Se il Bongiorno SI VEDE DAL MATTINO, NESSUN CAMBIAMENTO SI PROFILA ALL’ORIZZONTE comunicato di Nicola Turco ALLEGATO
Bongiorno: «Impronte digitali contro i furbetti del cartellino»
Il ministro della Pubblica Amministrazione dichiara guerra agli assenteisti: «Faremo ispezioni a sorpresa». E sul Corpo Forestale: «Riforma fallita».
Fonte:corriere della sera di Virginia Piccolillo
Ispezioni a sorpresa e impronte digitali contro i furbetti, valutazioni degli utenti contro i raccomandati, leggi «più chiare e liberali» contro i corrotti, cambio di rotta per la riforma del Corpo forestale e lavoro molto più agile per le donne. Nella sua prima intervista il nuovo ministro per la Pubblica amministrazione Giulia Bongiorno, penalista e parlamentare, anticipa al Corriere il «cambio di passo».
Cestinerà la riforma Madia?
«Non ho l’ansia di mettere il mio nome su una legge, ma di far funzionare la Pubblica amministrazione. Agirò col bisturi per curare le disomogeneità nei servizi».
Primo atto?
«Sopralluoghi a sorpresa».
Blitz?
«Sì, ma nulla di punitivo. Ispezioni a campione con pool di esperti: i nostri ispettori e specialisti di modelli organizzativi».
E poi?
«Se troverò disservizi causati da difficoltà oggettive aiuteremo a colmare le lacune. Ma se emergessero inerzie saremo inflessibili».
La Madia era in guerra con i «furbetti del cartellino». Lei?
«L’assenteismo è un fenomeno odioso. La Madia ha modificato le sanzioni. Credo si debba anche prevenire».
Come?
«Con rilevazioni biometriche per evitare che ci sia chi strisci il tesserino per altri».
Vuol prendere le impronte digitali ai dipendenti?
«Cosa c’è di male? A me alla Camera le hanno prese quando c’erano i “pianisti”. E non sono rimasta traumatizzata».
E la privacy?
«Tra i beni confliggenti deve prevalere l’interesse collettivo: che siano tutti al lavoro, al servizio del cittadino».
Farà il censimento dei raccomandati?
«La carriera del raccomandato si può stroncare valutandolo. Ma oggi le valutazioni sono tutte brillanti, in un sistema che non lo è. Come mai? L’unico che può valutare senza sconti e con criteri oggettivi è il cittadino. Inserirò criteri legati al merito».
Nella legge Madia c’era la riforma del Corpo forestale finita davanti alla Consulta. Che farà?
«È fallita. Lo si è visto l’estate scorsa con l’Italia devastata dagli incendi. Dopo il giudizio, bisognerà pensare come cambiare rotta».
Come farà la lotta alla corruzione?
«Passando dalla quantità alla qualità delle leggi. Ci sono troppe norme oscure, che i funzionari possono piegare arbitrariamente. Le imprese hanno troppi interlocutori e troppi uffici. Un progetto è una via crucis. La tentazione di oliare è forte».
A quale norma pensa?
«A molte, anche al codice degli appalti. Deve essere chiaro cosa si può fare e cosa no. Anche perché il caos disorienta i funzionari perbene che, di fronte a questa foresta di norme, temono l’errore. In Francia, per chi dimostra buona fede, esiste il diritto a sbagliare. Noi invece abbiamo il Paese paralizzato dal timore di incorrere in reati».
E l’agente provocatore?
«Nel contratto c’è l’agente di copertura che raccoglie elementi di reato e non tenta i funzionari. Attendo il progetto del ministro Bonafede, che stimo molto, per valutare».
Bonafede vuole cassare la legge sulle intercettazioni.
«Ottima idea».
Si è battuta per le donne, cosa farà per loro nella Pa?
«Il lavoro agile è una bella idea, ma spesso impraticabile: vorrei renderlo effettivo con l’adeguamento infrastrutturale e delle dotazioni tecnologiche».
Vi chiamano governo Frankenstein. Durerà l’alleanza Lega-M5S?
«È additato come mostro solo perché è diverso dal passato, ma ho visto umiltà e voglia di confronto. Durerà».
Salvini è il più attaccato del momento, da avvocato palermitano cosa ne pensa?
«Mi hanno criticato per aver detto che ha idee nitide. Ora si è visto che è così».
C’è chi pensa sia razzismo.
«Non direi. Si pensava che gli sbarchi in massa fossero un fenomeno ineluttabile, ha dimostrato che non lo sono».
Lo accusano di farlo sulla pelle dei migranti.
