Fonte:sole24ore di Giuseppe Bulgarini d’Elci
In un rapporto di lavoro nel quale assume rilievo anche il risultato della prestazione, in termini di quantitativo minimo di contratti conclusi o di vendite realizzate, la legittimità del licenziamento per scarso rendimento presuppone che il datore di lavoro dimostri non solo il rilevante scostamento dai risultati attesi, ma anche che la causa dello scarso rendimento è direttamente riconducibile ad un’evidente negligenza del lavoratore nell’esercizio delle mansioni. La decisione La Corte di cassazione (sentenza n. 26676/2017)
Fonte:il personale
Ai fini dell’accertamento del requisito reddituale previsto per l’attribuzione della pensione di inabilità prevista dall’art. 12 della legge n 118/1971, deve tenersi conto anche della posizione reddituale del coniuge dell’invalido. È quanto stabilito dalla recente sentenza n. 26493 della Corte di Cassazione.
Ciò è in linea con i generali criteri del sistema di sicurezza sociale, che riconoscono alla solidarietà familiare una funzione integrativa dell’intervento assistenziale pubblico, non potendo invece trovare applicazione la regola della esclusione dal computo dei redditi percepiti da altri componenti del nucleo familiare dell’interessato (tale regola vale, ai sensi del comma V solo per l’assegno mensile di cui alla legge n 118/1971)
Conferimento incarichi dirigenziali e danno da perdita di chance
Fonte:ilpersonale
La Corte di Cassazione con sentenza n. 26694 del 10 novembre 2017, afferma che, a fronte di domanda di risarcimento del danno da perdita di chance deve accertarsi una concreta e non meramente ipotetica probabilità dell’esito positivo della selezione e solo qualora detto accertamento si concluda in termini positivi vi potrà essere spazio per la valutazione equitativa del danno, da effettuare in relazione al canone probabilistico riferito al risultato utile perseguito.
Il Caso
I ricorrenti chiedono la condanna del Comune di Roma al risarcimento del danno da perdita di chance, per aver conferito incarichi dirigenziali in assenza di valutazioni comparative.
La decisione
In tema di pubblico impiego, laddove il comportamento dell’Ente si riveli contrario ai principi di correttezza e buona fede, nonché ai canoni di imparzialità, efficienza e buon andamento, può configurarsi un inadempimento suscettibile di produrre un danno risarcibile.
Respinte le obiezioni proposte da un’Azienda sanitaria. Accolte le richieste di un operatore sanitario dipendente di una struttura ospedaliera in Abruzzo. Secondo i giudici ci si trova di fronte ad adempimenti connessi a una prestazione diligente. Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza n. 27799/17; depositata il 22 novembre)
Fonte:legge per tutti
Il mobbing può essere provato mediante certificati medici, conversazioni e telefonate, ma fondamentali sono le testimonianze.
Il mobbing consiste nei reiterati e prolungati comportamenti ostili del datore di lavoro ai danni del dipendente: si parla, in questo caso, di mobbing verticale. Al contrario, quando le pratiche moleste giungono dai colleghi, si parla di mobbing orizzontale. In entrambi i casi, comunque, la vittima subisce dei soprusi che hanno dei risvolti negativi sia sulla sua carriera che sulla sua salute. Spesso il lavoratore mobbizzato si sente isolato e non sa come provare le vessazioni che subisce. Vediamo come testimoniare il mobbing.
Il lavoratore che subisce il mobbing (verticale o orizzontale che sia) può denunciare le condotte vessatorie in Tribunale e ottenere il risarcimento del danno arrecato alla propria salute. Per ottenere il risarcimento, però, occorre necessariamente provare l’esistenza dei comportamenti illeciti, prolungati nel tempo, che siano stati la causa effettiva di un danno fisico o psicologico [Cass., sent. n. 898/2014 del 17.01.2014.].
Nello specifico, la persona mobbizzata deve dimostrare:
Il lavoratore vittima di mobbing spesso non sa come provare in giudizio la sua particolare condizione. Ciò è dovuto anche allo stato di isolamento in cui si trova a causa della situazione in cui è costretto a vivere. Come dimostrare il mobbing in giudizio? E, soprattutto, come provarlo per testimoni?
