Prescrizione contributi previdenziali ex INPDAP:
IN ALLEGATO la nota UILPA e atto di “diffida e messa in mora”
INPS: Mutui Gestione Dipendenti Pubblici
FONTE:INPS
Il servizio, riconoscendo l'utente che esegue l'autenticazione tramite PIN, permette di eseguire:
AVVISO: data pubblicazione 06/11/2017
Si ricorda che, per i titolari di mutuo a tasso fisso in ammortamento che alla data dell'1 luglio 2017 non presentino situazioni di morosità, il termine per la presentazione della domanda di variazione del tasso fisso è stato prorogato al 29/12/2017. Per la modalità di presentazione della domanda e della successiva accettazione, qualora sussistano i requisiti per l'inoltro, si fa rinvio alle informazioni reperibili nel sito www.inps.it seguendo il percorso Prestazioni e Servizi>Tutti i servizi>Domande mutui ipotecari edilizi>Autenticazione (con PIN dispositivo), nonché nella nota di accompagnamento a corredo del MAV relativo alla rata semestrale di pagamento dei mutui ipotecari con scadenza dicembre 2017.
AVVISO: data pubblicazione 07/06/2017
AVVISO IMPORTANTE: si comunica che, con determinazione n. 89 del 25 maggio 2017 (che sarà reperibile sul sito istituzionale www.inps.it nella sezione "Amministrazione trasparente / Provvedimenti / Provvedimenti organi di indirizzo politico"), il Presidente dell'I.N.P.S. ha disposto di adeguare il tasso di interesse con il metodo del loan to value (LTV), ovvero il rapporto tra il mutuo concesso ed il valore dell'immobile come risultante dalla perizia estimativa. I nuovi tassi saranno applicati:
a) a tutte le nuove domande di mutuo a tasso fisso presentate dall'1/09/2017;
b) su domanda (da presentare dall'1/09/2017 al 23/11/2017) dei mutuatari a tutti i mutui a tasso fisso in ammortamento alla data del 1º luglio 2017, che non presentino situazioni di morosità a tale data;
c) ai mutui a tasso fisso stipulati dal 1º luglio 2017 con applicazione dei nuovi tassi fissi già in fase di pre-ammortamento.
Per le modalità e i termini di presentazione della domanda di cui ai punti b) e c) si rimanda alle comunicazioni ed informazioni che saranno disponibili sul sito internet www.inps.it utilizzando il seguente percorso Prestazioni e servizi> Tutti i servizi> Domande mutui ipotecari edilizi> Autenticazione (con PIN dispositivo).
Pensioni dipendenti pubblici, rischio di perdere i contributi
Fonte: legge per tutti
C’è tempo fino al 31 dicembre 2017 per segnalare i periodi di contribuzione mancanti per i lavoratori della pubblica amministrazione.
Sei un dipendente pubblico? Controlla subito il tuo estratto conto contributivo dell’Inpdap: se ci sono errori, difatti, hai tempo solo fino al prossimo 31 dicembre [Inps Circ. 94/2017.] per segnalarli, diversamente rischi di perdere i periodi non accreditati, o accreditati in modo sbagliato, e di pensionarti più tardi o con una pensione più bassa. Si tratta di un problema non da poco, causato dai trasferimenti di dati negli archivi dell’ex Inpdap (la gestione previdenziale alla quale è iscritta la generalità dei dipendenti pubblici), segnalato in diverse circolari dell’Inps già da tempo [Inps Circ. 49/2014 e 148/2014.]. L’Inps, a tal proposito, afferma di avere già avvertito tutti i dipendenti pubblici con un’apposita campagna, ma in molti, tra gli utenti potenzialmente coinvolti, affermano di non sapere nulla. Gli errori non più sanabili, in ogni caso, si riferiscono ai periodi anteriori al 2012. Se anche tu sei in questa situazione, vediamo che cosa puoi fare.
Controllo dei contributi
La prima cosa che puoi fare è controllare i contributi che mancano verificando l’estratto conto dell’Inpdap. Puoi trovare l’estratto conto all’interno del sito web dell’Inps, nella sezione Fascicolo previdenziale del cittadino: all’interno della pagina, puoi verificare sia l’estratto conto Inps che quello Inpdap.
Attenzione però, per accedere devi essere in possesso del codice Pin dispositivo, oppure dell’identità unica digitale Spid di 2° livello, o della carta nazionale dei servizi: diversamente, puoi farti assistere da un patronato.
