Disabili, Riparte al Senato l'esame del testo unico per il Caregiver familiare
· Fonte:pensionioggiScritto da Bernardo Diaz
All'esame della Commissione Lavoro del Senato il riconoscimento nel nostro ordinamento della figura del caregiver familiare con l'attribuzione di specifiche agevolazioni in materia fiscale, previdenziale e giuslavoristica.
Riprende questa settimana presso la Commissione Lavoro del Senato l'esame dei disegni di legge rivolti a sostenere le attività di coloro che generosamente e gratuitamente si prendono cura a domicilio di una persona per varie ragioni non autosufficiente (i cd. 'caregiver)'. I lavori in Commissione sono andati avanti a rilento in questi ultimi mesi ma sottosegretario al welfare Franca Biondelli ha espresso la volontà del Governo a raggiungere un'intesa su un testo da approvare entro la fine della legislatura frutto di una sintesi dei tre ddl (S. 2048 Pagano, S. 2128 Bignami e S. 2266 sostenuto dal Partito Democratico) all'esame della Commissione Lavoro.
Tra i benefici che i disegni di legge propongono c'è una detrazione dell'imposta sul reddito delle persone fisiche pari al 19 per cento delle spese sostenute per l'assistenza fino a un tetto massimo di 10.000 euro annui, in aggiunta alle altre detrazioni di cui eventualmente beneficia per altro motivo, a titolo di rimborso spese. Alla detrazione potrà accedere la persona che assiste il parente o affine entro il terzo grado di età uguale o superiore agli ottanta anni, non titolare di reddito ovvero possessore di una situazione economica corrispondente a un valore dell’ISEE non superiore a 25.000 euro annui, purché convivente da almeno sei mesi. Per i caregivers non titolari di reddito ovvero incapienti parzialmente o totalmente, si prevede, inoltre, l'attribuzione di una somma a titolo di rimborso spese non superiore a 1.900 euro annui. Inoltre i lavoratori dipendenti che assistano un parente o affine potranno richiedere al datore di lavoro la trasformazione reversibile del rapporto di lavoro a tempo pieno in rapporto a tempo parziale in misura non superiore al 50 per cento, per un periodo massimo di due anni.
Altri benefici sono proposti dal ddl 2128 che reca per il caregiver la copertura di contributi figurativi, equiparati a quelli da lavoro domestico,a carico dello Stato per il periodo di lavoro di assistenza e cura effettivamente svolto in costanza di convivenza, a decorrere dal momento del riconoscimento di handicap grave del familiare assistito. Tali contributi si sommano a quelli eventualmente già versati per attività lavorative, al fine di consentire l'accesso al pensionamento anticipato al maturare dei trenta anni di contributi totali. Lo stesso ddl propone l'estensione della tutela per malattie, una apposita copertura assicurativa. Il ddl 2266 propone, inoltre, la valorizzazione e sostegno della conciliazione tra attività lavorativa e attività di cura e di assistenza e specifiche campagne di sensibilizzazione. Il percorso verso un testo unifico, nonostante le aperture dell'esecutivo è, tuttavia, ancora lungo ed ha una deadline temporale costituita dalla fine della legislatura, la prossima primavera. I tempi dunque per un'approvazione sono stretti considerando che il testo dovrà, se approvato al Senato, passare alla Camera, in un calendario piuttosto fitto (da novembre le Camere saranno impegnate ad esaminare la legge di Bilancio per il 2018). Sul fronte previdenziale va menzionata tuttavia una piccola tutela previdenziale già entrata in vigore: dal 1° maggio 2017 chi assiste da almeno sei mesi il coniuge o un parente in linea retta entro il primo grado convivente può optare per l'APE sociale se in possesso di 63 anni e 30 anni di contributi oppure dell'uscita a 41 anni di contributi a prescindere dall'età anagrafica se ha lavorato almeno 12 mesi prima del 19° anno di età (qui ulteriori dettagli).
Multe e Sanzioni, Dal 2019 potranno arrivare via mail
· Fonte:pensionioggi
Ogni cittadino potrà ricevere in formato digitale (su Pec o servizio elettronico in linea con le regole Ue) ogni comunicazione e notifica, multe comprese, da parte della Pubblica amministrazione.
