COMUNICATO UILPA VENEZIA
Si porta a conoscenza che a far data dal 9 Marzo 2018 la UILPA di Padova e Rovigo è stata accorpata alla UILPA di Venezia.
Pertanto da tale data le mail Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo. e Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo. non sono più attive.
La mail attiva per scrivere al Segretario regionale UILPA del Veneto e segretario UILPA per le province di Venezia Padova e Rovigo UILPA Massimo Zanetti è Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo. e, unicamente per situazioni urgenti, è contattabile al numero 331 715.06.34
COMUNICATO da UILPA VICENZA
Collega III qualifica funzionale in qualità di Funzionario giudiziario in forza al Tribunale di Vicenza è interessata ad un trasferimento presso Padova o Treviso. Chi fosse interessato può scrivere a Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.
COMUNICATO STAMPA UIL
La UIL celebra la Giornata Internazionale della Donna, rendendo omaggio alle 21 donne elette all’Assemblea Costituente nel convegno “La Costituzione è donna. L’Assemblea Costituente e il principio di uguaglianza”.
Un principio da rispettare e realizzare ogni giorno, rimuovendo tutti gli ostacoli, economici e sociali che limitano o disconoscono l’uguaglianza fra i cittadini. In tal senso, seppur alcuni dati economici mostrano segnali positivi, tuttavia i più recenti dati sull’occupazione femminile evidenziano ancora differenze di genere significative. Secondo i dati Istat, il tasso di occupazione femminile è al 49,3%, mentre quello maschile al 66,9%. In Italia, sono aumentate le famiglie monoparentali e, in molte di esse, il capofamiglia è una donna, con contratti, spesso, a tempo determinato o part time involontari.
Evidenti ancora le differenze fra le regioni che vedono le donne del Sud fortemente penalizzate e, infine, desta molta preoccupazione, il gender pay gap. Su questo punto la UIL sta spendendo le proprie forze, anche attraverso la contrattazione, per realizzare quel principio di uguaglianza fra i sessi e fra gli abitanti delle regioni d’Italia, senza operare alcuna discriminazione tra le persone. In questo senso, l’Accordo Interconfederale CGIL, CISL e UIL, sul nuovo sistema di relazioni industriali e modello contrattuale, contiene l’impegno di tutte le parti a superare le discriminazioni di genere e le differenze salariali fra i sessi.
Sanzione «leggera» (richiamo scritto) per chi usa senza autorizzazione il Pc del superiore assente
Fonte: 24oredi Guido Befani
L’utilizzo per finalità personali del computer del superiore gerarchico non qualifica il relativo comportamento quale “contegno indecoroso”, quanto, invece, come un atteggiamento semplicemente scorretto nei confronti del superiore stesso, soggetto all’applicazione della sanzione del richiamo scritto. È quanto afferma il Tar Catania, con la sentenza n. 344/2018.
Indennità di turno per trasferta
Fonte: Aran
L’Aran in un recente orientamento risponde ad un quesito sulla possibilità di riconoscere l’ indennità di turno ad un agente della polizia locale che per motivi di lavoro si deve recare in trasferta fuori dal proprio comune.
RAL_1956_Orientamenti Applicativi
E’ possibile corrispondere l’indennità di turno ad un agente della polizia locale che, inserito di una organizzazione del lavoro in turno, in una giornata deve recarsi in trasferta, al di fuori del proprio territorio comunale, per recarsi presso uffici di altre amministrazioni?
In presenza di una organizzazione del lavoro per turni (presenti tutti i requisiti espressamente stabiliti a tal fine dall’art.22 del CCNL del 14.9.2000), la relativa indennità può essere erogata al personale interessato solo se abbia effettivamente reso la propria prestazione lavorativa nell’ambito del turno di assegnazione.
Infatti, l’art.22, comma 6, del CCNL del 14.9.2000 chiaramente dispone che: “L’indennità di cui al comma 5 è corrisposta solo per i periodi di effettiva prestazione di servizio in turno.”.
Proprio la precisa formulazione della clausola contrattuale, non consente l’erogazione della stessa in tutti i casi in cui sia mancata la effettiva prestazione di servizio in turno.