«E alla fine, invece, il bilancio sarà positivo con più vite salvate. Si chiama farsi rispettare».
Obbligo di pagamento ferie non utilizzate ai Dipendenti Pubblici
Fonte:https://www.lentepubblica.it/p
La Cassazione, con la sentenza n. 15652/2018 ribaltando l’indicazione della Corte d’appello secondo la quale il datore di lavoro pubblico ha diritto a non pagare le ferie al lavoratore cessato se quest’ultimo non dimostri di averle preventivamente richieste: vige, pertanto, l’obbligo di pagamento ferie non utilizzateai Dipendenti Pubblici.
Secondo la Sentenza del 13860 del 2000 della Cassazione si è osservato che
“… il mancato godimento delle ferie costituisce non solo un fatto negativo, bensì, quale complementare aspetto, un fatto positivo. Ed invero, il godimento delle ferie ha il proprio arco temporale di attuazione (l’anno), nel cui ambito, il mancato godimento delle ferie (alle quali il lavoratore aveva diritto), quando diventa irreversibile, si risolve in un lavoro ininterrottamente protratto. E questo lavoro, che si è svolto in luogo del non lavoro (le ferie), assume (nella dimensione corrispondente alla misura temporale delle ferie) la consistenza di una prestazione che non avrebbe dovuto aver luogo; il fatto negativo, costituito dall’assenza di ferie, letto positivamente è (come lavoro in luogo delle ferie) prestazione contrattualmente non dovuta. Questa prestazione, di per sè (nella sua genesi), non è stata resa in violazione della legge: costituisce un adempimento contrattuale.
L’impossibilità dell’obbligazione del datore (obbligazione costituita dal consentire il godimento delle ferie), anche ove egli ne fosse liberato, esigerebbe (ex art. 1463 cod. civ., nei limiti di questa obbligazione) la “restituzione” della prestazione (che il datore ha ricevuto, e che non era dovuta): l’impossibilità di questa “restituzione” (causata dall’irreversibilità della prestazione lavorativa) determina, nei confronti del datore, il sorgere dell’obbligazione al pagamento di una somma che (per gli artt. 1463 e 2037, secondo e terzo comma cod. civ., ivi richiamato) corrisponde, in ogni caso, alla retribuzione della prestazione: l’indennità sostitutiva delle ferie.”
La Cassazione ha inoltre richiamato la giurisprudenza di legittimità, ordinaria e amministrativa, che riconosce al lavoratore il diritto ad un’indennità per le ferie non godute per causa a lui non imputabile, anche quando difetti un’esplicita previsione negoziale in tal senso, ovvero quando la normativa settoriale formuli il divieto di “monetizzazione”.
Ha affermato che il diritto inderogabile sarebbe violato se la cessazione dal servizio vanificasse, senza alcuna compensazione economica, il godimento delle ferie compromesso dalla malattia o da altra causa non imputabile al lavoratore.
Nel caso specifico, il ricorso del dipendente è stato giudicato fondato dalla Cassazione, in quanto dal mancato godimento delle ferie deriva il diritto del lavoratore al pagamento dell’indennità sostitutiva. Secondo la Cassazione, il lavoratore ha quindi sempre diritto al pagamento sostitutivo delle ferie non godute, senza necessità di provare di averle richieste, mentre spetta al datore di lavoro fornite prova dell’adempimento o della sua offerta.
In allegato in link il testo completo della Sentenza:
Visita fiscale: se arrivo con 10 minuti di ritardo
Fonte:legge per tutti
Sono a casa per malattia. Ho comunicato correttamente la residenza presso un hotel al mare. Durante gli orari di vista fiscale mi trovo nella spiaggia privata dell’albergo a 300 metri dallo stabile dell’albergo e ho avvisato il titolare di chiamarmi al cellulare in caso di visita. La visita si concretizza e vengo avvisato e ci metto 10 min a raggiungere l’hotel. Sono in regola oppure no?
Innanzitutto va detto che esistono determinati casi nei quali l’assenza a visita fiscale si considera giustificata e pertanto non è sanzionabile. Infatti, il dipendente pubblico o privato può uscire dal proprio domicilio, previo rilascio del certificato medico che giustifichi l’assenza, per i seguenti motivi:
– visite mediche;
– prestazioni sanitarie;
– terapie sanitarie;
– accertamenti specialistici regolarmente prescritti;
– o altri giustificati motivi.
Per “giustificato motivo” s’intendono:
– situazioni di forza maggiore;
– quando è imprescindibile ed indifferibile la presenza del lavoratore altrove;
– oppure in concomitanza di visite, prestazioni e accertamenti specialistici se si dimostra che le stesse non potevano essere effettuate in ore diverse da quelle corrispondenti alle fasce orarie di reperibilità.
