ANSA - Spunta l'obbligo per i dipendenti pubblici che usufruiscono dei permessi della legge 104, o di quelli sulla donazione di sangue, di comunicare le assenze "con un preavviso di 3 giorni", per "garantire la funzionalità degli uffici e la migliore organizzazione dell'attività amministrativa". Lo propone l'Aran ai sindacati per il rinnovo del contratto degli statali. Si può ridurre il preavviso nei casi di "urgenza o necessità". L'ipotesi fa seguito all'atto di indirizzo della ministra Madia.
Quindi la proposta dell'Aran, l'Agenzia che rappresenta il governo nei negoziati, conferma la possibilità di usufruire dei 3 giorni di permesso previsti dalla legge 104 del 1992 per la tutela dei lavoratori con gravi disabilità o che assistono familiari con handicap. Per dare per certezza all'organizzazione del lavoro e quindi ai servizi, si precisa il lasso di tempo, 3 giorni, entro cui dare preavviso, prevedendo un obbligo di comunicazione. All'Aran appare inoltre "opportuno stabilire anche la possibilità di programmazione mensile della fruizione" dei permessi, quelli per la legge 104 come quelli per la donazione del sangue o del midollo osseo. E' però anche prevista "la possibilità di ridurre" il periodo di preavviso, "in caso di modifica del giorno già comunicato, ovvero nei casi di particolare e comprovata urgenza e necessità". Viene quindi posta una clausola, guardando al diritto alla salute, per dare un margine di flessibilità, rispetto a quella che sarebbe la norma generale, a chi ha un difficoltà peculiare e certificata. L'obiettivo, come indicato dalla direttiva Madia, è fare ordine e impedire gli abusi, in modo da "contemperare il legittimo diritto" dei dipendenti con "le esigenze di funzionalità degli uffici". Ad oggi le regole sul preavviso sono alquanto generiche: c'è una circolare ministrale, che risale al 2010, e che parla solo, a meno di emergenze, di "congruo anticipo" per comunicare l'assenza.
Pa, ipotesi di preavviso di 3 giorni su permessi per assistenza a familiari
FONTE: LA REPUBBLICA
La proposta dell'Aran ai sindacati nell'ambito della trattativa sul rinnovo dei contratti pubblici. Una soluzione per "garantire la funzionalità degli uffici e la migliore organizzazione dell'attività amministrativa"
- Preavviso di tre giorni per i permessi legati alla legge 104, quella che consente di assistere i familiari disabili o per la donazione di sangue. È la proposta presentata dall'Aran, Al'genzia che rappresenta il governo, ai sindacati per il rinnovo del contratto degli statali. Il prevviso servirebbe per "garantire la funzionalità degli uffici e la migliore organizzazione dell'attività amministrativa" e si ipotizza di ridurlo nei casi di "urgenza o necessità". L'ipotesi fa seguito all'atto di indirizzo della ministra Madia.
Quindi la proposta dell'Aran, conferma la possibilità di usufruire dei 3 giorni di permesso previsti dalla legge 104 del 1992 per la tutela dei lavoratori con gravi disabilità o che assistono familiari con handicap. Per dare per certezza all'organizzazione del lavoro e quindi ai servizi, si precisa il lasso di tempo, 3 giorni, entro cui dare preavviso, prevedendo un obbligo di comunicazione.
All'Aran appare inoltre "opportuno stabilire anche la possibilità di programmazione mensile della fruizione" dei permessi, quelli per la legge 104 come quelli per la donazione del sangue o del midollo osseo. E' però anche prevista "la possibilità di ridurre" il periodo di preavviso, "in caso di modifica del giorno già comunicato, ovvero nei casi di particolare e comprovata urgenza e necessità". Viene quindi posta una clausola, guardando al diritto alla salute, per dare un margine di flessibilità, rispetto a quella che sarebbe la norma generale, a chi ha un difficoltà peculiare e certificata.
L'obiettivo, come indicato dalla direttiva Madia, è fare ordine e impedire gli abusi, in modo da "contemperare il legittimo diritto"
dei dipendenti con "le esigenze di funzionalità degli uffici". Ad oggi le regole sul preavviso sono alquanto generiche: c'è una circolare ministrale, che risale al 2010, e che parla solo, a meno di emergenze, di "congruo anticipo" per comunicare l'assenza.