Addio raccomandate e vecchie cassette postali, arriva ildomicilio digitale. Entro il 2019, infatti, ogni cittadino potrà ricevere qualsiasi tipo di comunicazione avente valore legale su un indirizzo elettronico, una sorta di cassetta di posta telematica. Multe, cartelle esattoriali e altri tipi di atti o comunicazioni potranno essere recapitate al domicilio digitale invece che al vecchio e obsoleto indirizzo postale. La novità è contenuta nel decreto legislativo correttivo del Codice dell'Amministrazione Digitale (CAD), approvato la scorsa settimana dal Consiglio dei Ministri, all'interno della riforma Madia.
Il Domicilio Digitale potrà infatti coincidere con un indirizzo di posta elettronica certificata o con qualsiasi servizio elettronico di recapito conforme alle norme europee che il cittadino vorrà scegliere. Sarà immediatamente strumento di comunicazione tra le pubbliche amministrazioni, le imprese e i cittadini che lo vorranno attivare subito. E sarà valido per ricevere qualsiasi tipo di documento e di notifica, dalle raccomandate alle multe. Per questo, oltre ai registri degli indirizzi delle imprese e delle amministrazioni pubbliche già esistenti (Ini-pec e Indicepa) viene creato l'elenco dei domicili digitali delle persone fisiche e dei soggetti privati in formato aperto e liberamente consultabile.
I vantaggi ci saranno anche per i cittadini. Nella relazione tecnica del provvedimento, si legge infatti che il domicilio digitale non solo non rappresenta un costo aggiuntivo, ma anzi è "unrisparmio netto di spesa pubblica". Eliminate le spese postali, che si azzereranno con l'avvio di questa novità, si calcola che il risparmio ammonterà a circa250 milioni di euro l'anno.
Il difensore Civico Digitale
Il decreto istituisce poi la nuova figura deldifensore civico per il digitale, istituito dall'AgID (Agenzia per l'Italia Digitale) che avrà il compito di accogliere segnalazioni relative a presunte violazioni del CAD e di ogni altra norma in materia di digitalizzazione. Se la riterrà fondata, il difensore civico dovrà invitare il soggetto responsabile della violazione a porvi tempestivamente rimedio (non oltre 30 giorni). L'accentramento dell'Ufficio del difensore consentirà una più efficiente ed efficace raccolta e gestione delle istanze dei cittadini e fornirà un punto terzo di orientamento nella corretta applicazione delle disposizioni tecniche del Codice. Le singole Amministrazioni risparmieranno i costi delle applicazioni telematiche, della predisposizione dei modelli, dell'instaurazione di un iter istruttorio. Per le amministrazioni maggiormente interessate (tra le 10 e le 30), in base al numero dei servizi erogati e dei cittadini interessati, si può stimare un costo di impianto di 30-40.000 euro per ciascuna amministrazione.
Riforma Pensioni, Boeri Contrario agli sconti contributivi per le mamme
· Fonte:pensionioggi
Il presidente Inps boccia la proposta del governo, che punta a concedere una agevolazione alle donne con figli, riducendo il numero di contributi necessari per lasciare il lavoro: "Bisogna affrontare il problema di fondo, la mancanza di potere contrattuale"
Il presidente dell'Inps Tito Boeri boccia la proposta di "sconti" sull'accesso all'Ape sociale per le donne con figli, avanzata dal governo ai sindacati nei giorni scorsi (qui i dettagli) . "Bisogna evitare le scorciatoie per affrontare il problema di fondo, cioè la mancanza di potere contrattuale delle donne", ha detto Boeri durante il suo intervento alla Luiss in occasione di un manifestazione sulla condizione lavorativa delle donne.
"Leggo ripetutamente in questi giorni di proposte fatte da governo e sindacati per riforme che darebbero la possibilità alle donne madri di avere sconti anagrafici sull'età pensionabile. Intravedo in questa possibilità due o tre rischi - ha spiegato Boeri- : la scelta di andare in pensione non è solo volontaria ma anche del datore di lavoro che può sfruttare la possibilità di far uscire anticipatamente le donne con figli per ridurre la forza lavoro".
