Fonte UILPA VENETO
Fonte:sole24ore di Gianluca Bertagna
La retribuzione di risultato dei dirigenti degli enti locali è soggetta a tassazione separata, ma solo qualora il ritardo nella corresponsione delle somme vada oltre un parametro “fisiologico” identificato in un anno. È questa la conclusione a cui giunge l'Agenzia delle Entrate nell'interpello n. 921-50/2017, andando di fatto a introdurre un nuovo elemento di criticità rispetto al trattamento fiscale che avviene al momento della corresponsione dei premi di produttività.
Le situazioni rilevanti
Il nuovo parere prende le origini da quanto già esplicato nella circolare 23/E del 1997 laddove è indicato che le situazioni che possono assumere rilevanza per la tassazione separata sono di due tipi:
• quelle di carattere giuridico, cioè quando vi sono nuove norme, sentenze o provvedimenti estranei ad un accordo delle parti;
• quelle riferite a oggettive situazioni di fatto, cioè quelle che impediscono il pagamento delle somme entro i limiti di tempo ordinariamente adottati dai sostituti di imposta.
Considerazione ancora più forte è quella che prevede l'esclusione della tassazione separata ogni qualvolta la corresponsione degli emolumenti avviene in un periodo di imposta successivo per motivi “fisiologici” rispetto ai tempi tecnici occorrenti per l'erogazione dei compensi. E questa è stata finora la pietra miliare su cui si sono poggiate negli anni le considerazioni degli operatori: è inevitabile che l'erogazione dell'indennità di risultato avvenga nell'anno successivo, ovvero al termine della rendicontazione e della valutazione delle attività e quindi, il trattamento, sarà destinatario del regime di tassazione ordinario.
La risposta all’interpello
La questione, però, è stata sottoposta nuovamente all'Agenzia delle Entrate, evidenziando che allo stato attuale delle cose, accade sempre più spesso che la liquidazione della retribuzione di risultato avviene ben oltre il limite temporale di un anno e che, addirittura, nel medesimo esercizio capiti di erogare più retribuzioni di risultato riferite ad annualità precedenti.
L'Agenzia, analizzando le norme contrattuali dell'Area della Dirigenza, ritiene che la tardività del pagamento della retribuzione di risultato non sia riconducibile al presupposto delle ragioni di carattere giuridico sopra menzionate, in quanto non vi sono norme o contratti che prevedano diversamente.
Dal punto di vista delle situazioni di fatto (il secondo elemento di discrimine), nel quesito si fa riferimento a pagamenti che superano l'arco temporale di un anno, considerato quale periodo di ritardo fisiologico e per ciò tanto non riconducibile alla più favorevole ipotesi della tassazione separata. Nel caso di redditi percepiti con eccessivi ritardi rispetto alla loro maturazione, si determinerebbe un pregiudizio per il contribuente percettore, con una lesione del principio della capacità contributiva, soprattutto qualora nel corso dello stesso anno, venissero corrisposte più indennità di risultato relative a diverse annualità.
Per l'Agenzia delle Entrate, in questi casi, scatterebbe perciò la tassazione separata.
Se è pur vero che l'interpello riguarda esclusivamente la retribuzione di risultato dei dirigenti, c'è da scommettere che ora si aprirà una nuova breccia interpretativa anche sulla retribuzione dei responsabili di posizione organizzativa e dei premi di produttività dei dipendenti.
Fonte: https://www.ticonsiglio.com/
In arrivo nuove assunzioni nella Pubblica Amministrazione.
La Presidenza del Consiglio dei Ministri, vari Ministeri e altre amministrazioni sono state autorizzate, con un apposito decreto, a reclutare eassumere personale.
Sono ben 2mila i posti di lavoro che potranno essere coperti, di cui circa mille mediantenuovi bandi di concorso.
Ecco tutte le informazioni e cosa sapere sui concorsi nella Pubblica Amministrazione che saranno aperti e sulle assunzioni previste.
PUBBLICA AMMINISTRAZIONE CONCORSI E NUOVE ASSUNZIONI
E’ stato pubblicato, infatti, sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana – Serie Generale – n. 124 del 30 maggio 2017, il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 4 aprile 2017, che sblocca le assunzioni nella Pubblica Amministrazione. Il provvedimento è stato sottoscritto dal Ministro per la semplificazione e la Pubblica Amministrazione, Marianna Madia, e dal Ministro dell’Economia e delle Finanze, Pier Carlo Padoan. Autorizza varie amministrazioni pubbliche ad assumere unità di personale, per un totale di ben 2100 posti di lavoro nei Ministeri, nella Presidenza del Consiglio e presso vari enti.