È importante quindi che il dipendente giustifichi l’esistenza del giustificato motivo al fine di evitare le sanzioni. In ogni caso, chi salta la visita fiscale deve comunque sottoporsi al controllo medico il girono successivo. Se ciò non avviene, e il dipendente non presenta valide giustificazioni che comprovano la sua assenza entro dieci giorni, l’Inps sospende il 50% del trattamento economico di malattia. Mentre la sospensione totale si ha solo in caso di terza assenza.
Alla luce di ciò, la mancanza del lavoratore alla visita fiscale è giustificata qualora ricorra “un serio e fondato motivo che giustifichi l’allontanamento dal proprio domicilio“. Pertanto, per giustificare l’obbligo di reperibilità in determinati orari non è richiesta l’assoluta indifferibilità della prestazione sanitaria da effettuare, ma è appunto sufficiente un serio e fondato motivo che giustifichi l’allontanamento dal proprio domicilio.
Venendo più specificatamente al caso proposto, è possibile richiamare la Corte di Cassazione Civile, Sezione Lavoro, con la sentenza n. 21621 del 21 ottobre 2010, la quale ha respinto il ricorso di un’azienda che aveva licenziato in tronco una dipendente che era risultata assente alla visita fiscale ed era anche stata vista recarsi al mare, a trecento metri di distanza dal suo domicilio, e restare lì per qualche ora della mattinata.
La Corte, respingendo il ricorso dell’azienda, concorda con le motivate e argomentate valutazioni dei Giudici di merito, ritenendo “l’assenza giustificata sia dalla natura della patologia (sindrome depressiva ansiosa), sia dalla necessità sopravvenuta di rivolgersi al suo sanitario di fiducia, per l’insorgere improvviso – documentalmente provato – di un evento morboso diverso da quello prima diagnosticato” e sottolinea l’evidente sproporzione tra la condotta della dipendente e il licenziamento disciplinare, che costituisce la estrema ratio.
Dunque, una volta escluso che possano ritenersi sussistenti le condizioni individuate dalla giurisprudenza, al fine di considerare gravemente inadempiente la condotta complessiva del lavoratore che si allontani dal luogo in cui questi deve trascorrere il periodo di malattia, la breve assenza della resistente non assume rilevanza in sé e per sé, in mancanza di altri elementi che ne evidenzino l’influenza negativa sia sullo stato di salute, sia sull’assetto funzionale del rapporto di lavoro.
In conclusione, se l’allontanamento dal luogo in cui dovrebbe farsi trovare il lettore per la visita fiscale è giustificato, per esempio da una patologia come nel caso della sentenza, allora non subirà alcuna sanzione per il suo comportamento. È chiaro che può effettuare anche brevi assenze se ciò non influisce in maniera negativa sul suo stato di salute.
Assenze per Malattia del Pubblico Impiego: sul certificato medico quali regole?
Fonte:https://www.lentepubblica.it/p
La corte di Cassazione – civile, sezione lavoro – con l’ordinanza n. 10086/2018, si è pronunciata sulle Assenze per Malattia del Pubblico Impiego e sul certificato medico da presentare
La Cassazione, nello specifico, ha rigettato il ricorso di un datore di lavoro, volto ad ottenere l’accertamento della legittimità di una sanzione disciplinare (sospensione dal servizio) irrogata a un dipendente che si era assentato dal lavoro per una giornata, presentando poi una certificazione medica incompleta, atta a giustificare solo due ore di assenza.
La Corte territoriale ha esaminato le varie ipotesi per le quali e’ prevista la sospensione da uno a quattro gg. ed ha escluso che la condotta contestata fosse riconducibile ad una di esse. Ha ritenuto che, provata la condotta, questa comunque non rientra nell’ipotesi della simulazione di malattia o di altri impedimenti ad assolvere gli obblighi di servizio (lettera b) in assenza della prova della simulazione.
La Corte di appello, ha escluso che la produzione di documentazione medica insufficiente ad attestare l’esistenza della malattia fosse sufficiente a dimostrare la simulazione della malattia medesima ed ha quindi proceduto a verificare se la condotta contestata potesse essere ricondotta ad una delle altre ipotesi sanzionate dalla disposizione collettiva con l’irrogazione della sospensione dal servizio, motivatamente escludendone la sussistenza.