Abbiamo detto che i certificati medici sono essenziali per provare le patologie derivanti dal mobbing. Questa documentazione, però, difficilmente può dimostrare che le condotte poste in essere dal datore o dai colleghi siano reali. Pertanto, fondamentali per il lavoratore sono le testimonianze di quanti, avendo assistito ai fatti (perché, ad esempio, presenti sul luogo di lavoro) sono in grado di dichiarare la sussistenza del mobbing. È necessario che il testimone fornisca indicazioni chiare sulle modalità di condotte tenute dal datore di lavoro (o dagli altri colleghi, nel caso di mobbing orizzontale), in modo che il giudice possa desumere l’effettiva illiceità delle stesse.
Il problema è che spesso i colleghi non sono disposti a testimoniare, soprattutto nelle ipotesi di mobbing verticale, cioè di quello posto in essere dal datore, per il timore di ritorsioni da parte di quest’ultimo. D’altronde, nemmeno potrebbe testimoniare un collega che subisce le stesse condotte persecutorie: il codice di procedura fa divieto di testimoniare a quanti abbiano un interesse che potrebbe legittimare la loro partecipazione al giudizio [Art. 246 cod. proc. civ.].
Potrebbero essere chiamati a testimoniare anche eventuali collaboratori o stagisti a tempo determinato, i quali hanno assistito al mobbing; ovvero, qualunque persona, anche esterna all’ambiente lavorativo, alla cui presenza sia accaduto un episodio spiacevole: il fattorino, il cameriere del bar che è solito portare il caffè, il tecnico chiamato per fornire assistenza.
È chiaro, però, che la testimonianza ideale è soltanto quella che sia in grado di dimostrare il protrarsi nel tempo della condotta incriminata, in quanto, come detto, non è sufficiente un singolo episodio di vessazione.
Importante potrebbe essere la testimonianza o l’interrogatorio libero dell’eventuale coniuge o dei figli, in particolare qualora si volesse dimostrare l’esistenza di un danno alla vita di relazione o familiare in senso ampio.
Importanti, al fine della prova del mobbing, sono anche le comunicazioni tra il dipendente vessato e l’autore del mobbing: per esempio, e-mail, lettere, messaggi dal cui contenuto si evince l’intento persecutorio. Purtroppo, secondo la Corte di Cassazione, non è possibile registrare le conversazioni con il datore o i colleghi per provare il mobbing posto in essere da questi ultimi, in quanto questa condotta viola il diritto di riservatezza dei lavoratori sul luogo di lavoro [Cass., sent. n. 26143/2013 del 21.11.2013.]. Addirittura, la registrazione nascosta giustificherebbe il licenziamento in tronco del dipendente.
I moltiplicatori che servono per calcolare l’importo della pensione determinata con il metodo contributivo saranno piu' bassi di circa il 2% dal 2019 rispetto ai valori attuali. E' il risultato dell'applicazione degli adeguamenti alla speranza di vita di cinque mesi registrati dall'Istat lo scorso mese di ottobre e che saranno recepiti in un decreto interministeriale Lavoro-Economia entro la fine del 2017. I nuovi coefficienti faranno registrare una riduzione che a seconda dell’età di accesso alla pensione, oscillerà tra l'1 ed il 2,50%.
La revisione dei coefficienti, legati all’età alla quale si va in pensione (sono più bassi se si esce dal lavoro prima e più alti se si esce dopo), è stata prevista a fronte dell’allungamento della vita media dalla Riforma Sacconi del 2010 e dalla Legge Fornero del 2011. Ipotizzando che si riceve l’assegno per più tempo, a parità di età di uscita dal lavoro, l’importo, legato ai contributi versati nella propria vita lavorativa, sarà più basso. La revisione è già scattata nel 2010, nel 2013 e nel 2016 e dal 2019 scatterà ogni due anni in quanto non è stata oggetto di revisione nel confronto che si è appena concluso tra Governo e sindacati.
La novità impatta sulla quota contributiva della pensione (la cd. quota C) e quindi colpisce in modo particolare i giovani, che hanno una maggiore fetta dell'assegno determinata proprio con il sistema contributivo: si ricorda infatti i lavoratori che avevano almeno 18 anni di contributi entro il 1995, la quota contributiva decorre solo sulle anzianità contributive accreditate dal 1° gennaio 2012 per effetto della riforma Monti-Fornero; mentre per tutti gli altri la quota contributiva decorre dal 1996 in poi. Per i primi dunque l'effetto sarà meno sensibile perchè la parte dell'assegno sino al 2011 resta agganciata al sistema retributivo ma per i secondi gli effetti saranno piu' intensi.