Quindi non solo nelle ipotesi di assenza dal servizio (qualunque sia la causa dell’assenza: ferie, malattia, ecc.), ma anche in quelle particolari fattispecie nella quale, pur essendo formalmente in servizio, il dipendente interessato comunque non rende la propria prestazione nell’ambito dell’organizzazione del turno, come nel caso in cui lo stesso partecipa ad un corso di formazione o come quello prospettato, in cui il dipendente viene inviato in missione, ma pur svolgendo le proprie mansioni ed adempiendo alle proprie funzioni, non svolga comunque attività lavorativa in turno.
Cassazione: lo stress da troppo lavoro va indennizzato
Allegata la sentenza
Possono essere indennizzate tutte le malattie fisiche o psichiche riconducibili al lavoro, anche se il rischio non è tabellato
FONTE:STUDIO CATALDI di Valeria Zeppilli –
Le malattie contratte a causa dello stress lavorativo vanno indennizzate dall'Inail a prescindere dal fatto che le stesse siano o meno correlate a rischi considerati specificamente nelle apposite tabelle.
L'ordinanza numero 5066/2018 della sezione lavoro della Corte di cassazione (qui sotto allegata) ci ricorda infatti che, con riferimento al rischio tutelato di cui all'articolo 1 del TU n. 1124/1965, rileva non soltanto il rischio specifico proprio della lavorazione ma anche il rischio specifico improprio, non strettamente insito nell'atto materiale della prestazione ma con essa collegato (attività prodromiche e di prevenzione, attività sindacali, pause fisiologiche e così via).
La causa di lavoro
Ma non solo. Come riconosciuto dalla stessa Corte di cassazione già con la sentenza numero 5577/1998 (e confermato poi dall'articolo 10, comma 4, della legge numero 38/2000), l'obbligo dell'assicurazione contro le malattie professionali vige per tutte le malattie, anche diverse da quelle indicate nelle tabelle allegate al testo unico o da quelle causate da una lavorazione specificata o da un agente patogeno contemplato dalle medesime tabelle. L'unica cosa che conta, infatti, è che delle malattie sia provata la causa di lavoro.
Di conseguenza, la possibilità per il lavoratore di provare l'origine professionale di qualsiasi malattia comporta necessariamente la scomparsa dei criteri selettivi del rischio professionale, "non potendosi sostenere che la tabellazione sia venuta meno solo per la malattia e sia invece sopravvissuta ai fini dell'identificazione del rischio tipico".
Disturbi dell'adattamento
In definitiva quindi, nell'ambito del sistema del Testo Unico, possono essere indennizzate tutte le malattie fisiche o psichiche riconducibili al rischio del lavoro, riguardante sia la lavorazione, sia l'organizzazione del lavoro, sia le modalità con le quali il lavoro stesso si esplica. Ciò vuol dire che l'Inail deve pagare, come nel caso deciso con la sentenza in commento, anche i gravi disturbi dell'adattamento con ansia e depressione contratti a causa dello stress lavorativo dovuto a un numero elevatissimo di ore di lavoro straordinario.
Riscatto della laurea a fini pensionistici. La guida per aumentare il proprio assegno previdenziale Allegato
FONTE: https://www.tecnicadellascuola.it/ Di Andrea Carlino
Contributo 2018 per distacchi sindacali
FONTE:ILPERSONALE
Con la circolare n. 9 del 6 marzo 2018, il Ministero dell’Interno fornisce le istruzioni per la presentazione della certificazione relativa al contributo erariale per l’anno 2018 per il finanziamento della spesa sostenuta nell’anno 2017 per il personale cui è stato concesso il distacco per motivi sindacali.
Cessione del quinto: i costi rimborsabili in caso di estinzione anticipata ALLEGATA
FONTE: http://www.altalex.com/ Articolo, 08/03/2018
Da PensioniOggi:
Calcola la Pensione con l'Opzione Donna
Simula con PensioniOggi.it l'impatto dell'opzione al sistema contributivo per i lavoratori dipendenti ed autonomi del settore privato e del pubblico impiego.