Oggi scatta la competenza Inps sulle visite fiscali
ALLEGATO NOTA INPS
FONTE:SOLE24ORE
Da domani entrerà in vigore il "Polo unico Inps", che si occuperà della gestione esclusiva delle visite discali sia per i dipendenti pubblici che per i privati.
Il servizio di visite fiscali dell'Ausl Toscana centro sarà effettuato esclusivamente per il personale delle forze armate, dei corpi armati dello Stato e del corpo nazionale Vigili del fuoco, nonché degli enti pubblici economici, degli enti morali e delle aziende speciali.
Per tutte le altre richieste gli enti pubblici dovranno rivolgersi all'Inps. Per informazioni è possibile rivolgersi al numero verde 803164 (gratuito da rete fissa) oppure allo 06 164164 da rete mobile.
FONTE: https://www.diritto.it/
Ci siamo: da oggi, 1° settembre, cambiano le regole per visite fiscali ai lavoratori in malattia. Parte infatti ufficialmente oggi il polo unico Inps che dovrà gestire le visite a domicilio non solo nel settore privato (come già fa), ma anche in quello del lavoro pubblico. E le novità riguarderanno tutti i lavoratori, dalla garanzia di una maggiore efficienza nell’individuare gli abusi al tanto temuto aumento delle fasce orarie di reperibilità. Ma vediamo tutto con ordine.
Le visite salgono fino a mezzo milione
Il primo dato che colpisce, tra quelli annunciati dal Presidente dell’Inps Tito Boeri, riguarda il numero di visite fiscali che saranno effettuate nel settore pubblico. L’obiettivo annunciato dell’Istituto è quello di eseguire visite per il 5% di tutti i certificati presentati, quindi almeno 300mila controlli. Un aumento importante, che però nelle parole di Boeri potrebbe essere ancora più grande: è possibile addirittura “superare il livello delle visite ai privati”, dunque arrivare a quota mezzo milione.
Un livello di efficienza più alto, dunque, nel passaggio del settore pubblico dalle Asl all’Inps. Un primo cambiamento che potrà non piacere ad alcuni lavoratori ma che sicuramente permetterà di svolgere maggiori controlli e potenziare la lotta al’assenteismo.
Particolarmente controversa è invece la novità attesa per le fasce orarie di reperibilità. Attualmente nel settore privato il dipendente malato deve essere disponibile a casa dalle ore 10 alle 12 e dalle 17 alle 19, mentre nel settore pubblico le fasce sono 9-13 e 15-18. Una disparità fondata sulla mancanza di un’organizzazione centrale: adesso però, con il passaggio di entrambi i settori sotto il polo unico Inps, si assisterà con tutta probabilità a un’armonizzazione. Che in parole povere vuol dire che presto anche i privati dovranno essere reperibili ogni giorno non più per quattro ore, come oggi, ma per sette.
Ma non solo: i controlli potranno anche avveniredue volte nel corso della stessa giornata.
Il nuovo polo unico Inps potrà avvalersi anche di specifici strumenti informatici per contrastare l’assenteismo e rendere più efficienti le visite fiscali. In particolare, labanca dati dell’Istituto permetterà agli incaricati di concentrarsi in particolare sulle assenze più a rischio e sui dipendenti più sospetti, in particolare nei giorni di malattia a cavallo di ponti, weekend e festività. La scelta di dove mandare i medici, nelle parole di Boeri, “non sarà casuale”.
Inoltre, l’Inps potrà da oggi effettuare le visite non solo su richiesta del datore di lavoro, ma anche d’ufficio. Il tutto, ancora, sulla base dei dati incrociati ricavati dal database.
Una regolamentazione e armonizzazione delle visite fiscali nei settori pubblico e privato, in effetti, serve. Le asimmetrie sono tante, e non si riferiscono solo al numero di ore durante le quali i malati devono essere reperibili presso la loro abitazione.
Fa infatti discutere come, fino a oggi, i giorni di assenza per lavoratore nell’impiego pubblico siano più del doppio di quelli tra privati. Leggendo i dati del 2015, vediamo come gli statali abbiano in media 11 giorni di malattia all’anno, mentre i dipendenti del privato solo 5. Non è un caso, ovviamente, che il controllo dell’Inps sia stato fino a oggi molto più forte nel settore privato.