La Corte di merito nel verificare la sussistenza delle condizioni per applicare la sanzione della sospensione dal servizio, esclusa la prova della simulazione della malattia, ha poi verificato in concreto se la condotta tenuta rivestisse quei caratteri di particolare gravità che giustificano l’irrogazione della sanzione.
Si è così giunti al convincimento, attentamente argomentato, che tale non fosse l’assenza rimasta ingiustificata per alcune ore di un solo giorno lavorativo, evidenziando che la norma collettiva indica tra le condotte sanzionabili con la sospensione l’assenza arbitraria per tre/sei giorni lavorativi.
In allegato in link il testo completo della Sentenza:
Orari Visite Fiscali Dipendenti Pubblici: riepilogo completo
Fonte:https://www.lentepubblica.it/p
Orari Visite Fiscali Dipendenti Pubblici: ecco un riepilogo con tutto quello che occorre sapere.
Visite fiscali 2018: guida completa con orari e fasce di reperibilità in cui si può essere sottoposti a visita dal medico della mutua. Lo scorso 29 dicembre è stato varato un decreto che è entrato in vigore il 13 gennaio 2018. L’INPS ha previsto cambiamenti importanti sotto vari aspetti.
Orari Visite Fiscali Dipendenti Pubblici: riepilogo
Il decreto individua le fasce di reperibilità:
Restano tuttavia anche nel 2018 specifici casi in cui è prevista l’esenzione dalla visita fiscale e non è obbligatorio rimanere a casa. (Maggiori approfondimenti a questo articolo).
Visite nei festivi
La visita fiscale potrà inoltre essere disposta più volte anche nei festivi, oppure con cadenza sistematica e ripetitiva anche in prossimità di giornate festive o riposo settimanale. I controlli potranno essere concentrati soprattutto nei giorni sospetti, ovvero quando l’assenza si verifica nelle giornate precedenti o successive a quelle non lavorative
Le sanzioni
I dipendenti pubblici e privati che, in seguito al controllo del medico, risulteranno assenti nelle fasce di reperibilità indicate saranno soggetti alle sanzioni previste dai contratti collettivi. Ogni lavoratore avrà 15 giorni di tempo per “giustificare” l’assenza: nel caso in cui la motivazione non risulterà valida, verrà avviato un procedimento disciplinare che può arrivare fino alla decurtazione dello stipendio (riduzione dell’100% per i primi 10 giorni di malattia, ribasso del 50% per i giorni seguenti) e, nei casi più gravi, al licenziamento per giusta causa.
Polo Unico INPS
Dal 1° settembre 2017, in applicazione del Decreto Legislativo 75/2017, sono entrate in vigore le norme che istituisco il “Polo unico per le visite fiscali”, con l’attribuzione all’INPS della competenza esclusiva ad effettuare visite mediche di controllo (VMC) sia su richiesta delle Pubbliche amministrazioni, in qualità di datori di lavoro, sia d’ufficio.
Al fine di rendere chiaro il quadro di riferimento normativo l’INPS con il messaggio 1399 del 29 marzo 2018 ha coordinato l’insieme delle indicazioni fornite con aggiornamenti determinati anche dai chiarimenti forniti dai Ministeri competenti.
Sanzioni disciplinari nulle, il diritto al risarcimento del lavoratore
Fonte: http://www.diritto-lavoro.com
La Corte Suprema di Cassazione, con la sentenza n. 16256 del 2018, ha reso il seguente principio di diritto: “L’applicazione di sanzioni disciplinari poi dichiarate nulle è fonte di risarcimento” (Dal Quotidiano del Diritto del Sole 24 Ore del 21.6.2018).
Vediamo insieme i fatti di causa.
Il Tribunale di Pordenone nel decidere, con sentenza parziale, su alcune delle domande proposte da … avverso il Consorzio …., ha disconosciuto la sussistenza del demansionamento, nonché dei comportamenti vessatori e discriminatori lamentati, respingendo la domanda di risarcimento del danno.
Il medesimo Tribunale, decidendo poi con sentenza definitiva sulle altre domande, ha accertato l’illegittimità di quattro sanzioni disciplinari conservative irrogate al … dal luglio al dicembre 2004, respingendo altresì, per quanto qui ancora interessa, le domande risarcitorie e quella di riconoscimento della qualifica di quadro.
La Corte di Appello di Trieste, con sentenza n. 430/2013, ha respinto il gravame unitariamente proposto da … avverso le predette sentenze.
La Corte distrettuale riteneva l’infondatezza delle domande di attribuzione della qualifica di quadro, anche perché il Piano di Organizzazione Variabile del Consorzio prevedeva la distinzione, nella settima fascia, tra chi, come il …., aveva funzioni di coordinamento e chi aveva vere e proprie responsabilità di quadro.