Per sterilizzare questi effetti negativi occorrerà lavorare di più. Ed infatti non a caso l'aggiornamento dei coefficienti arriva in contemporanea con lo scatto della speranza di vita che, dal 2019 costringerà i lavoratori a rimanere sul posto di lavoro per altri 5 mesi rispetto ai valori attuali. Una circostanza che compenserà la riduzione dei coefficienti in questione.
La tavola sottostante mostra la riduzione dei coefficienti di trasformazione nel tempo: dal 1996 ad oggi (in attesa della comunicazione ufficiale dei nuovi valori dal 2019). Come si nota dal 1996 al 2016 la riduzione media è risultata pari a circa il 10%: ciò significa che un assicurato che nel 2000 andava in pensione a 57 anni con una quota contributiva dell'assegno pari a 1.000 euro, il medesimo lavoratore che andasse in pensione nel 2017 conseguirebbe un assegno inferiore a 900 euro; per riagganciare il valore di mille euro il lavoratore dovrebbe pensionarsi non più a 57 anni ma a 61 anni, ben quattro anni più tardi, perchè la speranza di vita in questi anni è aumentata.
I nuovi coefficienti saranno applicati a tutte le prestazioni pensionistiche erogate dall'Inps che avranno decorrenza dal 1° gennaio 2019 a prescindere dalla data di risoluzione del rapporto di lavoro. I lavoratori che hanno già maturato un diritto a pensione hanno pertanto la convenienza ad uscire entro la fine del 2018 affinché il trattamento pensionistico venga messo in pagamento con i coefficienti più generosi.
Alla conclusione del confronto svolto con le Organizzazioni sindacali CGIL, CISL e UIL presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri in merito agli interventi di natura sociale e previdenziale previsti dalla manovra di bilancio per l’anno 2018, anche alla luce dei contenuti del verbale sottoscritto il 28 settembre 2016, il Governo conferma la propria valutazione positiva circa il carattere costruttivo del dialogo instaurato con le OO.SS., in continuità con il percorso che ha condotto nello scorso anno al raggiungimento della citata intesa.
Il Governo, rilevato che la manovra di bilancio 2017 – in attuazione del citato accordo – ha impegnato risorse per circa 7 miliardi di euro in tre anni (circa 26 miliardi in 10 anni) per il finanziamento di misure in favore dei pensionati e a sostegno della flessibilità in uscita;
1) segnalato che il disegno di legge di bilancio 2018 prevede già l’ampliamento di alcune delle suddette misure nel contesto di una manovra complessiva che, pur nei ristretti margini di bilancio, si connota per l’introduzione di uno sgravio strutturale a sostegno dell’occupazione stabile dei giovani che garantisce l’invarianza degli accrediti ai fini pensionistici, lo stanziamento aggiuntivo di risorse per il rinnovo dei contratti del pubblico impiego, l’innalzamento delle soglie di reddito per beneficiare del bonus “80 euro” e per il contrasto alla povertà e gli incentivi agli investimenti pubblici e privati;
2) segnalato, in particolare, che la manovra per il 2018 prevede, sul tema della valorizzazione del lavoro di cura, ai fini del primo riconoscimento di tale principio anche con riferimento alle lavoratrici ricomprese nel sistema retributivo e misto, l’introduzione di un requisito contributivo ridotto per le lavoratrici con figli ai fini dell’accesso all’Ape sociale per il 2018;
3) confermato l’impegno a garantire, a partire dal 2019, il ripristino del meccanismo di rivalutazione dei trattamenti pensionistici basato su “scaglioni di importo”, come previsto dalla legge n. 388 del 2000;
4) ritenendo gli interventi citati come il coerente e graduale sviluppo, nell’ambito dei contingenti vincoli di bilancio, della piattaforma sottoscritta nel 2016;
conferma l’intenzione di proseguire nell’attuazione dell’accordo del 2016, nel rispetto dei saldi di bilancio e con riguardo anche alla sostenibilità di medio-lungo periodo del debito, a garanzia della reputazione finanziaria del Paese e della stessa sussistenza dei presupposti futuri per il pieno recepimento dei contenuti dell’accordo.