Per gli inserimenti sarà data precedenza allo scorrimento di graduatorie già esistenti, a seguito di precedenti concorsi pubblici, sia presso le amministrazioni che desiderano assumere personale che presso altre, e a procedure di mobilità. Una volta esaurite queste procedure, che permetteranno di assumere circa 1300 figure, saranno aperti nuovibandi per lavorare nella Pubblica Amministrazione. Il reclutamento è rivolto a profili sia dirigenziali che non dirigenziali, compresifunzionari, assistenti, segretari, esperti, amministrativi, informatici e tecnici.
ENTI CHE ASSUMONO
Quali sono le amministrazioni che assumono personale?L’autorizzazione per le assunzioni e i nuovi concorsi Pubblica Amministrazione è rivolta ai seguenti soggetti:
– PCM – Presidenza del Consiglio dei Ministri;
– Protezione Civile;
– MEF – Ministero dell’Economia e delle Finanze;
– MAECI – Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale;
– Ministero del Lavoro;
– MIBACT – Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo;
– MIPAAF – Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali;
– Ministero della Giustizia, Dipartimenti della giustizia minorile e dell’amministrazione penitenziaria;
– Ministero dello Sviluppo Economico;
– MIUR – Ministero Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca;
– INPS – Istituto Nazionale Previdenza Sociale;
– INAIL – Istituto Nazionale Assicurazione Infortuni sul Lavoro;
– Agenzia delle Dogane e dei Monopoli;
– AIFA – Agenzia italiana del Farmaco;
– ICE – Agenzia per la Promozione all’estero e l’Internazionalizzazione delle imprese italiane;
– ARAN – Agenzia per la Rappresentanza Negoziale delle Pubbliche Amministrazioni;
– AID – Agenzia Industrie Difesa;
– ENAC – Ente Nazionale Aviazione Civile;
– Parco Nazionale Gran Paradiso;
– ANSV – Agenzia Nazionale per la Sicurezza del Volo;
– ACI – Automobile Club d’Italia;
– Ministero dell’Interno – Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco.
BANDI E INFORMAZIONI
Gli interessati alle future assunzioni e ai concorsi Pubblica Amministrazione in arrivo dovranno attendere la pubblicazione dei bandi ufficiali per il reclutamento del personale.
Negli avvisi pubblici saranno indicate modalità e scadenze per le candidature e le selezioni.
Per tutti i dettagli, mettiamo a vostra disposizione il testo integrale del DECRETO 4 aprile 2017 (Zip 1,32Mb) del Presidente del Consiglio dei Ministri.
Orientamenti applicativi 30/5/2017 n. RAL_1931
Un dipendente di un ente si è trasferito per mobilità presso altro ente con decorrenza 13 febbraio 2017. L’ente di appartenenza ha corrisposto la retribuzione per 10/26. L’ente di destinazione ha calcolato, invece, 14/26, dal 13 al 28 febbraio. In tal modo il dipendente ha ricevuto una retribuzione inferiore a quella spettante per l’intero mese lavorato. Quale ente, allora, deve pagare i due giorni mancanti?
Si tratta di una problematica del tutto peculiare che trova il suo fondamento nella circostanza che il mese di febbraio del 2017 ha un numero di giorni lavorativi (24) inferiore ai 26 previsti dall’art.10, comma 4, del 9.5.2006 per la determinazione della retribuzione giornaliera.
Conseguentemente, risulta difficile una applicazione rigida e rigorosa della citata clausola contrattuale.
Ciò comporta, ad avviso della scrivente Agenzia, che, in mancanza di altra regola espressa applicabile, la soluzione debba essere individuata secondo criteri di logica e ragionevolezza, in modo da contemperare gli interessi di entrambi i datori di lavoro coinvolti a non essere gravati di una spesa ingiustificata, senza, peraltro, alcuna penalizzazione per la posizione del lavoratore.
Pertanto, poiché, come detto, a febbraio i giorni lavorativi (domeniche escluse) sono stati 24 e che ciascun comune ha pagato tutti i giorni lavorativi in calendario di sua spettanza, ai fini della ripartizione degli oneri relativi agli ulteriori 2 giorni “aggiunti” tra i due comuni, si potrebbe ipotizzare una metodologia di calcolo fondata sulle seguenti proporzioni:
Comune A: 10:24=x:26 (dove x rappresenta il numero dei giorni lavorativi che complessivamente lo stesso avrebbe dovuto pagare ove il mese avesse avuto i 26 giorni lavorativi considerati dalla clausola contrattuale); tale comune dovrà sostenere gli oneri relativi ad 11 giorni (10*26/24=10,83, che, con l’arrotondamento, diventa 11);
Comune B: 14:24=y:26 (x equivale alla x del Comune A); quindi, dovrà sostenere gli oneri relativi a 15 giorni (14*26/24=15,16, che, con l’arrotondamento, diventa 15).