Segnalare i contributi mancanti
Se ti sei accorto che mancano dei periodi lavorati nell’estratto conto Inpdap, o dei contributi figurativi accreditabili d’ufficio (se sono accreditabili su domanda, devi prima accertarti di aver inviato l’apposita domanda ovviamente), oppure che un riscatto o una ricongiunzione che hai pagato interamente non risultano, devi subito fare una segnalazione all’ente. Per segnalare l’omissione, devi accedere al sito dell’Inps, sezione Fascicolo previdenziale del cittadino, funzione RVPA. Attraverso questa funzione potrai riferire subito all’Inpdap errori e omissioni, e l’ente correggerà il tuo estratto conto.
Segnalazione contributiva
I periodi di contribuzione mancanti, nella generalità dei casi, possono essere segnalati all’Inps attraverso la funzione Segnalazione contributiva, anch’essa disponibile all’interno del sito dell’Inps, sezione Fascicolo previdenziale del cittadino. Tuttavia questo servizio on-line vale per le gestioni Inps diverse da quelle dei dipendenti pubblici, per cui, per l’ipotesi specifica di errori nell’estratto conto ex Inpdap, si consiglia di ricorrere alla funzione RVPA. Se i periodi mancanti, invece, si riferiscono a contribuzione accreditabile nell’Inps, si deve utilizzare la generale funzione di segnalazione contributiva.
Fonte: legge per tutti
Il datore di lavoro può far smaltire le ferie arretrate del dipendente prima di metterlo in pensione.
In prossimità della pensione, se il dipendente ha ancora delle ferie arretrate, ha diritto a richiedere l’indennità sostitutiva o è obbligato a smaltire i periodi di riposo non ancora goduti astenendosi dal lavorare? Chi decide in questi casi: il dipendente o il datore di lavoro? Le risposte a queste domande sono state fornite ieri da una interessante sentenza della Cassazione [Cass. sent. n. 27206/2017]; la Corte ha chiarito insomma se, prima della pensione, le ferie non godute sono obbligatorie. Per comprendere il problema ricorriamo a un esempio.
Immaginiamo un dipendente che stia per maturare l’anzianità contributiva per ottenere l’agognata pensione. Poiché alle spalle ha ancora ferie arretrate, chiede al datore di lavoro di compensargli il riposo con l’indennità sostitutiva prevista dal suo contratto collettivo, in modo tale da aumentare la retribuzione e, di conseguenza, anche la stessa pensione. Il datore, invece, al fine di contenere i costi aziendali – e forse anche un po’ per liberarsi il prima possibile del dipendente ormai poco produttivo – gli impone di rimanere a casa e di smaltire le ferie non godute. Il lavoratore invece insiste per esercitare quello che, a suo avviso, è un diritto di scelta tra le ferie e la liquidazione delle stesse in busta paga. Chi dei due ha ragione?
Secondo la Cassazione, in caso di mancata fruizione delle ferie e dei riposi compensativi da parte del dipendente, l’azienda può imporgli la fruizione “obbligata” prima del pensionamento, al fine di prevenire possibili richieste di pagamento della relativa indennità sostitutiva. Il datore di lavoro è infatti libero di stabilire i tempi delle ferie dei propri dipendenti in base alle esigenze aziendali, esigenze che possono consistere anche nella semplice necessità di contenere i costi del personale. Del resto è la stessa Costituzione che garantisce all’imprenditore la libertà nell’organizzazione e direzione della propria azienda, ed è quindi lui a decidere se valersi ancora del dipendente e monetizzare le ferie non godute oppure se imporre il riposo obbligato.
Si tenga infine conto di questo importante aspetto. Le ferie arretrate possono essere utili, ai fini del conteggio dei requisiti per la pensione solo se vengono effettivamente godute dal lavoratore, non invece se sono solo retribuite. Quindi il dipendente che, ad esempio, al momento del pensionamento, ha ancora sei mesi di ferie arretrate ed opta per l’indennità sostitutiva delle ferie, tale l’importo va ad aumentare la misura della pensione ma non anche i periodi di contribuzione. Per far sì che le ferie arretrate possano incrementare la retribuzione è necessario trovare un accordo con l’azienda rimandando il momento delle dimissioni dopo aver smaltito tutte le ferie. Ma, come appena chiarito dalla Cassazione, tale accordo non è un diritto del dipendente e il datore di lavoro ben può invece decidere unilateralmente di mandare il dipendente a casa, imponendogli il godimento obbligato del riposo, escludendo quindi la monetizzazione dello stesso in busta paga.
Fonte:legge per tutti
Il trattamento di fine servizio può essere liquidato anche dopo diversi anni dalla pensione ottenuta col cumulo, per i lavoratori della pubblica amministrazione.