Quanto al demansionamento, la Corte lo escludeva, ritenendo inverosimile l’assunto del … secondo cui gli ampi mutamenti organizzativi posti in atto dal datore di lavoro fossero stati motivati dall’intento di sottrarre a lui la possibilità di svolgimento delle funzioni di coordinatore, contestualmente attribuite e sottolineando l’importanza che rivestiva, all’interno del Consorzio, l’incarico attribuito al ricorrente per la gestione delle pratiche inerenti i vecchi espropri, il cui completamento avrebbe consentito di ottenere lo sblocco di erogazioni pubbliche.
Anche i fatti dedotti sotto il profilo del “lamentato mobbing” erano inconsistenti, sicchè tutto si riduceva al verificarsi di momenti di confronto e tensione tra datore e lavoratore.
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione il lavoratore che veniva accolto dalla Corte Suprema con il principio di diritto sopra enunciato.
Mobbing e demansionamento, il punto di vista della Cassazione
Fonte: http://www.diritto-lavoro.com
La Corte Suprema di Cassazione, con la sentenza n. 16247 del 2018, ha reso il seguente principio di diritto: “Il giudice, ai fini della valutazione del mobbing e del demansionamento, non può limitarsi a considerare ammissibile e quasi inevitabile il sarcasmo dei compagni di lavoro nei confronti del collega, dipendente delle poste, che considerava dequalificante la mansione di portalettere. Per i giudici di merito l’uomo, caratterialmente, dimostrava una “notoria ancestrale ripugnanza” per attività utili o sociali a fronte di una netta preferenza per le mansioni da svolgere seduto alla scrivania” (dal Quotidiano del Diritto del Sole 24 Ore del 21.6.2018).
Vediamo insieme i fatti di causa.
La Corte d’Appello di Ancona, dopo aver riunito l’appello proposto da …, dipendente di …spa, avverso la sentenza di primo grado del Tribunale di Ancona n. 509 del 30.9.2008, resa tra il …. e … spa, e l’appello promosso da INAIL avverso la sentenza n. 268 del 20.4.2010 del Tribunale di Ancona, resa tra il … ed INAIL, ha respinto l’appello principale e quello incidentale di … spa in relazione alla sentenza n. 509/2008 ed ha accolto l’appello dell’INAIL in relazione alla sentenza n. 268/2010 respingendo la domanda del …..
In relazione agli appelli principali del … ed incidentale della società … spa avverso la sentenza n. 509/2008 la corte territoriale ha sostanzialmente confermato la decisione del Tribunale di mancato accoglimento della domanda di risarcimento del danno da mobbing e di accoglimento della domanda di illegittimità delle sanzioni disciplinari inflitte al lavoratore, ma escludendo la sussistenza di una condotta mobbizzante posta in essere dalla società datrice di lavoro, come ritenuto dal primo giudice.
La Corte non ha ritenuto che vi fossero elementi per ravvisare il mobbing in quanto il …. si era rifiutato di svolgere le mansioni di portalettere che non erano dequalificanti, che non vi erano stati nei suoi confronti atti di ostilità, che anzi egli aveva effettuato molte denunce che avevano dato luogo a procedimenti penali risoltisi con assoluzioni; che non sussistevano manifestazioni di ostilità nei confronti del … da parte dei colleghi di lavoro, essendosi trattato solo di qualche minima manifestazione di sarcasmo nei suoi confronti, ma pur sempre di manifestazioni critiche civili.
La Corte territoriale ha respinto il ricorso incidentale di … ritenendo sproporzionate le sanzioni disciplinari, ma ha poi accolto l’appello dell’INAIL e ha riformato la sentenza n. 268/2010, escludendo l’esistenza di una patologia psichica come riscontrata dal consulente tecnico di ufficio in primo grado, in termini di tecnopatia ed affezione riconducibile all’ambiente di lavoro, essendo del tutto normali le condizioni di lavoro ed essendosi trattato solo di un malessere derivato da un disadattamento alla condizione lavorativa tutta propria del lavoratore non riconducibile all’ambiente lavorativo.
Avverso la sentenza d’appello ha proposto ricorso per cassazione il lavoratore che veniva accolto dalla Corte Suprema con il principio di diritto sopra enunciato.
Pensione riforma quota 100 e 41, come funziona
Fonte:legge per tutti
Controriforma Stop Fornero: requisiti per la pensione anticipata quota 100 e quota 41, come si calcola il trattamento.