In sostanza, il Comune A deve pagare un giorno in più, esattamente come il Comune B.
Per ora aumenti dello 0,36% nel 2016, dell'1,09% nel 2017 e dell'1,45% nel 2018, indennità di vacanza contrattuale esclusa: ecco le nuove regole da inserire nei contratti scritte nella direttiva Madia all'Aran. E poi tutte le novità su fondi integrativi, salario accessorio, tempo determinato, part time, assenze e ferie. Arriva il "welfare contrattuale" e la piena armonizzazione dei tempi di vita e di lavoro
Fonte: http://www.quotidianosanita.it/
È ormai pronta al varo la direttiva del ministro della PA Marianna Madia con l'atto di indirizzo per dare finalmente il via ai negoziati per il rinnovo del contratto dei diversi comparti del Pubblico Impiego, sanità compresa.
Nella bozza che abbiamo potuto leggere in anteprima si fissano anche le cifre economiche. Le risorse per il contratto 2016-2018 a carico del bilancio dello Stato per la contrattazione collettiva e i miglioramenti economici del personale dipendente delle amministrazioni statali in regime di diritto pubblico sono: 300 milioni per il 2016, 900 milioni per il 2017 e 1.200 milioni “a decorrere” dal 2018. E corrispondono allo 0,36% nel 2016, all’1,09% nel 2017 e all’1,45% nel 2018, al netto dell’indennità di vacanza contrattuale (in sostanza si aggiungono a questa).
Ma nella prossima legge di Bilancio dovrà esserci la quota per attuare pienamente l’intesa del 30 novembre 2016 con i sindacati: “Gli impegni sottoscritti rimangono così subordinati al reperimento delle ulteriori risorse finanziarie necessarie”.
Per quanto riguarda le finalità a cui destinare le risorse - gli incrementi contrattuali – la direttiva indica che le parti “valuteranno l'ipotesi di riconoscere, a una platea di beneficiari individuata sulla base dei trattamenti stipendiali in godimento, un elemento retributivo distinto dallo stipendio, di importo differenziato in base ai predetti trattamenti stipendiali, anche con finalità compensative della prevedibile diminuzione del beneficio riconosciuto ai sensi dell'art. 1 del D.L. n. 66/2014 (il decreto fiscale che prevedeva anche il bonus di 80 euro), ferma la distinzione e non sovrapponibilità dei due ambiti”.
La direttiva, come abbiamo visto, riguarda i rinnovi in tutti i comparti e per questo è stato avviato a suo tempo un confronto con Regioni ed enti locali. Poi, la direttiva arriverà all’Aran e le trattative potranno essere avviate.
La direttiva Madia naturalmente non parla solo di aumenti economici. La direttiva ricorda infatti che l’attuazione delle legge delega ha operato un riequilibrio nel riparto delle competenze tra fonte legale e fonte contrattuale, per rendere più coerente ii principio che affida alla contrattazione collettiva le materie sul rapporto di lavoro con le disposizioni legislative che intervengono anche con regolazioni di dettaglio nello stesso ambito.
Nel capitolo sulla contrattazione integrativa, continuano a essere escluse dalla contrattazione collettiva materie quali l'articolazione dell'orario di lavoro, compresi turnazioni e reperibilità, e l'organizzazione del lavoro nell'ambito degli uffici, ma la contrattazione nazionale dovrà stabilire un termine minimo di durata delle sessioni negoziali decentrate, dopo il quale l'amministrazione interessata può in ogni caso provvedere, “in via provvisoria”, sulle materie oggetto del mancato accordo. E presso l'Aran sarà costituito un osservatorio a composizione paritetica con ii compito di monitorare i casi e le modalità con cui ciascuna amministrazione adotta gli atti unilaterali.
La contrattazione nazionale invece potrà elencare i possibili utilizzi delle risorse dedicate al salario accessorio, stabilendo che esse possano essere destinate a:
• trattamenti economici correlati alla performance individuale o organizzativa;
• indennità correlate alle condizioni di lavoro, in particolare ad obiettive situazioni di disagio, rischio e responsabilità, al lavoro in turno, a particolari o gravose articolazioni dell'orario di lavoro;
• progressioni economiche;
• trattamenti economici riconosciuti ai titolari di posizioni organizzative
A questo proposito la contrattazione nazionale, per quanto riguarda il trattamento economico accessorio collegato alla performance, stabilirà direttamente o lascerà decider alla contrattazione integrativa l’individuazione della quota delle risorse destinate a remunerare, rispettivamente, la performance organizzativa e quella individuale e fissare criteri idonei a garantire che alla differenziazione dei giudizi valutativi individuali corrisponda una effettiva diversificazione dei trattamenti economici correlati. E si dovrà anche dettare una disciplina per attribuire un bonus annuale a chi abbia conseguito una giudizio individuale di "eccellenza".