Agenzia Entrate: false email in nome del Fisco
FONTE: DPL
Nuovi tentativi di truffa ai danni dei contribuenti.
L’Agenzia delle Entrate sta ricevendo in questi giorni diverse segnalazioni relative a delle email spedite ai cittadini in cui viene chiesto di attivare procedure di rimborso o di regolarizzare la propria posizione fiscale. Si tratta di email di phishing contenenti un link che, qualora cliccato, avvia il download di un virus che potrebbe danneggiare il computer dei destinatari. Le Entrate invitano coloro che ricevono queste email a cancellarle immediatamente.
Il compenso medio dei dirigenti italiani della pubblica amministrazione nel 2015 è stato di 395.400 dollari (circa 347.000 euro), il più alto dopo l’Australia nell’area Ocse, che registra in media 231.500 dollari (circa 203.000 euro). Lo afferma l’organizzazione nell’ultimo report sulla P.a.
Alti anche i compensi per i ruoli di segreteria: 55.600 dollari all’anno contro i 52.700 della media nei paesi appartenenti all’organizzazione. Contenuti gli stipendi degli impiegati pubblici con competenze specifiche, che percepiscono in media 67.900 dollari all’anno, una cifra più bassa rispetto agli 88.700 dollari nella zona Ocse
Qui nell’Info realizzata da Ocse si possono paragonare gli stipendi sulla base delle differenti funzioni e incarichi nella Pa. Basta inserire sotto il Paese e si può colorare nella scala la poszione dell’Italia rispetto alla media Ocse e a un Paese specifico.
Come si legge anche nell’articolo delSole 24 Ore.com, l’Italia, ad esempio, è seconda solo alla Germania nell’Ocse per indipendenza delle autorità di regolamentazione dei principali settori di rete. Sui conti pubblici –rileva lo studio – il deficit dell’Italia è migliorato, passando dal 5,3% del 2009 al 2,7% nel 2015, migliore del 2,8% medio Ocse, ma a causa della duplice recessione il debito resta molto elevato, avendo raggiunto nel 2015 il 157,5% del Pil – in base alle definizioni Ocse – contro una media del 112% ed è il terzo peggiore dell’area, dopo Giappone e Grecia. Il pagamento degli interessi sul debito e’ stato pari al 4% del Pil nel 2015, inferiore solo al 4,2% portoghese.
La spesa pubblica nel 2015 è stata pari al 50,5% del Pil contro il 40,9% Ocse ed e’ stata assorbita per il 42,6% dalla protezione sociale contro il 32,6% medio Ocse.
Ai servizi pubblici generali e’ andato il 16,6% contro il 13,2% Ocse, mentre all’istruzione e’ stato destinato il 7,9% sotto la media Ocse che e’ del 12,6% e alla sanita’ il 14,1% contro il 18,7%. Nel welfare il 64,3% della spesa va alle pensioni contro il 53,5% Ocse. Agli investimenti pubblici e’ andato solo il 2,1% del Pil nel 2016, in calo dal 2,3% del 2015, contro una media Ocse del 3,2%.
Passando alla forza lavoro pubblica, il rapporto sottolinea che l‘Italia ha la più alta quota tra i Paesi industrializzati di dipendenti statali ultra-55enni, con il 45% contro il 24% medio e la minore proporzione (2%) di giovani tra i 18-34 anni che lavorano per il Governo centrale.
I dipendenti pubblici, per altro, sono il 13,6% dell’occupazione totale in Italia, contro il 18% medio Ocse. Anche per le mansioni di segreteria la Pa italiana è più generosa della media Ocse, mentre lesina sui compensi dei professionisti, cioè i dipendenti pubblici con competenze tecniche specifiche (67.900 dollari contro 88.700).
Sulla sanità. Nel 2016 solo il 49% degli interpellati nei sondaggi si dichiarava soddisfatto dei servizi sanitari. Il dato, che relega l’Italia al sestultimo posto nell’Ocse, è in calo dal 56% del 2007 e si confronta con il 70% medio Ocse.
Fonte:legge per tutti
*Sono ammessi i tatuaggi in caso di concorsi nella pubblica amministrazione e nei corpi della polizia, carabinieri e forze armate?