In particolare, con riguardo ai temi individuati nell’ambito del documento del 28 settembre 2016, il Governo si impegna a proporre l’adozione, ove necessario con norma di legge, delle seguenti misure:
Sul tema delrapporto tra demografia e previdenza, a fronte dell’adeguamento dei requisiti di accesso al pensionamento per il 2019 all’incremento della speranza di vita registrato dall’ISTAT e fermi restando i princìpi – già richiamati nel verbale del 2016 – dell’adeguamento dei requisiti pensionistici alla speranza di vita e della sostenibilità di medio-lungo termine della spesa:
al fine di garantire un andamento più lineare dell’adeguamento alla speranza di vita dei requisiti di accesso al pensionamento, con effetto dallo scatto biennale del 2021, la revisione strutturale del meccanismo di calcolo dell’adeguamento stesso, attraverso le seguenti modifiche: l’assunzione per il calcolo dell’adeguamento della media della speranza di vita nel biennio di riferimento rispetto a quella del biennio precedente; l’assorbimento di un’eventuale riduzione della speranza di vita relativa al biennio di riferimento, da portare in riduzione dell’adeguamento successivo; la fissazione di un limite massimo di tre mesi per ciascun adeguamento futuro, da riassorbire nell’ambito dell’adeguamento successivo qualora sia registrato un incremento superiore;
l’immediata esenzione di 15 categorie di occupazioni particolarmente gravose dall’innalzamento previsto per il 2019 del requisito anagrafico per la pensione di vecchiaia e del requisito contributivo per la pensione anticipata: 11 categorie già individuate ai fini dell’Ape sociale e 4 categorie aggiuntive con particolari indici di infortunistica e di stress da lavoro correlato (operai e braccianti agricoli, marittimi, addetti alla pesca, siderurgici di prima e seconda fusione e lavoratori del vetro addetti a lavori ad alte temperature non già ricompresi tra i lavori usuranti di cui al decreto legislativo n. 67 del 2011). L’esenzione è condizionata allo svolgimento di attività gravose da almeno sette anni nei dieci precedenti il pensionamento, nonché, al fine degli effetti per il requisito anagrafico, al possesso di un’anzianità contributiva pari ad almeno 30 anni;
ai fini della rilevazione su base scientifica della gravosità delle occupazioni, anche in relazione all’età anagrafica dei lavoratori, l’istituzione di una apposita Commissione tecnica di studio presieduta dal presidente dell’ISTAT e composta da rappresentanti del Ministero dell’economia e delle finanze, del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, del Ministero della salute, di ISTAT, INPS e INAIL, con la partecipazione di esperti indicati dalle organizzazioni maggiormente rappresentative sul piano nazionale dei datori di lavoro e dei lavoratori e la consultazione di esperti e accademici di istituzioni nazionali, comunitarie e internazionali. La Commissione conclude i lavori entro il 30 settembre 2018 ed entro i dieci giorni successivi il Governo presenta al Parlamento una relazione sugli esiti dei suoi lavori.
Sul tema della previdenza complementare, l’introduzione di incentivi idonei a incrementare significativamente la percentuale di adesione dei lavoratori del settore pubblico, in particolare attraverso: la parificazione della tassazione sulle prestazioni di previdenza complementare per i dipendenti pubblici al livello di quella dei privati; la previsione, con norma di legge, di forme di adesione basate anche su sistemi di silenzio-assenso, come definite dalle parti istitutive dei Fondi, destinate ai pubblici dipendenti che saranno assunti in futuro. Tali forme devono garantire l’ampia e trasparente informazione dei soggetti alle quali sono dirette.
Con riguardo all’esigenza di approfondire la comparazione della spesa previdenziale a livello internazionale, l’istituzione di un’apposita Commissione tecnica di studio presieduta dal presidente dell’ISTAT e composta da rappresentanti del Ministero dell’economia e delle finanze, del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, del Ministero della salute, di ISTAT, INPS e INAIL, con la partecipazione di esperti indicati dalle organizzazioni maggiormente rappresentative sul piano nazionale dei datori di lavoro e dei lavoratori e la consultazione di esperti e accademici di istituzioni nazionali, comunitarie e internazionali. La Commissione conclude i lavori entro il 30 settembre 2018 ed entro i dieci giorni successivi il Governo presenta al Parlamento una relazione sugli esiti dei suoi lavori.