Per quanto riguarda la partecipazione sindacale, compito della contrattazione nazionale sarà di declinare le tipologie e le corrispondenti modalità dei modelli partecipativi prevedendo, oltre all’informazione, anche ambiti di consultazione sindacale e in coerenza con le tendenze del dialogo sociale in atto a livello europeo:
• l'informazione deve essere data nei tempi, nei modi e nei contenuti adeguati per consentire alle parti sindacali di procedere a una completa valutazione delle misure proposte;
• la consultazione deve essere organizzata nei tempi, nei modi e nei contenuti atti a consentire alle parti sindacali di esprimere un parere e quindi cercare di avere la possibilità di influenzare le misure proposte dall'amministrazione, sulla base delle informazioni fornite in merito alle stesse misure.
Un nuovo capitolo del contratto sarà quello del welfare contrattuale, mutuato dal privato. Si tratta di interventi con un costo molto variabile in relazione alla tipologia e alla platea di destinatari e per questo la direttiva indica la necessità di valutare con attenzione beneficiari e forme di intervento. “La copertura di tali costi – si legge - dovrà, in ogni caso, essere ricercata nell'ambito delle risorse destinate alla contrattazione nazionale e integrative”.
Nei contratti nazionali si dovranno anche valorizzare gli strumenti che consentono di conciliare tempi di vita e tempi di lavoro, per garantire benefici tanto per i lavoratori, che la percepiscono come condizione di benessere, quanto per l'organizzazione, in termini di produttività e di qualità dei servizi offerti e l'Aran dovrà negoziare la possibilità di utilizzo a ore dei permessi per motivi personali e familiari, se non ci sono già regole specifiche nelle varie discipline contrattuali.
Componente fondamentale del welfare contrattuale è poi secondo la direttiva la previdenza complementare. I fondi attualmente presenti, che coprono l'intero perimetro del lavoro pubblico contrattualizzato, sono "Espero" e "Perseo-Sirio".
Esperoè dedicato a tutti i lavoratori - dirigenti, personale docente e amministrativo, tecnico e ausiliario - dei comparti Scuola e Istituzioni di alta formazione e specializzazione artistica e musicale (Afam). E’ operativo dal 1° gennaio 2005 e alla fine del 2015 aveva poco meno di 100.000 iscritti, su un potenziale bacino d'utenza di circa 985.000 addetti.
Perseo Sirioè nato il 1° ottobre 2014 dalla fusione di due fondi preesistenti e ha un bacino di utenza di circa 1.400.000 dipendenti: si tratta del personale occupato in tutti i restanti comparti pubblici coperti dalla contrattazione collettiva nazionale, diversi da Scuola e Afam. Al 31 dicembre 2015 gli iscritti erano poco più di 21.000, cresciuti oltre 33.000 a marzo 2016, facendo raggiungere al Fondo la soglia minima (30.000 aderenti) per poter proseguire a operare.
La direttiva Madia indica che “sono auspicabili soluzioni contrattuali volte a favorire un incremento dei lavoratori iscritti, con particolare attenzione ai dipendenti già in regime di TFR o con minore anzianità. In questo ambito, la contrattazione collettiva nazionale potrà eventualmente procedere anche attraverso la revisione dello specifico accordo quadro che regola la materia ovvero, qualora si renda necessario, attraverso il completamento delle regole comuni con discipline specifiche di comparto”.
Per il tempo determinato la direttiva indica precisi ambiti di intervento, fermo restando la disciplina generale che riguarda il lavoro pubblico che ha come paletti la piena attuazione del "principio di non discriminazione" dettato dalla normative comunitaria e della limitazione del ricorso a questa tipologia di rapporti di lavoro solo per “fattispecie inquadrabili nell'ambito di esigenze di ‘genuina’ flessibilità e, pertanto, caratterizzate da ‘eccezionalità’ o ‘temporaneità’.