Come noto uno dei principali problemi per chi intende uscire esercitando l'opzione per il sistema contributivo sta proprio nella determinazione della misura dell'assegno, spesso non semplice da verificare. L'opzione per il calcolo contributivo può essere esercitata da lavoratori e lavoratrici che hanno meno di 18 anni di contribuzione al 1996 ed almeno 15 anni di contributi di cui almeno 5 successivi al 31.12.1995 (art. 1, co. 23 della legge 335/1995). Oppure dalle sole lavoratrici che hanno raggiunto 57 anni e 35 anni di contribuzione al 31.12.2015 (art. 1. co. 8 della legge 243/2007 e successive modifiche ed integrazioni). In entrambi i casi è necessario avere contribuzione antecedente al 1996.
Le variabili da cui dipende il valore dell'assegno in caso di opzione sono molteplici. Un primo fattore da ponderare è certamente l'età di uscita, più tardi si esercita l'opzione minore sarà l'impatto sulla pensione dato che il coefficiente di trasformazione dei montanti contributivi sarà superiore. L'altro è verificare se il soggetto ha maturato 18 anni di contributi entro il 1995 e, quindi, se ha diritto a mantenere il calcolo retributivo sino al 2011. In questa ipotesi, infatti, l'impatto del passaggio al sistema contributivo è maggiore e rischia di decurtare l'assegno in misura più significativa rispetto a coloro che hanno meno di 18 anni di contributi alla data indicata.
Terzo punto, il più importante, riguarda la carriera lavorativa dell'interessato. In linea generale se si è goduto di retribuzioni elevate sin dall'inizio della carriera lavorativa e nel periodo di riferimento (1986-1995 per gli assicurati presso l'AGO; 1993-1995 per il pubblico impiego) l'impatto è generalmente ridotto o, addirittura, può portare ad un risultato positivo. Ove, invece, come di regola accade, i livelli retributivi più elevati sono stati raggiunti alla fine della carriera lavorativa l'impatto dell'opzione sarà più inteso sull'assegno dato che si perdono i vantaggi del sistema retributivo che, come noto, agganciano buona parte del reddito pensionistico agli ultimi anni di lavoro.
Per avere un'indicazione dell'importo dell'assegno PensioniOggi ha messo a disposizione agli utenti e professionisti i programmi sotto indicati a seconda della tipologia di lavoratore (settore privato o pubblico impiego). Per il loro utilizzo è sufficiente inserire i dati anno per anno così come riportato nell'estratto conto contributivo. Occorre fare attenzione a compilare i dati retributivi relativi agli anni 1986-1995 (1993-1995 per il pubblico impiego) dato che questo periodo assume una rilevanza particolare nel calcolo.
Programma per il calcolo della Pensione per i lavoratori nel settore privato (AGO, Artigiani, Commercianti, Coltivatori Diretti e Gestione dei lavoratori parasubordinati)
Programma per il calcolo della pensione per i lavoratori statali (Dipendenti Statali, Comparto Difesa e Sicurezza e FFSS).
Programma per il calcolo della pensione per i lavoratori dipendenti degli enti locali e della sanità (Cpdel, Cpi, Cps e Cpug)
Leggi Tutto: http://www.pensionioggi.it/strumenti/calcolo-opzione-donna#ixzz5990mrhre
Pensioni, Niente maggiorazioni al militare che cessa il servizio senza diritto a pensione
La Corte Costituzionale ha respinto la questione di legittimità costituzionale sollevata dalla Corte dei Conti della Regione Lombardia. Il militare che cessa il servizio senza diritto a pensione non può valorizzare ai fini pensionistici la maggiorazione di un terzo per il servizio di volo.
Niente maggiorazione del servizio di volo per i militari che cessino dal servizio senza aver conseguito il diritto alla pensione. Lo ha stabilito la Corte Costituzionale con sentenza numero 39 del 1° marzo 2018 in cui i giudici hanno bocciato la questione di legittimità costituzionale sollevata dalla Sezione regionale della Corte di Conti della Lombardia dell'articolo 124 del DPR 1092/1973 (testo unico delle norme sul trattamento di quiescenza dei dipendenti civili e militari dello Stato).