Al fine di consentire un più largo accesso agli ammortizzatori sociali finanziati dal FIS (Fondo di integrazione salariale), il Governo si impegna a incrementare il limite normativo di erogabilità delle prestazioni da 4 a 10 volte l’ammontare dei contributi dovuti da ciascuna azienda richiedente la prestazione.
Il Governo si impegna altresì a garantire:
all’esito della rideterminazione per il 2018 e gli anni successivi delle previsioni di spesa per l’APE sociale e per i lavoratori precoci nell’ambito dei limiti di spesa programmati, l’utilizzo delle risorse già stanziate per le medesime annualità a copertura delle modifiche normative orientate alla piena esigibilità delle prestazioni, nonché;
all’ampliamento della platea alle nuove categorie di attività gravose;
all’allargamento, fino a un massimo di un anno per ogni figlio entro il limite massimo di due anni, dei requisiti di accesso alle prestazioni per le lavoratrici con figli, al fine di avviare il processo di superamento delle disparità di genere e dare primo riconoscimento al valore sociale del lavoro di cura e di maternità svolto dalle donne;
con l’obiettivo di consentire la proroga e in prospettiva la messa a regime dell’istituto dell’Ape sociale al termine del periodo di sperimentazione, l’accantonamento in un apposito fondo dei risparmi di spesa, come eventualmente accertati per gli anni 2019 e seguenti attraverso la rideterminazione delle previsioni di spesa nell’ambito dei limiti di spesa programmati.
Infine, confermando il percorso tracciato nel documento del 28 settembre 2016, il Governo ribadisce la volontà di continuare il dialogo con le OO.SS., anche nell’ambito di apposite sedi di confronto, al fine di affrontare le altre problematiche individuate nel medesimo documento, nel rispetto dei vincoli di bilancio e della sostenibilità di medio-lungo termine della spesa pensionistica e del debito.
In particolare, il Governo riconosce la necessità di dare priorità alla discussione sui temi: della sostenibilità sociale dei trattamenti pensionistici destinati ai giovani, al fine di assicurare l’adeguatezza delle pensioni medio-basse nel regime contributivo, con riferimento alla flessibilità sia per la pensione anticipata che per quella di vecchiaia; dello sviluppo della previdenza complementare nel settore privato nell’ambito di un confronto aperto anche alle rappresentanze delle organizzazioni dei datori di lavoro.
La legge di bilancio amplia i beneficiari del reddito di inclusione dal prossimo anno. Dopo le critiche piovute per la scarsità delle famiglie coinvolte nella misura l'articolo 25 del testo del disegno di legge di bilancio per il 2018 apporta tre correzioni importanti circa la platea dei destinatari che dal prossimo anno potranno beneficiare del sostegno al reddito.
Come noto il Dlgs 147/2017 ha istituito,a decorrere dal 1° gennaio 2018, il Reddito di inclusione (ReI), quale misura unica a livello nazionale di contrasto alla povertà e all'esclusione sociale (le domande potranno essere presentate a partire dal 1° dicembre 2017). Come noto per accedere al REI saranno necessarie tre ordini di condizioni: una legata alla cittadinanza e soggiorno del richiedente (il REI può essere concesso ai cittadini italiani e comunitari; familiare di cittadino italiano o comunitario non avente la cittadinanza di uno Stato membro; titolari di diritto di soggiorno o di diritto di soggiorno permanente; cittadino straniero in possesso del permesso di soggiorno UE per soggiornanti di lungo periodo; il richiedente deve essere residente in Italia per via continuativa da almeno due anni); una seconda legata allo status familiare (potranno godere del REI, in sede di prima applicazione, i nuclei familiari con figli minori o con disabilità o con donna in stato di gravidanza o con disoccupati ultracinquantacinquenni a causa di licenziamento); la terza legata all'accertamento di una condizione di bisogno economico legata al mancato superamento di un determinato livello ISEE e al rispetto di taluni requisiti sul tenore di vita.