Inizia a delinearsi la controriforma Stop Fornero: così è stata ribattezzata la nuova normativa finalizzata ad abolire la legge Fornero [1], che prevede l’introduzione di due nuove tipologie di pensione, la pensione anticipata quota 100 e quota 41. Più passa il tempo, però, più le novità si fanno meno incisive, soprattutto perché ci si è resi conto che le risorse a disposizione per anticipare l’uscita dal lavoro sono piuttosto esigue. Così, la pensione anticipata quota 100 si potrà ottenere solo con un minimo di 64 anni di età e 36 anni di contributi, previo ricalcolo contributivo dei periodi dal 1996 in poi; la pensione anticipata quota 41, invece, potrà essere ottenuta soltanto con 41 anni e 6 mesi di contributi. Ma facciamo subito il punto della situazione e vediamo in merito alla pensione riforma quota 100 e 41, come funziona, quali sono i requisiti previsti per ottenerla e come si calcola il trattamento.
Indice
Che cos’è la quota?
Prima di illustrare i requisiti necessari ad ottenere la pensione anticipata con quota 100 e quota 41, dobbiamo capire che cos’è la quota. Per quota si intende la somma dell’età pensionabile e degli anni di contributi: ad esempio, se il lavoratore ha 60 anni di età e 35 anni di contributi, la sua quota è 95.
E se il lavoratore ha, poniamo, 60 anni e 6 mesi di età e 35 anni e 3 mesi di contributi? In questo caso, bisogna trasformare i mesi in decimali, o meglio i dodicesimi in decimi. Ecco che, allora, 60 anni e 6 mesi diventano 60,5 (perché 6 dodicesimi sono uguali a 5 decimi), e 35 anni e 3 mesi di contributi diventano, ai fini della quota, 35,25. Quindi il lavoratore con 60 anni e 6 mesi di età e 35 anni e 3 mesi di contributi possiede la quota 95,75, arrotondando 95,8.
Quali sono i requisiti per la pensione quota 100?
In base a quanto osservato in merito al calcolo della quota, raggiungere la quota 100 sembrerebbe abbastanza semplice: se il lavoratore ha 60 anni di età può pensionarsi con 40 anni di contributi, se ne ha 61 con 39 anni, se ne ha 62 con 38 e così via…E invece no. Secondo le più recenti proposte, per raggiungere la pensione anticipata quota 100 non basterà la quota 100, ma saranno necessari anche un’età minima pari a 64 anni e un minimo di 36 anni di contributi.
Come si calcola la pensione quota 100?
Il limite relativo all’età ed il tetto minimo di anni di contributi, ad ogni modo, non sono sufficienti per rendere sostenibili le nuove pensioni rispetto alle risorse disponibili. Per questo motivo, nelle più recenti proposte è stato previsto il ricalcolo contributivo della pensione quota 100, per le annualità che partono dal 1996.
Non un calcolo contributivo dell’intero trattamento, dunque, ma un calcolo parziale, delle sole quote di pensione dal 1° gennaio 1996 in poi. Questa novità non cambierà nulla per quei contribuenti che hanno diritto al calcolo misto della pensione (retributivo sino al 31 dicembre 1995, poi contributivo, in quanto possiedono meno di 18 anni di contributi al 31 dicembre 1995), ma potrebbe portare delle penalizzazioni tutt’altro che irrilevanti per chi, possedendo almeno 18 anni di contributi al 31 dicembre 1995, ha diritto al calcolo retributivodella prestazione sino al 31 dicembre 2011.
Perché il calcolo contributivo è penalizzante?
Nella generalità dei casi, il calcolo contributivo della pensione risulta penalizzante, rispetto al calcolo retributivo, perché, mentre quest’ultimo si basa sugli ultimi redditi, o sui redditi migliori, il caloclo contributivo si basa sui contributi effettivamente accreditati nell’arco della vita lavorativa. Nel calcolo retributivo si prendono in considerazione gli stipendi, che vengono rivalutati con appositi coefficienti, mentre col calcolo contributivo si prendono in considerazione i soli contributi, che vengono rivalutati secondo l’andamento del Pil italiano (quindi gli incrementi del capitale sono molto bassi).
Tuttavia, ci sono dei casi in cui conviene maggiormente il calcolo contributivo, rispetto al retributivo: questo accade, ad esempio, quando la gestione Inps presso cui è iscritto il lavoratore prende in considerazione non i redditi migliori, ma gli ultimi anni di reddito o retribuzione, e la media delle ultime retribuzioni crolla al termine della vita lavorativa.
Per approfondire, ti consiglio di leggere la Guida al calcolo della pensione.
Quali sono i requisiti per la pensione quota 41?