Sei un dipendente pubblico, ma hai fatto in passato altri lavori e stai pensando di riunire i contributi per ottenere la pensione anticipata col cumulo gratuito? Rifletti bene: è vero che potrai ottenere la pensione più in fretta, potendo contare su un maggior numero di contributi, ma il Tfs, cioè il trattamento di fine servizio, ti sarà liquidato dopo oltre un anno dal compimento dell’età per la pensione di vecchiaia, e non dopo 24 mesi (più 90 giorni) dalle dimissioni, come avviene di solito.
Lo ha chiarito l’Inps [Inps Circ. n. 60/2017.], con una recente circolare, che riprende quanto disposto dalla legge di Bilancio 2017 [ L. 232/2016.], che ha recentemente modificato la disciplina relativa alla pensione col cumulo dei contributi.
In particolare, la legge prevede una particolare decorrenza dei termini di pagamento del Tfs, e delle indennità di fine rapporto comunque denominate, per il personale dipendente dalle pubbliche amministrazioni.
Per il personale che cessa dal servizio usufruendo del cumulo, il termine di pagamento applicabile al trattamento di fine servizio o di fine rapporto è pari a 12 mesi,più 90 giorni, decorrenti dal compimento, da parte dell’interessato, dell’età anagrafica prevista dalla Legge Fornero per la pensione di vecchiaia (attualmente pari a 66 anni e 7 mesi, 67 anni dal 2019) e non dalla cessazione del rapporto di lavoro.
Di conseguenza, se si usufruisce del cumulo per ottenere la pensione di vecchiaia, considerando che il requisito di età previsto è pari a 66 anni e 7 mesi, nulla cambia, per quanto riguarda il Tfs, rispetto a un ordinario pensionamento di vecchiaia.
Può ritrovarsi ad attendere anni e anni in più, invece, il dipendente che usufruisce della pensione anticipata, il cui requisito è attualmente pari a 42 anni e 10 mesi di contributi(41 anni e 10 mesi per le donne): per chi chiede la pensione anticipata col cumulo non è prevista, difatti, la possibilità di ottenere il trattamento di fine servizio dopo 24 mesi (più 90 giorni) dalle dimissioni, come avviene nella generalità dei casi per le pensioni anticipate e di anzianità, ma si devono attendere 12 mesi (più 90 giorni) dal compimento dell’età per la pensione di vecchiaia.
Facciamo un esempio per capire meglio:
Non tutti, è vero, riescono a ottenere la pensione anticipata a 60 anni, ma anche nel caso in cui la si raggiunga a 62 o a 63 anni il ritardo nel ricevere la liquidazione è notevole.
Ricordiamo, poi, che se il Tfs supera i 50mila euro, non è erogato in un’unica soluzione, ma a rate:
Ad esempio, se il Tfs è pari a 120mila euro, le rate sono tre, in quanto l’importo lordo supera i 100mila euro; la prima rata sarà pari a 50mila euro lordi, così la seconda, mentre la terza rata sarà pari alla cifra rimanente, cioè a 25.300 euro lordi.
In merito alle tempistiche di pagamento, la seconda e la terza rata vengono versate, rispettivamente, dopo 1 anno e 2 anni dalla liquidazione della prima rata.
Tornando all’esempio precedente, quindi, se il dipendente ha diritto al Tfs in tre rate, può vedere la terza rata anche 11 anni dopo la presentazione delle dimissioni.
Cassazione: ferie del lavoratore prima del pensionamento
Fonte:dpl
Con sentenza n. 27206 del 16 novembre 2017, la Corte di Cassazione ha ritenuto legittimo il comportamento di un datore di lavoro pubblico che, per non pagare la prevista indennità sostitutiva, ha obbligatoriamente messo in ferie il dirigente pubblico, vicino alla data del pensionamento per raggiunti limiti di età. Tutto questo si è verificato attraverso un provvedimento di sospensione cautelare, attesa la resistenza dell’interessato, senza il rispetto della procedura prevista dall’art. 7 della legge n. 300/1970.
La Suprema Corte, rifacendosi a precedenti decisioni (n. 15353/2012 e n. 25136/2010) ha sottolineato come tale tipo di sospensione sia legittima espressione del potere organizzativo e direttivo del datore, diretto all’efficiente svolgimento dell’attività aziendale.
Riprenderà domani il round di confronto tra Governo e parti sindacali per trovare un'intesa sulla revisione del meccanismo dell'innalzamento dell'età pensionabile dal 2019 e sul dossier "pensioni". Le posizioni delle parti restano distanti soprattutto per quanto riguarda il capitolo dei giovani e la tutela del lavoro di cura, due punti previsti nel verbale dello scorso anno che il Governo avrebbe intenzione di rimandare alla prossima legislatura.