Il secondo aspetto evidenziato dal presidente dell'Inps è la "discriminazione tra chi ha figli e chi ha puntato sulla carriera. Se il messaggio che si vuole dare è aiutare le donne nel mondo del lavoro, la proposta dice il contrario". In questo senso per Boeri "il problema centrale di oggi è che le donne hanno basso potere contrattuale e su questo bisogna insistere. Le politiche non hanno fatto abbastanza. Il terzo aspetto è che non vorrei che le persone che hanno usufruito di opzione donna si trovassero spiazzate".
L'idea messa sul tavolo dall'esecutivo nel faccia a faccia con i sindacati è di concedere un taglio di sei mesi del numero di contributi necessari per prendere l'Ape sociale per ogni figlio, fino ad un tetto massimo di due anni. Che potrebbero così scendere dagli attuali 30 anni a 28 anni (34 anni nel caso di lavori gravosi) in caso di quattro figli.
Cgil: pronta la mobilitazione in assenza di risposte
La proposta del Governo non ha trovato neanche la sponda nei sindacati che hanno chiesto un riconoscimento più ampio del lavoro di cura familiare. Anche oggi il sindacato dei pensionati della Cgil ha lanciato l'avvertimento: "il confronto sta governo e sindacati sta procedendo a rilento e le proposte avanzate sono ancora parziali e insufficienti, in particolare sul riconoscimento del lavoro di cura delle donne e sulla pensione di garanzia per i giovani" ha detto Ivan Pedretti. "Nessuna novità invece sull'aspettativa di vita, nonostante le ripetute sollecitazioni da parte dei sindacati. Positivo, per ora, solo il tema della rivalutazione delle pensioni, con il ritorno al vecchio meccanismo e il recupero del potere d'acquisto dei pensionati". E così conclude: "Serve una svolta, perché il confronto deve portare a dei risultati. È del tutto evidente che in mancanza di risposte dovremo pensare a come e a quando mobilitarci".
La fine del regime sperimentale
Gli effetti per le lavoratrici sono ancora più pesanti considerando la progressiva chiusura dell'opzione donna, cioè la possibilità di anticipare l'uscita optando per il calcolo interamente contributivo. Questa facoltà, infatti, è rimasta a disposizione solo di coloro che hanno raggiunto i 57 anni (58 anni le autonome) unitamente a 35 anni di contributi al 31.12.2015. Chi non ha centrato i requisiti entro il 2015 resta fuori a meno che il Governo stabilisca una ulteriore proroga.
I canali di flessibilità introdotti nel 2017
Con l'ultima legge di bilancio il Governo ha tentato di introdurre alcuni elementi di flessibilità in particolare per le categorie di lavoratori più disagiate. Così è entrato in vigore l'Ape sociale dai 63 anni e l'agevolazione contributiva per i lavoratori precoci, cioè coloro che hanno almeno 12 mesi di lavoro effettivo prima del 19° anno di età. Queste misure sono però riservate ai soggetti in condizione di maggiore difficoltà (disoccupati, invalidi, caregivers e addetti a mansioni gravose) e peraltro entro un limite di risorse annualmente stabilite. L'unica strada per anticipare l'uscita in modo generalizzato è costituita dall'Ape volontario di cui il Governo ha firmato questa settimana il Decreto attuativo: i lavoratori che hanno 63 anni e almeno 20 anni di contributi potranno dalle prossime settimane ottenere un prestito dalle banche per un massimo di 43 mesi in attesa di raggiungere la pensione di vecchiaia da restituire, una volta in pensione, nei successivi venti anni. Un'operazione costosa, da ponderare per bene prima di attivarla, perchè poi non sarà più revocabile (qui i dettagli dei costi).
Sindacati: Occorre modificare il sistema
Il fatto che a gennaio 2018 per effetto della legge Fornero scatti l’unificazione dell’età per la pensione di vecchiaia tra uomini e donne a 66 anni e sette mesi, è un ulteriore motivo per intervenire sul sistema previdenziale, bloccando lo scorrimento in avanti dei requisiti pensionistici previsti nel 2019 in relazione all’avanzamento dell’aspettativa di vita”. E’ quanto sottolinea il Segretario Confederale della Cisl,Maurizio Petriccioli, responsabile del dipartimento previdenza. “Il fatto che in Italia l’età per l’accesso alla pensione di vecchiaia sia già la più alta in Europa deve far riflettere quanti continuano a sostenere un ulteriore allungamento dell’età pensionabile.