Da PensioniOggi:
I dipendenti pubblici che vorranno utilizzare i permessi della legge 104, o di quelli sulla donazione di sangue, dovranno comunicare le assenze all'amministrazione pubblica con un preavviso di almeno 3 giorni, per garantire la funzionalità degli uffici e la migliore organizzazione dell'attività amministrativa. Il preavviso potrà essere ridotto nei casi diurgenza o necessità. E' quanto indica l'Aran nel corso del confronto con i sindacati per il rinnovo del contratto degli statali.
Non si tratta in realtà di una stretta ma solo di una specificazione delle regole attualmente in vigore: oggi c'è solo una circolare ministrale, che risale al 2010, e che parla solo, a meno di emergenze, di congruo anticipo per comunicare l'assenza senza alcuna indicazione circa i giorni di preavviso effettivamente dovuti. In definitiva la proposta dell'Aran, l'Agenzia che rappresenta il governo nei negoziati, intende dare certezza all'organizzazione del lavoro e quindi ai servizi, fissando a 3 giorni, entro cui dare preavviso, prevedendo un obbligo di comunicazione da parte del lavoratore all'amministrazione ed uniformando tale criterio per tutte le pubbliche amministrazioni.
Come noto l'articolo 33, co. 3 della legge 104/92 riconosce al lavoratore dipendente il diritto ad assentarsi dal posto di lavoro per tre giorni al mese, mantenendo la retribuzione e la copertura contributiva utile ai fini della determinazione della misura della pensione. Il diritto ai permessi retribuiti spetta ai lavoratori riconosciuti portatori di handicap in situazione di gravità ovvero, in generale, ai loro coniugi o parenti o affini entro il secondo grado per prestare loro la dovuta assistenza. Nelle ipotesi in cui i genitori o il coniuge della persona con handicap in situazione di gravità abbiano compiuto i 65 anni oppure siano anche'essi affetti da patologie invalidanti o sia deceduti o mancanti, il permesso retribuito èattribuibile ai parenti ed affini entro il terzo grado. L'agevolazione può essere attribuita ad un solo lavoratore per l'assistenza della medesima persona. Si rammenta che la retribuzione dei permessi è posta a carico dell'amministrazione pubblica o dell'Inps per i datori di lavoro del settore privato.
Quanto costerà uscire con l'anticipo pensionistico? In attesa che nei prossimi giorni il Consiglio dei Ministri adotti in via definitiva il DPCM sull'anticipo volontario è possibile dare le prime indicazioni sul funzionamento della misura che coinvolgerà la generalità dei lavoratori iscritti a forme di previdenza pubbliche obbligatorie. Come noto l'anticipo a garanzia pensionistica prevede il coinvolgimento del settore bancario ed assicurativo che fornirà all'interessato un prestito ponte sino al raggiungimento della pensione di vecchiaia che poi l'interessato dovrà restituire, con gli interessi, mediante un prelievo mensile sulla pensione per i successivi 20 anni.
Per accedere al prestito pensionistico occorrerà risultare in possesso di almeno 63 anni di età e 20 anni di contributi e soddisfare un importo soglia della pensione pari a circa 700 euro al mese al netto della rata di ammortamento del prestito pensionistico (cioè 1,4 volte il valore del trattamento minimo inps). Chi accede all'APE volontario deve ulteriormente trovarsi a non più di 3 anni e 7 mesi dal pensionamento di vecchiaia nel regime obbligatorio.
Il Tasso di interesse annuo dovrebbe aggirarsi tra il 2,8 ed il 3,2% anche se questo valore dovrà essere individuato nelle convenzioni tra Governo e Abi di imminente pubblicazione. Complessivamente anticipare l'uscita attraverso l'APe volontario costerà circa il 5% per ogni anno di anticipo in corrispondenza della massima cifra finanziabile. Se si chiederà l'anticipo massimo, 43 mesi cioè 3 anni e 7 mesi rispetto alla pensione di vecchiaia, la decurtazione sulla pensione finale potrà superare anche il 15% della pensione maturanda. La decurtazione sarà però più elevata nei primi anni di accesso al pensionamento per poi gradualmente diminuire nel tempo (grazie all'effetto della rivalutazione dell'assegno pensionistico) sino alla scadenza del 20° anno di restituzione.
Dato che i calcoli sono complessi PensioniOggi.it ha elaborato qui un programma gratuito in cui vengono mostrati i potenziali effetti di come sarà influenzato il calcolo dell'assegno in base alle diverse scelte operate dal lavoratore. Le cifre esposte sono ancora indicative in quanto molti aspetti dell'APE devono essere ancora chiariti ma coincidono in larga parte con quelle elaborate dal Sottosegretario Nannicini in occasione della presentazione ufficiale della misura.