I contratti avranno quattro possibilità:
1. considerare l'anzianità di servizio maturata nell'ambito di rapporti di lavoro a tempo determinato per applicare istituti contrattuali con riflessi sul trattamento economico solo se il personale interessato sia assunto a tempo indeterminate dopo I nuovi contratti per effetto della stabilizzazione;
2. estendere l'applicazione ai rapporti di lavoro a tempo determinato di istituti e benefici contrattuali oggi esclusi, secondo il principio di non discriminazione, “ferma restando l'esigenza di mantenere alcune differenziazioni di trattamento … anche in relazione alla durata dei relativi rapporti;
3. individuare limiti quantitativi per l’utilizzo del tempo determinato, in ogni caso nel rispetto del limite massimo del 20% previsto dal Dlgs 81/2015 e dei vincoli finanziari previsti per il contenimento delle spese relative ai rapporti di lavoro flessibile;
4. individuare i casi in cui e possibile derogare al limite di durata massima dei 36 mesi, per lo svolgimento di mansioni di pari livello e categoria legale e I casi che consentono di derogare ai limiti di durata minima che devono intercorrere tra un contratto e il successivo.
Nuova e specifica disciplina pattizia poi per la "somministrazione di lavoro a tempo determinato". Il nuovo contratto nazionale dovrà individuare, anche in misura non uniforme, limiti quantitativi di utilizzazione dell'istituto del contratto di somministrazione a tempo determinato in misura percentuale contenuta, tenuto conto che tale forma di lavoro flessibile si somma alla possibilità di utilizzo del lavoro a termine attivato direttamente dalle amministrazioni, e in ogni caso nel rispetto vincoli finanziari previsti dalla legislazione vigente in materia di contenimento delle spese relative ai rapporti di lavoro flessibile. La contrattazione nazionale potrà individuare modalità e criteri per la determinazione e corresponsione dei trattamenti economici correlati alla performance, senza che questo determini un incremento dell'onere quantificato nel contratto stipulato con il somministratore.
Sul part time la contrattazione collettiva potrà prevedere la possibilità di chiedere al lavoratore a tempo parziale prestazioni di lavoro supplementare e straordinario, determinandone le quantità consentite e il relativo compenso.
Arrivano poi i capitoli su ferie, permessi e assenze (per malattia soprattutto).
Ferie e riposipossono anche essere “ceduti” secondo il Dlgs 151/2015, a titolo gratuito e a dipendenti dallo stesso datore di lavoro per consentire a questi di assistere i figli minori che, per le particolari condizioni di salute, abbiano bisogno di cure costanti. Ma il rinvio è alla contrattazione collettiva e la direttiva indica la necessità che i contratti dettino una disciplina applicativa dell'istituto, definendo misure, condizioni e modalità per la piena attuazione della legge.
Due invece le tipologie di assenze per malattia.
La prima è quella per visite, terapie, prestazioni specialistiche o esami diagnostici.
La direttiva dà all’Aran una serie di possibilità:
• dettare una disciplina specifica sui permessi orari per visite mediche, terapie, prestazioni specialistiche o esami diagnostici, a giorni o a ore, potendo comunque utilizzare alternativamente, per questi scopi anche permessi brevi a recupero, permessi per motivi familiari e personali, riposi connessi alla banca delle ore, riposi compensativi per le prestazioni di lavoro straordinario. Possibilità che però deve essere esclusa nell’arco della stessa giornata, prima o dopo i permessi orari;
• chiarire gli elementi distintivi tra le fattispecie riconducibili alla presente disciplina dei permessi e quelle che, invece, danno luogo all'applicazione della ordinaria disciplina della malattia;
• prevedere un periodo di servizio minimo nell'arco della giornata, almeno la metà dell'orario e, salvi i casi di urgenza, adeguati periodi di preavviso;
• prevedere che la giustificazione dell'assenza avvenga con un'attestazione rilasciata dal medico o dalla struttura che hanno svolto la visita o la prestazione o trasmessa da questi all'amministrazione;
• introdurre un monte ore annuale per questi permessi ed escluderli nel caso in cui siano fruiti a ore nell'arco di una giornata, dalle decurtazioni economiche previste dalle disposizioni legali per i primi dieci giorni di ogni periodo di assenza per malattia, individuando le risorse necessarie all'interno delle risorse contrattuali;
• considerare anche i permessi nel computo del "comporto", stabilendo convenzionalmente che sei ore di permesso corrispondano ad un'intera giornata di lavoro.
La seconda riguarda le assenze per malattia in caso di gravi patologie richiedenti terapie salvavita.
In questo caso , l' Aran negozierà nel rinnovo contrattuale una definizione del perimetro applicativo di questa disciplina che includa anche i giorni di assenza, comunque collegati all'effettuazione di terapie salvavita, anche se non coincidono con i giorni di terapia e a condizione che si determinino effetti che diano incapacità lavorativa. Per circoscrivere il beneficio e prevenire utilizzi che non coincidono del tutto con l'istituto, sarà necessario prevedere un tetto massimo di giornate di assenza, nell'arco dell'anno alle quali è applicata la disposizione.