Ebbene la prima modifica della legge di bilancio sopprime il riferimento alle specifiche circostanze legate allo stato di disoccupazione - per licenziamento, anche collettivo; dimissioni per giusta causa o risoluzione consensuale; aver cessato, da almeno tre mesi, di beneficiare dell'intera prestazione per la disoccupazione - del componente di età pari o superiore a 55 anni.
Pertanto, dal 1° gennaio 2018 quali requisiti transitori per accedere al ReI in fase di prima attuazione rimangono: minore, disabile, donna in stato di gravidanza, componente di età pari o superiore ai 55 anni in stato di disoccupazione. Ad esempio, anche gli ultra55enni la cui disoccupazione sia conseguenza della scadenza del contratto a termine in un primo tempo esclusi, avranno diritto alla REI (a condizione naturalmente di rispettare gli altri requisiti economici e di tenore di vita).
La seconda modifica estende dal 1° luglio 2018, la platea dei beneficiari a tutte le famiglie in condizioni di difficoltà economica: decadono infatti i requisiti collegati alla composizione del nucleo familiare richiedente, di cui vengono considerate esclusivamente lecondizioni economiche. Da tale data, i nuclei familiari richiedenti dovranno quindi solo risultare in possesso dei requisiti cittadinanza e soggiorno, di quelli riferiti alla condizione economica e al godimento di beni durevoli e ad altri indicatori del tenore di vita elencati dall’articolo 3, comma 1, del D.Lgs. 147/2017. La novità è degna di nota perchè consentirà l'accesso al REI anche ai nuclei familiari che non hanno un minore, un disabile, un disoccupato ultra55enne o una donna in stato di gravidenza, e la misura assumerà carattere universale.
La terza modifica proposta nella Legge di Bilancio per il 2018 è l'incremento del massimale annuo riferito alla componente economica del ReI del dieci per cento rispetto al valore dell'assegno sociale, incrementandolo così a 6.406,4 euro. In termini sostanziali, poiché l’unica tipologia familiare con beneficio potenziale sopra il massimale è, a legislazione vigente, quella dei nuclei con 5 o più componenti, viene accresciuto il beneficio massimo del ReI per tali nuclei dagli attuali 485,41 euro mensili fino a circa 534 euro (si veda tavola sottostante
Secondo la relazione tecnica al provvedimento l’incremento del massimale comporta anche un leggero incremento della platea di beneficiari che, per questa tipologia, passano da un numero di 100,1 mila a 106 mila, mentre nel complesso i beneficiari potenziali del ReI si attestano a 499,8 mila.
L’estensione della platea dei beneficiari e l’incremento del beneficio sono resi possibili da un maggiore impegno finanziario. Lo stanziamento del Fondo Povertà viene incrementato di: 300 milioni nel 2018; 700 nel 2019; 665 milioni nel 2020; 637 milioni annui a decorrere dal 2021. Viene inoltre previsto,dal 2020, un incremento dello stanziamento del Fondo per finalità da individuare con il Piano nazionale per la lotta alla povertà e all'esclusione sociale pari a: 235 milioni di euro nel 2020; 263 milioni di euro annui a decorrere dal 2021.
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Barbagallo: «se l'Europa protesta qualche risultato sulle pensioni lo abbiamo ottenuto»
«Smontare la Fornero e separare previdenza da assistenza»
“ Se il vicepresidente della Commissione europea, Valis Dombrovskis, chiede al governo italiano di non fare altri passi indietro sulla riforma delle pensioni, vuol dire che qualche risultato nel confronto con il Governo lo abbiamo davvero ottenuto. Anzi, la Uil avrebbe voluto che se ne fossero fatti altri di passi e ci stiamo già attrezzando affinché ciò accada in futuro: la Fornero è una legge iniqua e va smontata pezzo dopo pezzo. Comunque, l’Europa stia tranquilla: il nostro sistema previdenziale è assolutamente sostenibile. Piuttosto, visto che sono così attenti agli equilibri tra gli Stati si preoccupino di chiedere al nostro Paese di separare la previdenza dall’assistenza così come già accade in altri Paesi europei. Se si considerasse la sola spesa previdenziale netta, l’incidenza sul Pil scenderebbe all’11%, con una spesa pensionistica pro capite inferiore di oltre 1.000 euro a quella di Francia e Germania e, comunque, inferiore alla media europea. Insomma, nella realtà, siamo più penalizzati di quanto vogliono fare apparire.”