La pensione quota 41, ad oggi, esiste già, ma è riservata ai lavoratori precoci, cioè a coloro che possiedono almeno 12 mesi di contributi da effettivo lavoro versati prima del compimento del 19° anno di età. Inoltre, per ottenere la pensione anticipata quota 41 bisogna appartenere a una delle seguenti categorie tutelate: disoccupati di lungo corso, caregiver (che curano un familiare convivente disabile sino al 2° grado), invalidi dal 74%, addetti ai lavori gravosi, addetti ai lavori usuranti.
Per approfondire ti consiglio di leggere la Guida alla pensione anticipata precoci.
Questa pensione anticipata è chiamata quota 41 impropriamente: 41, difatti, sono gli anni di contributi richiesti per pensionarsi, non si tratta della somma di età e contribuzione (altrimenti si potrebbe, ad esempio, andare in pensione a 30 anni con 11 anni di contributi!).
Secondo la normativa attuale, questa pensione potrà essere ottenuta anche nel 2019 e negli anni a venire, previa disponibilità delle risorse: tuttavia, dal 1° gennaio 2019 il requisito previsto salirà a 41 anni e 5 mesi di contributi.
Il nuovo governo vorrebbe estendere la pensione anticipata quota 41 dapprima agli appartenenti alle categorie tutelate che non sono lavoratori precoci, poi a tutti i lavoratori. Si vorrebbe però innalzare il requisito a 41 anni e 6 mesi di contributi.
Non sarebbe previsto alcun ricalcolo contributivo per ottenere la pensione anticipata quota 41, come avviene oggi.
Quando andrò in pensione come dipendente del pubblico impiego?
Nel pubblico impiego come si accede alla pensione anticipata e quella di vecchiaia?
Fonte: https://www.investireoggi.it/ di Patrizia Del Pidio
Salve Patrizia, la seguo su InvestireOggi, ci metto tutto il mio impegno ma le circolari, notizie e varie sulle pensioni, rimangono sempre per me un punto oscuro perché non riesco a capirci molto.
La mia domanda è: quando potrò andare in pensione?
Come legge dall’indirizzo, sono una dipendente pubblica:
DATORE DI LAVORO: COMUNE DI NARNI (PROV. DI TERNI)
DATA ASSUNZIONE: 17.04.1978 (CONTINUATIVO)
SONO NATA IL 02.03.1956
Grazie, buon lavoro.
Per i lavoratori del pubblico impiego, pur valendo i requisiti per la pensione anticipata e quella di vecchiaia in vigore per il resto dei dipendenti, esistono anche delle normative specifiche per la cessazione d’ufficio dal servizio (normativa che per quel che posso capire non la riguarda).
Il 17 aprile 2018 lei ha maturato 40 anni di contributi versati con 62 anni di età. Per il 2018 i contributi richiesti per l’accesso alla pensione anticipata sono di 41 anni e 10 mesi, requisito che lei raggiungerà a febbraio 2020. Ma a partire da gennaio 2019, per l’adeguamento alla speranza di vita Istat, ci sarà un aumento dei requisiti pensionistici pari a 5 mesi che, per le donne, porterà il requisito contributivo per l’accesso alla pensione anticipata a 42 anni e 3 mesi. Potrà quindi accedere alla pensione anticipata il 17 luglio 2020 con decorrenza della stessa dal 1 agosto 2020.
Da PensioniOggi:
Pensioni, l'abolizione del trattenimento in servizio per i dipendenti pubblici è legittimo
La Corte Costituzionale ha respinto un ricorso di un magistrato che chiedeva la prosecuzione del rapporto di lavoro sino a 75 anni. "Non è violato il diritto alla pensione minima".
L’abolizione dell’istituto del trattenimento in servizioper i dipendenti pubblici è legittimo in quanto non lede la possibilità per il dipendente di raggiungere l'anzianità contributiva minima per il conseguimento della pensione. E ciò vale anche per il personale della magistratura. E' quanto ha stabilito la Corte Costituzionale con la sentenza numero 131 del 22 giugno 2018 nella quale i giudici erano stati chiamati dal TAR del Lazio a valutare un passaggio del decreto legge Madia sulla riforma della pubblica amministrazione(DL 90/2014) che, come noto, ha abolito il trattenimento in servizio nelle PA.
Il caso traeva origine dalle doglianze di un magistrato nominato consigliere di cassazione per meriti insigni (ai sensi della legge 5 agosto 1998, n. 303), in quanto avvocato con non meno di quindici (nella specie, sedici) anni di anzianità, iscritto negli albi speciali per le giurisdizioni superiori.