Tra l'altro, come la Cisl da tempo sottolinea, sono state proprio le donne in questi anni ad essere particolarmente penalizzate sul piano previdenziale perché hanno dovuto in un breve periodo di tempo adeguare i loro requisiti pensionistici a quelli dei colleghi uomini. Ecco perchè è più che necessario bloccare un ulteriore scorrimento in avanti dell'età pensionabile, sostenere le misure previste da opzione donna e prevedere, anche attraverso la contribuzione figurativa, una riduzione del requisito pensionistico che riconosca la maternità ed il lavoro di cura in modo da consentire un pensionamento anticipato per tante donne lavoratrici. Questa è una delle richieste del sindacato che porteremo nel confronto che avremo sui temi della previdenza con il Governo”.
Lavoro, Ecco le ipotesi di intervento discusse con i sindacati
· Fonte:pensionioggi
Nel tavolo di confronto con la parte sindacale l'esecutivo punta alla decontribuzione per incentivare l'assunzione dei giovani e ad alcuni ritocchi sugli ammortizzatori sociali.
Decontribuzione per i giovani neoassunti, rilancio delle politiche attive del lavoro ed alcuni ritocchi sugli ammortizzatori sociali. Sono questi i tre punti di intervento che saranno inseriti nella prossima legge di bilancio. I punti sono emersi ieri durante il round di confronto tra Governo e Parti sociali. Sulla decontribuzione è stata introdotta l’idea di uno strumento permanente nel tempo, uno sgravio della durata di due o tre anni, indicativamente del 50 per cento per i giovani. È ancora aperta la discussione sull’età che il Governo punta ad avere il più alta possibile (32-35).
Le imprese, in sostanza, vedrebbero un dimezzamento dei contributi previdenziali, la cui quota si porterebbe dal 24 al 12% dello stipendio con uno sgravio massimo di 3.250 euro l'anno, per i primi due o tre anni dall'attivazione di un contratto a tempo indeterminato, e la successiva diminuzione strutturale di entità decisamente inferiore, 3-4% per il periodo successivo. Non pare invece all'orizzonte un'ipotesi di una riduzione generalizzata delle aliquote. L'idea non convince il Presidente della Commissione Lavoro della Camera, Cesare Damiano, che spiega come sarebbe preferibile uno sconto permanente e omogeneo che eviti di stabilire una convenienza per le imprese a svantaggio dei giovani che si vorrebbero stabilizzare: "ti mantengo in azienda fintanto che gli incentivi sono alti (sconto del 12%) e poi ti licenzio e assumo altri giovani che avranno, a loro volta, incentivi alti per i primi 2-3 anni. È un meccanismo perverso che ha già mostrato i suoi limiti nella fase precedente”.
In favore dei giovani l'esecutivo punta poi all'avvio della nuova fase del programma Garanzia giovani, con una stabilizzazione degli incentivi sull’apprendistato duale e l’ipotesi di introdurre una misura sulla formazione quale il credito di imposta. Negli incontri si è anche discusso di politiche attive e ammortizzatori sociali.
Politiche attive
Per quanto riguarda i centri per l'impiego l'esecutivo Poletti ha ribadito l’impegno a chiudere in breve tempo l’accordo con la Conferenza Stato Regioni per trasferire il personale alle dipendenze delle Regioni, stabilizzare i precari e procedere con il Piano di rafforzamento dei Cpi con 1.600 unità aggiuntive grazie alle risorse del Pon Spao e del Pon Inclusione. L’accordo dovrebbe riguardare anche la definizione dei decreti sui livelli essenziali delle prestazioni, l’accreditamento e le risorse economiche. La seconda questione riguarda l’assegno di ricollocazione. Su questo punto il Governo ha assicurato la volontà di passare da una fase sperimentale a una strutturazione della misura, aprendo ad un approfondimento sulle diverse criticità riscontrate in questi mesi, non ultima l’assenza di coordinamento con le Regioni, con l’obiettivo di rendere più credibile l’offerta congrua e coinvolgendo maggiormente gli operatori del sistema delle politiche attive. L'esecutivo ha anche affrontato la possibilità di attivare l'assegno di ricollocazione nella gestione anticipata dalle crisi, cioè prima dell'accesso alla Naspi, prima del licenziamento.