Piccoli passi avanti sono stati invece fatti sulla speranza di vita con il Governo che ha aperto all'esenzione dal prossimo adeguamento in favore di 15 categorie professionali sia per la pensione di vecchiaia che per la pensione anticipata. L'esecutivo ha poi assicurato l'impegno a creare un fondo ad hoc per prorogare l'Ape social, l'anticipo pensionistico per le categorie più deboli, e renderla strutturale. Novità ulteriori anche sul meccanismo di calcolo della speranza di vita a cui si adegua l'età di uscita dal lavoro, con un tetto di tre mesi per i futuri scatti (biennali), dal 2021 in poi e con la possibilità di una riduzione in caso di abbassamento dell'aspettativa di vita. Modifiche marginali per i sindacati, soprattutto per la Cgil, che chiedeva un'esenzione più robusta e non limitata a poche fasce di lavoratori. Stranamente non si è discusso della proroga dell'opzione donna e della nona salvaguardia, due temi che interessano molti lavoratori e che potrebbero essere però esaminati dal Parlamento durante l'iter della legge di bilancio (qui i dettagli).
Il governo propone di bloccare l'aumento di 5 mesi anche alla pensione anticipata (e non solo di vecchiaia) per le 15 categorie dei lavori gravosi: le undici già previste per l'Ape sociale/Precoci più altre quattro: operai e braccianti agricoli; marittimi; addetti alla pesca; siderurgici di seconda fusione e lavoratori del vetro. I requisiti per l'uscita anticipata resterebbero fermi a 42 anni e 10 mesi di contributi per gli uomini e 41 e 10 mesi per le donne (invece di salire, dal 2019, rispettivamente a 43 anni e 3 mesi e 42 anni e 3 mesi); quelli per la pensione di vecchiaia resterebbero fermi a 66 anni e 7 mesi invece di schizzare a 67 anni. Il beneficio sarebbe riconosciuto a coloro che possono vantare almeno sette anni di attività gravosa negli ultimi dieci prima del pensionamento unitamente ad almeno 30 anni di contributi.
Nonostante l'apertura resta da chiarire se il beneficio sarà esteso anche ai lavori usuranti che, come noto, lo scorso anno non hanno ottenuto lo sganciamento degli adegumenti con riferimento alla pensione di vecchiaia e all'anticipata ma solo sui requisiti delle quote previsti dal Dlgs 67/2011. Dunque un'estensione, in sede di scrittura della norma, dovrebbe essere tenuta in considerazione per evitare che un addetto a mansioni gravose possa pensionarsi a 66 anni e 7 mesi e 30 di contributi nel 2019 mentre un addetto a lavori usuranti o notturni, con la stessa situazione contributiva, possa essere chiamato ad attendere i 67 anni.
Altra proposta, l'istituzione di un fondo per i potenziali risparmi di spesa con l'obiettivo di consentire la proroga e la messa a regime dell'Ape sociale, la cui sperimentazione scade nel 2018. Ad oggi, l'anticipo pensionistico, a carico dello Stato, prevede l'uscita a 63 anni, con un minimo di 30 anni di contributi (36 per i lavori gravosi). Tra le ipotesi in discussione potrebbe esserci l'estensione dell'ape sociale anche alle quattro categorie che, come pocanzi detto, godrebbero dal 2019 della sospensione dall'adeguamento alla speranza di vita. Si tratterebbe cioè degli operai e dei braccianti agricoli; dei marittimi; addetti alla pesca; dei siderurgici di seconda fusione e lavoratori del vetro. Anche costoro, in sostanza, potrebbero godere dell'Ape sociale dai 63 anni in presenza di 36 anni di contributi. Si vedrà perchè ci sono anche altre categorie che premono per l'inclusione nell'ape sociale ad iniziare dai disoccupati con contratto a termine.
Il governo punta ad una revisione "strutturale", per tutti, del meccanismo di calcolo della speranza di vita a cui si adegua l'età di pensione: dal 2021 si potrebbe considerare non solo la media del biennio confrontato con il precedente (e non più lo scarto secco tra un anno e un altro) ma anche fissare un "limite massimo di tre mesi" per ogni futuro rialzo. Se si dovesse registrare un incremento superiore, sarebbe riassorbito nell'adeguamento successivo. Si terrebbe conto anche dell'eventuale riduzione della speranza di vita relativa al biennio, che andrebbe però scalata dall'adeguamento successivo. Al via anche una Commissione tecnica di studio (composta da Mef, ministeri Lavoro e Salute, Istat, Inps e Inail) per una rilevazione "su base scientifica della gravosità" delle occupazioni, in base ai diversi lavori, "anche in relazione all'età anagrafica dei lavoratori". Si prevede che concluda i lavori "entro il 30 settembre 2018" e che "entro i 10 giorni successivi" il governo presenti al parlamento una relazione sugli esiti.