Infine i procedimenti disciplinari. La contrattazione in questo caso deve seguire I limiti previsti dalla legge (che ha competenza esclusiva sugli aspetti procedurali) e dovrà prevedere gli interventi sulle fattispecie disciplinari e relative sanzioni previste contrattualmente, armonizzandole e coordinandole con le previsioni di legge. Sarà necessario, ad esempio, eliminare alcune fattispecie sanzionabili ora previste dalla legge o coordinare fattispecie legali e contrattuali con contenuti simili anche se di diversa gravita, come pure tenere conto delle recidive in relazione a fattispecie di legge, per le quali siano previste sanzioni conservative.
La contrattazione nazionale dovrà individuare le condotte e stabilire le corrispondenti sanzioni disciplinari con riferimento alle ipotesi di ripetute e ingiustificate assenze dal servizio in continuità con le giornate festive e di riposo settimanale, e con riferimento ai casi di ingiustificate assenze collettive in determinati periodi nei quali è necessario assicurare continuità nell'erogazione dei servizi all'utenza. E si dovrà verificare anche la possibilità di prevedere la sospensione cautelare per accertamenti sui fatti addebitati al dipendente in tutti i casi in cui questo risulti necessario, “a prescindere dalle sanzioni conservative o espulsive applicabili”.
FONTE:LEGGE PER TUTTI
Se il posto di lavoro viene soppresso, anche chi beneficia della legge 104 per l’assistenza di un familiare disabile può essere trasferito ad altra sede da parte del datore di lavoro.
Anche chi possiede la “104” può essere trasferito ad altra sede se il suo posto di lavoro viene soppresso. I benefici concessi dalla legge del 1992 per chi assiste un disabile – benefici che garantiscono il diritto alla collocazione presso la sede più vicina al luogo ove vive il familiare malato – cedono il passo alle più importanti esigenze organizzative aziendali. Insomma, si può trasferire chi assiste un disabile, ma a determinate condizioni. A chiarirlo è la Cassazione con una recente sentenza [Cass. sent. n. 12729/2017.]. Vediamo più nel dettaglio quali sono i diritti di chi fruisce delle agevolazioni contenute nella legge 104 del 1992 e cosa prevede la normativa in caso di trasferimento del dipendente.
Possibile il trasferimento per chi assiste il familiare disabile
Se il posto di lavoro viene soppresso per giustificate ragioni organizzative, il dipendente che assiste un familiare disabile, e pertanto gode dei benefici previsti dalla legge 104/1992, non può opporsi al trasferimento intimatogli dal datore di lavoro. Tale orientamento trova conferma in una serie ormai stabile di sentenze della Cassazione secondo cui, però, solo le esigenze organizzative straordinarie prevalgono sul diritto del dipendente all’immodificabilità della sede ove svolge le mansioni; al contrario, le normali esigenze produttive non possono essere poste a fondamento del trasferimento.
Come noto, la famosa “legge 104” attribuisce al lavoratore che convive con parente o affine entro il terzo grado handicappato grave o lo assistita con continuità, il diritto a scegliere, ove possibile, la sede di lavoro più vicina al proprio domicilio e a non essere trasferito senza il suo consenso ad altra sede. Tuttavia, il trasferimento può essere adottato in presenza di condizioni di necessità per l’azienda che, insomma, non deve avere altre alternative tra lo spostamento del dipendente e il licenziamento.
La chiusura di un servizio o delle mansioni a cui era adibito il dipendente possono essere fatte rientrare tra quelle esigenze straordinarie organizzative che consentono il trasferimento di chi assiste un familiare disabile.
La Suprema corte, richiamando un orientamento che risale al 2012 [Cass. sent. n. 25379/2012.], ha precisato che «la legge 104/92, laddove vieta di trasferire, senza consenso, il lavoratore che assiste con continuità un familiare disabile convivente, deve essere interpretata in termini costituzionalmente orientati in funzione della tutela della persona disabile, sicché il trasferimento del lavoratore è vietato anche quando la disabilità del familiare, che assiste, non si configuri come grave». Ciò però sempre a condizione che il datore di lavoro non dimostri «la sussistenza di esigenze aziendali effettive e urgenti, insuscettibili di essere altrimenti soddisfatte». Tali esigenze devono essere provate dall’azienda in caso di contestazione del dipendente.