Ammortizzatori sociali
Alcuni ritocchi potrebbero arrivare anche su questo fronte. I sindacati puntano, in particolare, ad una modifica del Fis (il Fondo di integrazione salariale) per coprire un più ampio numero di lavoratori e la necessità di modificare, ampliandone possibilità di utilizzo e limiti temporali, la cassa integrazione straordinaria e la Naspi per compensare la perdita dell'indennità di mobilità.
Reddito di Inclusione, Ecco i rischi se non si troveranno ulteriori risorse
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La rete di 35 associazioni del sociale chiede al governo di stanziare 7 miliardi all'anno dal 2021. Di aumentare l'assegno mensile e le risorse per le politiche di inclusione a carico dei Comuni. E soprattutto di inserire in legge di Bilancio un piano triennale contro la povertà.
L’introduzione del Reddito d’inclusione (Rei) è un’importante innovazione strutturale che riprende numerosi aspetti della misura proposta dall’Alleanza contro la Povertà in Italia, recepiti durante il dibattito parlamentare e presenti nel Memorandum siglato lo scorso aprile con il Governo. Lo scrive in un comunicato stampa la Rete delle 35 Associazioni del sociale che chiedono di stanziare ulteriori fondi per rendere più onnicomprensiva la misura. Va dato atto a Governo e Parlamento di avere conseguito un risultato importante. La prossima Legge di Bilancio rappresenterà però un passaggio storico della lotta alla povertà nel nostro Paese.
Si deciderà, infatti, se la recente introduzione del Rei costituirà l’ennesima riforma incompiuta nella storia italiana oppure il punto di partenza di un percorso capace di costruire risposte adeguate per tutti gli indigenti. Le risorse sinora rese disponibili permettono di seguire la proposta dell’Alleanza solo in modo parziale. Ad oggi, infatti, il Rei è destinato a raggiungere esclusivamente una minoranza di poveri, fornendo risposte inadeguate nell’importo dei contributi economici e da verificare nei percorsi d’inclusione sociale.
L’Alleanza propone quindi diadottare un Piano Nazionale contro la povertà 2018-2020, che prosegua il percorso iniziato con l’introduzione del Rei fino al suo completamento. Si agirà con gradualità per estendere il Rei a tutti gli indigenti, rafforzando gli interventi forniti e sostenendo l’attuazione del Rei a livello locale, dove vi è un impegno congiunto di Stato, Regioni ed altri soggetti. Alla conclusione del Piano, nel 2020, serviranno a regime circa 5,1 miliardi in più rispetto ad oggi. Solo con queste risorse e con servizi adeguati l’Italia sarà dotata di una misura nazionale contro la povertà assoluta che possa dirsi universale – ovvero rivolta a chiunque viva in tale condizione –, continuamente monitorata, adeguata nei contributi economici e nei percorsi di inclusione. Ad oggi, ricorda la Rete delle Associazioni, riceveranno il Rei solo 1,8 milioni di individui, cioè il 38% del totale della popolazione in povertà assoluta: pertanto, il 62% dei poveri ne rimarrà escluso. Il 41% dei minori in povertà assoluta non sarà raggiunto dalla misura.
Di fatto, il profilo attuale della misura dividerà i poveri in due gruppi: quelli che riceveranno il Rei, e quelli che non lo riceveranno. Tale discriminazione può essere compresa solo se temporanea e, quindi, da considerare come un primo passo nella prospettiva di un progressivo ampliamento dell’utenza. I dati elaborati dall’Alleanza invitano a non perdere di vista anche l’ammontare del contributo per evitare un rischio molto concreto: quello che volendo massimizzare il numero di beneficiari senza investire a sufficienza si assistano sempre più persone senza dar loro la possibilità di raggiungere uno standard di vita dignitoso. L’importo dell’assegno destinato alle famiglie, a seconda dei componenti, è da rivedere. Secondo le stime del governo, si tratta in media di 289 euro al mese. Per l’Alleanza contro la povertà servono almeno 396 euro (da un minimo di 316 a un massimo di 710 euro). «Occorre evitare un rischio molto concreto: quello che volendo massimizzare il numero dei beneficiari ma non investire a sufficienza nella lotta alla povertà, si ampli l’utenza senza elevare gli importi. Con il risultato di assistere sempre più persone senza dar loro la possibilità di raggiungere uno standard di vita minimo». In altri termini, si rischia di distribuire assegni non adeguati a soddisfare le esigenze primarie quali alimentazione, casa, vestiario, trasporti.