L'azienda, inoltre, potrà ridurre il costo chiesto dal lavoratore versando la contribuzione correlata agli ultimi stipendi percepiti dal lavoratore prima di lasciare il servizio per tutto il periodo di percezione dell'APE volontario. In questo modo l'incidenza della restituzione del prestito sarà compensata dal fatto che la pensione partirà da un importo più elevato di quella calcolata al momento dell'accesso allo strumento. Va menzionata anche la possibilità per il lavoratore di estinguere anticipatamente il debito, ad esempio, destinando il trattamento di fine rapporto a tal fine. Ma per regolare tale ipotesi dovrà attendersi il relativo decreto attuativo da parte della Presidenza del Consiglio.
LINK: Vai al programma per simulare gli effetti dell'APE sulla pensione
Ancora in stand-by la domanda di pensionamento anticipato per i lavoratori della scuola. Il Ministero dell'Istruzione non ha ancora diffuso chiarimenti circa le modalità e i termini per la cessazione dal servizio per quei docenti che hanno fatto istanza di accesso all'Ape sociale e al pensionamento anticipato con 41 anni di contributi che riceveranno solo nelle prossime settimane la risposta circa la possibilità di fruire di tali innovativi canali di pensionamento.
I lavoratori del comparto scuola hanno infatti una scadenza fissa annuale per la cessazione dal servizio, fissata al 1° settembre di ogni anno. Ma l'Inps risponderà alla domanda di anticipo solo entro il 15 Ottobre dunque ad anno scolastico 2017/2018 ormai avviato con la conseguenza che i docenti che hanno fatto istanza dovranno, nelle more della pubblicazione della graduatoria, ritornare in Aula. L'Inps ha comunque indicato che il Miur emetterà istruzioni specifiche per consentire l'uscita dal servizio al personale scolastico risultato beneficiario dei suddetti strumenti prima della conclusione del prossimo anno scolastico, evitando così di vanificare le novità introdotte dal legislatore. Il prossimo anno la risposta dell'Inps arriverà entro il 30 giugno e, pertanto, la fruibilità degli anticipi dovrebbe essere garantita a partire dal 1° settembre 2018.
Complessivamente sono poche migliaia i lavoratori della scuola che godranno degli anticipi pensionistici gratuiti. Sono in attesa di una risposta, in particolare gli insegnanti della scuola dell’infanzia ed educatori degli asili nido categorie incluse all'interno dei lavoratori addetti alle cd. mansioni gravose (come descritte nell’all.A del Dpcm n.88 del 23 maggio 2017) a condizione di aver svolto tale attività per almeno 6 anni negli ultimi 7 anni cheraggiungono i 63 anni e 36 di contributi entro il 31.12.2017 oppure i soggetti che hanno una invalidità civile accertata non inferiore al 74% o che assistono da almeno sei mesi il figlio, il genitore o il coniuge convivente affetto da grave disabilità a condizione di raggiungere 63 anni e 30 di contributi entro il 31.12.2017. Tali soggetti possono, in alternativa, pensionarsi con 41 anni di contributi se hanno svolto almeno 12 mesi di lavoro effettivo prima del 19° anno di età in qualità di lavoratori precoci.
Tutti gli altri lavoratori della scuola attendono la pubblicazione del DPCM sull'Ape volontaria che consentirà loro di lasciare il servizio tramite un prestito finanziato dal settore bancario a condizione di avere almeno 63 anni e 20 anni di contributi al prezzo però di una decurtazione ventennale sull'assegno. Anche per questi soggetti si porrà il problema della data di cessazione dal servizio che avverrebbe ad anno scolastico ormai avviato. Dunque il Miur dovrebbe derogare alla scadenza del 1° settembre non solo con riguardo ai lavoratori della scuola che hanno fatto domanda di Ape sociale o di pensionamento con 41 anni di contributi ma anche nei confronti di coloro che produrranno domanda, nei prossimi mesi, del prestito pensionistico e che vogliano uscire dal servizio. Il ritardo nella pubblicazione dei Decreti, ricordano i sindacati di categoria, non può infatti pregiudicare il diritto dei docenti a lasciare il servizio.