Part-time: si al secondo lavoro per arrotondare
Per la Cassazione il datore non può prevedere l'assoluta incompatibilità della prestazione part time con ogni altra attività
Fonte: studiocataldi di Lucia Izzo
Svolgere un secondo lavoro, oltre a quello part-time, non può essere considerato dal datore di lavoro come comportamento illecito o biasimevole, in particolare se il reddito da lavoro dipendente non sia sufficiente a garantire un sostentamento dignitoso.
Se il Regolamento del personale stabilisce l'incompatibilità della qualità di dipendente part-time con qualunque altro impiego, questa non potrà essere intesa in senso assoluto, ma si dovrà verificare se sussiste in concreto un'incompatibilità tra l'esercizio della diversa attività e l'osservanza dei doveri d'ufficio o la conciliabilità con il decoro dell'Ente. Il datore di lavoro, infatti, non può disporre della facoltà del proprio dipendente di reperire un'occupazione diversa in orario compatibile con la prestazione di lavoro parziale.
Lo ha stabilito la Corte di Cassazione, sezione lavoro, nella sentenzan. 13196/2017 (qui sotto allegata), accogliendo l'appello avanzato da un lavoratore che aveva impugnato il suo licenziamento per giusta causa intimatogli dal Patronato ENCAL.
Scoperto il secondo lavoro del dipendente part-time, il datore lo licenziava contestandogli la violazione dell'art. 10 del Regolamento organico del personale che stabiliva l'incompatibilità della qualità di dipendente ENCAL con qualunque altro impiego sia pubblico che privato, nonché con ogni altra occupazione o attività che non sia ritenuta conciliabile con l'osservanza dei doveri d'ufficio e con il decoro dell'ente.
In Cassazione, il dipendente precisa sul punto che lo svolgimento di un'attività lavorativa integrativa da parte di un lavoratore in regime di part-time, quale era il rapporto da lui intrattenuto con ENCAL, non è da considerare comportamento illecito, ma neppure biasimevole, in particolare nei casi in cui il reddito da lavoro dipendente sia insufficiente a garantire un sostentamento dignitoso (il reddito percepito presso ENCAL ammontava ad euro 500,00 mensili).
La Corte d'Appello prescindendo da ogni verifica in concreto, aveva evidenziato che il divieto previsto dal Regolamento aveva carattere assoluto e non presentava spazi interpretativi di sorta giustificanti l'inottemperanza allo stesso, a meno di munirsi di apposita autorizzazione.
L'incompatibilità della seconda occupazione va valutata in concreto
Gli Ermellini, invece, precisano che una simile lettura della disposizione regolamentare non può essere accolta, se riferita a un lavoratore in regime di part-time, in quanto il datore di lavoro non può disporre della facoltà del proprio dipendente di reperire un'occupazione diversa in orario compatibile con la prestazione di lavoro parziale; in tali casi, conclude la Cassazione, l'incompatibilità essere valutata dall'Ente in concreto.
L'unica lettura interpretativa della norma, coerente con il dettato costituzionale di cui agli artt. 4 e 35 Cost., è proprio quella che legittima la verifica dell'incompatibilità in concreto della diversa attività, svolta al di fuori dell'orario di lavoro, con le finalità istituzionali e con i doveri connessi alla prestazione, ai sensi degli artt. 2104 e 2105 c.c., mentre sarebbe nulla una previsione regolamentare che riconoscesse al datore di lavoro un potere incondizionato di incidere unilateralmente sul diritto del lavoratore in regime di part-time di svolgere un'altra attività lavorativa.
Ammettere che il datore di lavoro abbia una facoltà incondizionata di negare l'autorizzazione o di sanzionare in sede disciplinare il fatto in sé dell'esercizio di un'altra attività lavorativa al di fuori dell'orario di lavoro, sarebbe in contrasto con il principio del controllo giudiziale di tutti i poteri che il contratto di lavoro attribuisce al datore di lavoro, e proprio con riferimento ad aspetti incidenti sul diritto al lavoro.
L'incompatibilità deve essere verificata caso per caso, proprio nei termini pretesi dall'odierno ricorrente, restando tale valutazione suscettibile di controllo, anche giudiziale. Il motivo è dunque accolto e la valutazione rimessa al giudice del rinvio
Fonte:pensionioggi Scritto da Bernardo Diaz
Cresce la frustrazione delle centinaia di migliaia di lavoratori interessati all'ape sociale e al pensionamento con 41 anni di contributi. I decreti ancora non sono usciti in Gazzetta e il tempo a disposizione sarà poco.