Attenzione anche ai servizi: nella costruzione dei percorsi d’inclusione la regia è in capo ai Comuni, che operano insieme al Terzo Settore, ai Centri per l’Impiego e agli altri soggetti sociali del welfare locale. Attualmente si prevede che il 15% dei finanziamenti statali contro la povertà sia destinato ai Comuni per i suddetti percorsi. Gli studi e le analisi empiriche mostrano, tuttavia, che si tratta di una percentuale inadeguata, che dovrebbe essere portata al 20%.
Povertà, Confcommercio: resta elevato il disagio sociale nel 2017
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Nonostante la crescita del Pil e la fiducia di consumatori e imprese ai massimi da dieci anni, disoccupazione e prezzi pesano ancora sugli strati più poveri della società.
Il disagio sociale resta elevato nel Bel Paese. Lo certifica il Mic, l'indicatore elaborato da Confcommercio il cui valore a luglio si è attestato su 18,4 punti, in aumento di 3 decimi di punto rispetto a giugno, mese in cui si è registrato il valore più basso da aprile 2016. L’andamento del Mic dell’ultimo mese è sintesi di una stabilità dei prezzi dei beni e servizi ad alta frequenza d’acquisto, e di un aumento, due decimi di punto, della disoccupazione estesa. La presenza di un’area del disagio sociale ancora molto ampia, nonostante il ridimensionamento registrato rispetto all’inizio dell’anno, rappresenta uno degli elementi che porta a valutare con una certa prudenza il quadro congiunturale. I molti elementi positivi emersi nei periodi più recenti potrebbero, infatti, subire un’attenuazione in assenza di dinamiche occupazionali più sostenute rispetto alle attuali.
Migliora leggermente il tasso di disoccupazione
La Confcommercio ricorda come a luglio il tasso di disoccupazione ufficiale si è attestato all'11,3% (11,2% a giugno). Il dato riflette un miglioramento sul versante degli occupati ed un peggioramento dal lato dei disoccupati. Il numero di persone in cerca di lavoro è aumentato di 61mila unità su base mensile e diminuito di 17mila unità rispetto a dodici mesi prima. Nello stesso mese il numero di occupati è aumentato di 59mila unità rispetto a giugno e di 294mila unità nei confronti di luglio del 2016. Segnali lievemente meno favorevoli, rispetto ai mesi precedenti, sono emersi, a luglio, dalla CIG. Il ridimensionamento del 22,4% su base annua delle ore autorizzate (-41,8% nei primi sette mesi) si è tradotto in un aumento delle ore di CIG effettivamente utilizzate - destagionalizzate e ricondotte a ULA - di 24mila unità su base mensile e in una diminuzione di 5mila unità su base annua (-47mila a giugno).
Sul fronte degli scoraggiati è proseguita la tendenza al ridimensionamento: 2mila unità su base mensile e 94mila su base annua. Il combinarsi di queste dinamiche ha portato ad un aumento di due decimi di punto, in termini congiunturali, del tasso di disoccupazione esteso e a una diminuzione di sei decimi nel confronto su base annua. Nello stesso mese i prezzi dei beni e dei servizi ad alta frequenza d'acquisto sono aumentati dello 0,9% su base annua, stesso valore di giugno. La conclusione della Confcommercio è che il disagio sociale nonostante i primi numeri positivi sul Pil registrati nella prima parte del 2017 fa fatica a scendere. Vedremo ora che effetto avranno le misure lanciate dal governo per far fronte al disagio sociale, a cominciare dal reddito di inserimento, che entrerà in vigore dal 1 gennaio 2018, e che dovrebbe raggiungere le famiglie più svantaggiate