Proietti(UIL): grazie al sindacato aggiunti interventi che saranno recepiti nella L. di Bilancio
“Gli impegni assunti ieri dal Governo sulla Previdenza sono importanti. È bene non dimenticare che nella legge di Bilancio 2018, il Governo non aveva previsto alcun intervento sulle pensioni. Grazie all’azione del sindacato e ad un confronto sviluppatosi negli ultimi 20 giorni, sono stati definiti 12 interventi che saranno recepiti nella legge di Bilancio.
Fra le principali misure ci sono l’esenzione per 15 categorie di lavoro gravoso dall’adeguamento alla speranza di vita, la revisione strutturale del suo meccanismo e la costituzione di una commissione scientifica per studiare le aspettative di vita nei diversi settori lavorativi. Il Governo si è impegnato ad estendere l’ape sociale e la pensione anticipata per i precoci ad operai e braccianti agricoli, ai marittimi, ad addetti alla pesca, ai siderurgici di prima e seconda fusione e ai lavoratori del vetro addetti ad alte temperature ed a prorogare l’ape sociale al 2019. Si è riconosciuta la necessità di eliminare le disparità di genere che penalizzano le donne con un primo intervento che prevede un anno di anticipo - fino ad un massimo di due - per ogni figlio, sull’anzianità contributiva per l’accesso all’ape sociale. Si costituisce un fondo nel quale confluiranno tutte le risorse non spese per interventi previdenziali e, finalmente, si istituisce una commissione per separare la spesa assistenziale da quella previdenziale. Viene estesa la fiscalità di vantaggio ai lavoratori pubblici nella previdenza complementare, con una riduzione di quasi 10 punti. C’è, inoltre, l’impegno a rendere più flessibili e adeguate le pensioni dei giovani.
Questi interventi costituiscono un ulteriore passo in avanti per cambiare la legge Monti-Fornero, dopo gli importanti provvedimenti dello scorso anno.
Per la UIL, la vertenza “previdenza” continua e si svilupperanno tutte le iniziative necessarie nei riguardi del Parlamento e delle forze politiche, per avviare la “fase 3”.”
Un nuovo modello di formazione per RLS
RLS fondamentale nel sistema della prevenzione e della salute e della sicurezza dei lavoratori
Comunicato Stampa UIL - ITAL
Segretaria Confederale UIL Silvana Roseto - Presidente ITAL Giovanni Torluccio
“La UIL e l’ITAL, attraverso il Comitato Tecnico Scientifico CTS UIL-ITAL, hanno realizzato un nuovo schema formativo per la Formazione Obbligatoria dei RLS.
Il Rappresentante dei Lavoratori per la Sicurezza (RLS), è un soggetto fondamentale del Sistema della Prevenzione e deve avere le conoscenze adeguate per poter valutare le situazioni aziendali e proporre ulteriori ambiti di Prevenzione e miglioramento.
A questo fine abbiamo pensato fosse opportuno rimodulare i Corsi di Formazione Obbligatoria per RLS, definiti dalla Norma e dall'Accordo Stato-Regioni, mantenendo ovviamente invariata la durata obbligatoria (32 ore di cui 20 di rischi generali e 12 specifici) ed i contenuti minimi di legge.
Obiettivo di questo Nuovo Modello Formativo è il miglioramento delle capacità del RLS di coinvolgere i lavoratori e partecipare attivamente alla valutazione dei rischi.
Si prefigge inoltre l’obiettivo di rafforzare realmente il Ruolo del RLS in azienda, sul territorio e nei siti produttivi e di agevolare il RLS nel rapporto con i soggetti interessati: Lavoratori, Datore di Lavoro, Medico Competente, Organi di Vigilanza.
L’adozione di questa Proposta Formativa può contribuire a dare più voce e maggiore consapevolezza e capacità d’intervento ai Rappresentanti dei Lavoratori per la Sicurezza ed a rilanciare le iniziative per il miglioramento della tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori.
Come UIL e ITAL riteniamo quindi opportuno mettere “gratuitamente” a disposizione il Materiale del Corso con la possibilità di scaricare il tutto attraverso uno specifico LINK sulla pagina Salute Sicurezza della UIL e sul sito dell’ITAL.”