Entra nel vivo al Senato questa settimana la partita sulle pensioni. La Commissione Bilancio di Palazzo Madama ha iniziato la scrematura di oltre duecento proposte emendative al disegno di legge di bilancio nelle more delle conclusione del confronto tra Governo e sindacati sul capitolo previdenza. Giovedì scorso sono stati dichiarati inammissibili circa una sessantina di emendamenti per mancanza delle relative coperture e questa settimana è attesa la votazione finale sulle proposte che hanno superato il primo vaglio di ammissibilità, le eventuali riformulazioni e, in particolare, le proposte segnalate dai partiti politici. L'obiettivo della Commissione sarebbe quello di concentrare l'esame su dieci o venti proposte emendative.
Il Pd punta agli emendamenti proposti da Annamaria Parente, capogruppo del Pd in Commissione Lavoro, finalizzati a prorogare l’Ape sociale al 2019 ad estenderlo e rendere questo strumento più accessibile. Più nel dettaglio il PD propone una proroga anche al 2019 dell’Ape sociale tramite un fondo in cui confluiscono le economie di spesa accertate e di estendere la platea a chi, avendo maturato almeno 30 anni di contribuzione, si trova in stato di disoccupazione senza indennità da almeno 3 mesi, a seguito di licenziamento, a prescindere dal tipo di rapporto di lavoro. Una modifica necessaria per rendere meno rigido l’attuale criterio della disoccupazione, che vedeva bocciare l’80 per cento delle domande tra i senza lavoro e che penalizza, soprattutto, i disoccupati a seguito della scadenza naturale del contratto a termine.
All'interno della proposta c'è anche l'ampliamento del periodo di svolgimento del lavoro gravoso necessario per accedere all'Ape Sociale e al beneficio per i lavoratori precoci: il Pd punta a passare dall'attuale criterio che chiede un periodo minimo pari a sei anni negli ultimi sette prima del pensionamento ad un minimo di sei anni negli ultimi dieci prima del pensionamento. Dal PD c'è anche l'ipotesi di incrementare il Fondo per le non Autosufficienze ed il rifinanziamento del Fondo per l'assistenza alle persone con disabilità grave prive del sostegno familiare.
Restano in pista, poi, diverse proposte per sospendere l'adeguamento alla speranza di vita soprattutto per i cd. lavori gravosi, anticipando la prossima intesa tra governo-sindacati (qui i dettagli). Ma su questo tema è probabile che sia il Governo a produrre un emendamento al testo della manovra se l'intesa andrà in porto la prossima settimana.
Tra le altre proposte che hanno superato il primo vaglio di ammissibilità e che saranno poste in votazione c'è la nona salvaguardia per i lavoratori esodati, un provvedimento che si rivolgerebbe ad ulteriori 6mila lavoratori non inclusi nelle precedenti platee, la proroga dell'opzione donna al 31 dicembre 2018, le disposizioni in favore dei soggetti affetti da emofilia (emendamento a prima firma degli Onorevoli Favero e Susta), alcuni emendamenti proposti dall'ex Ministro del Lavoro, Maurizio Sacconi, tra cui in particolare quello che propone l'istituzione di percorsi sperimentali di accompagnamento all'età di pensione in grado di favorire il ricambio generazionale nelle aziende. Altre proposte riguardano la previdenza complementare con l'armonizzazione delle regole tra pubblico e privato, l'abolizione della rilevanza fiscale delle pensioni di guerra ai fini dell'assegno sociale, il ripristino dell'indennizzo per la cessazione definitiva dell'attività commerciale, agevolazioni economiche per il riscatto della laurea.
Da segnalare anche il tentativo di introdurre la figura del caregiver familiare con specifici diritti di natura fiscale, lavoristica e previdenziale prima del termine della legislatura. La Commissione Lavoro del Senato aveva già avviato la discussione di tre disegni di legge in materia ma, dato lo scarso tempo a disposizione, la migrazione della proposta nella legge di bilancio sarebbe l'unico modo per una rapida approvazione. Ci sono poi altre proposte sul fronte sociale come in particolare la proroga del cd. bonus bebe' ed ulteriori misure per la famiaglia