per i lavoratori dipendenti) e diviso per 260 settimane ottenendo in questo modo la media contributiva settimanale rivalutata dell'ultimo quinquennio lavorato.
Il risultato deve essere, quindi, moltiplicato per il numero di settimane intercorrenti tra la data di decorrenza della pensione di inabilità e il raggiungimento dell'età di 60 anni fermo restando che in ogni caso non può essere computata un'anzianità contributiva complessiva superiore a 2080 settimane (40 anni). Si ottiene in tal modo la quota di contribuzione riferita al periodo mancante al raggiungimento del sessantesimo anno di età da aggiungere al montante individuale determinato in relazione ai periodi di contribuzione eventualmente fatti valere dall'assicurato tra il 1 gennaio 1996 (o dal 1° gennaio 2012 se l'assicurato è nel sistema retributivo sino al 2011) e la data di decorrenza della pensione di inabilità. La contribuzione relativa alla maggiorazione di anzianità contributiva non e' soggetta alla rivalutazione sulla base della variazione media quinquennale del PIL.
Questo valore dovrà, quindi, essere aggiunto al montante contributivo che dà luogo alla determinazione della quota di pensione contributiva. Resto inteso che nella traduzione del montante complessivo in pensione annua dovrà utilizzarsi il coefficiente di trasformazione legato all'età di decorrenza della pensione di inabilità (e dovrà essere quello relativo all'età di 57 anni per i soggetti che accedono alla prestazione prima di tale età anagrafica).
Pubblico impiego
Appare utile ricordare che le regole appena descritte si applicano anche ai lavoratori iscritti alle gestioni esclusive dell'assicurazione generale obbligatoria (Ctps, Cpdel, Cpi, Cps e Cpug, FFSS) ai quali come noto, dal 1996, è stata estesa questa prestazione. In tal caso l'anzianità non sarà espressa in settimane bensì in giorni. Nei confronti d tuttavia l'importo della pensione con i benefici di cui sopra è soggetta ad un doppio tetto: non può superare l'80% della base pensionabile delle quote di pensione determinate con il sistema retributivo (Quota A e Quota B di pensione per i lavoratori in possesso di anzianità contributiva al 31.12.1995) nè l'importo del trattamento privilegiato che sarebbe spettato al dipendente in caso di infermità riconosciuta dipendente da causa di servizio (cfr: Circolare Inpdap 57/1997). Quest'ultimo requisito, in realtà, appare non più verificabile in quanto la Legge Fornero ha abolito, dal 6 dicembre 2011, l'istituto della pensione privilegiata per la generalità dei dipendenti pubblici civili (ad eccezione del comparto difesa e sicurezza e soccorso pubblico).
Il beneficio può valere anche diverse centinaia di euro in più al mese, cifra che l'invalido si porterà dietro per tutta la durata della prestazione di inabilità. Tale beneficio, appare utile ricordarlo, non si applica invero all'assegno ordinario di invalidità che viene erogato ove la capacità lavorativa dall'assicurato sia ridotta in modo permanente in misura superiore a 2/3.
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