La questione riguardava due dipendenti dell’Aeronautica militare in pensione, che erano cessati dal servizio militare senza aver raggiunto il diritto a pensione e che, quindi, avevano costituito la posizione assicurativa presso l’Istituto nazionale della previdenza sociale (INPS) ai sensi dell'articolo 124 del DPR 1092/1973 nella versione vigente prima dell'abrogazione operata dalla legge 122/2010. I due militari chiedevano, anche in esito al predetto trasferimento gratuito, di poter beneficiare della maggiorazione di un terzo prevista dall’art. 20 del d.P.R. n. 1092 del 1973 per il periodo di servizio di volo prestato alle dipendenze dell’Aeronautica militare.
La questione ha assunto subito un rilievo Costituzionale atteso che le sezioni riunite della Corte dei conti, nelle sentenze n. 8 del 27 maggio 2011 e n. 11 del 21 giugno 2011, avevano negato il beneficio a tutti i militari che erano cessati dal servizio senza aver maturato il diritto alla pensione. Dato che l'esito del giudizio sarebbe stato sfavorevole per i due dipendenti era stata sollevata la questione di legittimità costituzionale sulla scorta del fatto che la negazione del beneficio ai militari cessati dal servizio senza diritto a pensione avrebbe violato l'articolo 3 della Costituzione e determinato «un’ingiustificata penalizzazione retroattiva», sprovvista di ogni ragione apprezzabile.
Nelle sue motivazioni la Corte dei Conti della Lombardia osservava che il servizio di volo, valutato nella posizione assicurativa costituita presso l’INPS, sia «oggettivamente identico», a prescindere dal fatto che il militare maturi o meno il diritto alla pensione al momento della cessazione dal servizio. Sarebbe stato irragionevole, pertanto, una riqualificazione del medesimo servizio alla luce di una circostanza successiva allo svolgimento del servizio di volo stesso.
La decisione della Consulta
La Corte Costituzionale ha, tuttavia, respinto la questione di legittimità costituzionale sollevata dalla Corte dei Conti negando, quindi, la possibilità per i due militari di godere della maggiorazione del servizio di volo nel caso di specie. Secondo la Consulta "l’aumento convenzionale dell’anzianità di servizio si configura come un trattamento di favore, preordinato a garantire una particolare tutela per la gravosità e i rischi del servizio prestato". Ma i limiti di tale scelta sono rimessi all’apprezzamento discrezionale del legislatore, "che ne delimita i rigorosi presupposti oggettivi e soggettivi, in armonia con i princìpi di eguaglianza e ragionevolezza".
Secondo i giudici "la scelta di limitare la concessione del beneficio ai militari e ai dipendenti civili che cessino dal servizio dopo avere acquistato il diritto alla pensione non contrasta con il principio di eguaglianza. Il giudice a quo prende le mosse dall’assunto che, a parità di servizio speciale prestato, debba essere identico il trattamento previdenziale e che sia arbitraria ogni distinzione fondata su un elemento estraneo alla ratio dell’aumento convenzionale dell’anzianità di servizio. Tale assunto non può essere condiviso, poiché accosta in chiave comparativa singoli aspetti di un’articolata disciplina previdenziale, senza avere riguardo alla ratio che la ispira".
Nelle sue motivazioni la Consulta spiega che "i servizi speciali, che determinano l’aumento figurativo dell’anzianità, sono valutati solo dopo che siano raggiunti i requisiti di legge per ottenere la pensione, in una prospettiva che abbraccia l’intero percorso lavorativo. Nell’àmbito di una tale valutazione onnicomprensiva, il conseguimento del diritto alla pensione non configura un dato accidentale ed estrinseco, ma rappresenta un tratto distintivo di rilievo cruciale, che rivela l’eterogeneità delle fattispecie poste a raffronto e giustifica il trattamento differenziato dei servizi speciali di chi non abbia maturato il diritto alla pensione".
"Collocata in un orizzonte sistematico di più ampio respiro, - concludono i Giudici - la disciplina censurata non determina dunque sperequazioni arbitrarie, ma rispecchia un bilanciamento tra contrapposti interessi, che tiene conto della diversità delle situazioni comparate e non travalica i limiti della ragionevolezza e della proporzionalità". I militari, pertanto, che cessano dal servizio senza aver acquisito il diritto a pensione perdono la possibilità di valorizzare le maggiorazioni contributive per le determinate attività lavorative svolte.