Lavoratori sul piede di guerra per l'impossibilità di presentare le istanze di accesso per gli anticipi pensionistici. Il ritardo nella pubblicazione dei due DPCM, approvati in via definitiva dal Governo ma ancora attesi in Gazzetta, sta restringendo di fatto il periodo temporale a disposizione per produrre le domande di pensionamento. La prima finestra per la presentazione delle istanze per il conseguimento dell'ape sociale e del pensionamento con 41 anni di contributi si chiuderà, infatti, il 15 luglio 2017, dunque ci saranno, meno di 45 giorni per produrre tutta la documentazione necessaria. Veramente pochi. Anche perchè entro tale data decine di migliaia di lavoratori dovranno vagliare la propria posizione assicurativa per comprendere se hanno diritto ai benefici in questione alla luce delle istruzioni attuative che saranno fornite dall'Inps. Come dire che ingorghi e disagi saranno praticamente inevitabili.
Le categorie dei beneficiari
Per quanto riguarda l'APE sociale le platee coinvolte sono sostanzialmente divise in due fasce, fermo restando, per entrambi, il requisito anagrafico di 63 anni. Il primo investe coloro che risultano disoccupati a seguito di licenziamento e senza ammortizzatori sociali da almeno 3 mesi, i lavoratori o lavoratrici che assistono da almeno 6 mesi coniuge, genitore o figlio/a conviventi in condizione di handicap grave e gli invalidi civili, con un grado di invalidità pari o superiore al 74%. Per tutti, oltre al requisito anagrafico di 63 anni, è necessario aver maturato 30 anni di versamenti contributivi. Il secondo gruppo comprende, invece, lavoratori e lavoratrici che svolgono attività gravose e pesanti, quali sono: edili, conduttori di gru, di mezzi pesanti, di convogli ferroviari, personale viaggiante, conciatori di pelli e pellicce, infermieri e ostetriche ospedalieri adibiti a turni, addetti alla cura e assistenza di persone non autosufficienti, insegnanti dei nidi e delle scuole di infanzia, facchini, addetti ai servizi di pulizia e operatori ecologici (qui i dettagli sulle attività in questione). In questi casi, però, oltre ai 63 anni di età, bisogna aver maturato, invece che 30 anni di anzianità contributiva, ben 36 anni di anzianità contributiva, di cui 6, in via continuativa, negli ultimi sette anni in una di queste attività.
La misura dell'Anticipo agevolato
I soggetti appena indicati potranno contare su reddito ponte gratuito del valore pari alla pensione maturata al momento della domanda entro però un massimo di 1.500 euro lordi mensili erogato per 12 mensilità annue (la tredicesima, dunque, non viene corrisposta a differenza di una normale pensione). Come dire che chi avesse diritto ad una pensione di 2.500 euro lorde potrà riscuotere il massimale di 1.500 e non un euro di più. Cifra che sarà comunque soggetta al prelievo irpef. Il reddito ponte durerà sino al raggiungimento dell'età anagrafica per la pensione di vecchiaia (di regola 66 anni e 7 mesi) o all'eventuale maturazione di altro diritto a pensione diretta (es. pensione anticipata) se avviene prima del pensionamento di vecchiaia. A quel punto il reddito ponte cesserà ed il lavoratore avrà diritto all'assegno pieno pari a 2.500 euro lordi mensili. L'operazione non prevede l'accredito di contribuzione figurativa sul conto previdenziale dell'assicurato. Pertanto l'importo dell'assegno non verrà arricchito ulteriormente a differenza di accade, ad esempio, con la naspi o con l'indennità di mobilità. In caso di premorienza i superstiti dell'assicurato titolare di ape sociale avranno diritto alla normale pensione indiretta.
Le predette categorie di lavoratori, con l'inserimento però anche degli addetti ai lavori usuranti, avranno diritto anche al pensionamento anticipato con 41 anni di contributi a prescindere dall'età anagrafica se hanno lavorato almeno 12 mesi prima del 19° anno di età (cd. lavoratori precoci).
C'è poi la problematica dei lavoratori del comparto scuola che difficilmente riusciranno a conoscere entro il 1° settembre 2017, unica finestra annuale per cessare il servizio e andare in pensione, l'esito della domanda di pensionamento anticipato con l'APE sociale o la quota 41. Con il rischio di dover restare un altro anno sul posto di lavoro se non verranno inseriti correttivi ad hoc. Ancora peggio per l'ape volontario per il quale neanche è stato licenziato lo schema di DPCM da parte della Presidenza del Consiglio. Insomma la sensazione è che il Governo sia stato colto impreparato nella gestione dei risvolti sulle uscite anticipate e il grande ritardo testimonia le difficoltà applicative degli strumenti.