L'interessato aveva chiesto e ottenuto, in corso di rapporto, un provvedimento datato 2 novembre 2011, la concessione deltrattenimento in servizio fino all’età di 75 anni o, comunque, per il minor tempo sufficiente a conseguire il diritto a pensione (23 settembre 2017), ma poi era stato collocato forzosamente a riposo a partire dal 1° gennaio 2016, con un successivo provvedimento adottato in conseguenza dell’abrogazione dell’istituto del trattenimento in servizio, disposta dall’art. 1, comma 1, del d.l. n. 90 del 2014 e della disciplina transitoria introdotta dal medesimo art. 1. Il ricorrente si lamentava del fatto che a seguito del collocamento a riposo d'ufficio non avrebbe potuto raggiungere l'anzianità minima prevista per la concessione del trattamento di vecchiaia (20 anni di contributi) pur avendo acquisito il diritto e la legittima aspettativa a restare in servizio fino a quella data. E quindi chiedeva che venisse acclarata l'incostituzionalità della disposizione legislativa da ultimo citata.
La decisione della Corte
La Corte Costituzionale investita della materia dal Tar del Lazio ha respinto la tesi del ricorrente. Secondo i giudici l’amministrazione pubblica è tenuta a proseguire il rapporto di lavoro con il dipendente, infatti, solo nel caso questi non maturi alcun diritto a pensione al compimento dell’età limite ordinamentale o al compimento del requisito anagrafico per la pensione di vecchiaia.
Però ai fini della sussistenza del requisito contributivo minimo per il diritto a pensione, deve essere considerato il rapporto in essere con la pubblica amministrazione e gli eventuali precedenti rapporti cui corrispondano contributi versati presso diverse gestioni previdenziali, con conseguente possibilità per il dipendente di accedere all’istituto gratuito della totalizzazionedi cui al decreto legislativo 2 febbraio 2006, n. 42 o a quello delcumulo contributivo di cui all’art. 1, commi da 238 a 248 della legge 24 dicembre 2012, n. 228 per conseguire il requisito minimo contributivo necessario al pensionamento di vecchiaia.
Nella specie il consigliere di cassazione aveva almeno 15 anni di contribuzione presso la Cassa Forense e, pertanto, la risoluzione del rapporto di lavoro conseguente all'abolizione del trattenimento in servizio da parte dell'amministrazione pubblica non viola la possibilità per l'assicurato di maturare una pensione potendo riunire gratuitamente i contributi tra la Cassa Forense e la Cassa Stato al fine di acquisire il trattamento di vecchiaia. "Il diritto al trattamento pensionistico - concludono i giudici - è garantito proprio dall’impiego di questi istituti volti ad assicurare, in varie forme e modalità, la possibilità di sommare le anzianità contributive versate presso le diverse gestioni previdenziali, al precipuo scopo di accedere alla pensione". Pertanto la Corte ha respinto la questione di incostituzionalità relativa al decreto legge 90/2014.
Prestito Pensionistico, da luglio il pagamento dei primi assegni
Coinvolti i lavoratori che hanno prodotto la domanda di accesso all'Inps entro lo scorso mese di aprile. Chi ha chiesto gli arretrati vedrà la corresponsione delle somme sin dal 1° maggio 2017.
Il prossimo luglio i lavoratori che hanno fatto domanda riceveranno il pagamento dei primi assegni dell'ape volontario. Salvo ritardi. Si tratta dei lavoratori in possesso dellacertificazione Inps che attesta il possesso dei requisiti e che hanno fatto domanda di accesso lo scorso mese di aprile appena dopo lo sblocco della procedura da parte dell'Inps.
L'accordo quadro tra ABI e Ministero dell'economia prevede, infatti, che il pagamento del prestito pensionisticosia disposto a partire dal 1° giorno del terzo mese successivo a quello della presentazione della domanda di Ape(se accettata dall'istituto finanziatore e dalla compagnia assicuratrice e salvo il diritto di recesso dell'assicurato) con corresponsionedelle quote arretrate dal primo giorno del mese successivo alla presentazione della domanda.
Pertanto i lavoratori che hanno prodotto la domanda ad Aprile riceveranno il primo giorno bancabile di luglio (cioè il 2 luglio) le prime tre mensilità di APE relative a maggio, giugno e luglio. La prima erogazione comprenderà anche l'importo dei premi assicurativi complessivamente pattuiti che la banca provvede a corrispondere, per conto del lavoratore, all'impresa assicuratrice e la commissione di accesso al fondo di garanzia; ai lavoratori che hanno prodotto domanda di accesso entro il 18 Aprile 2018 e che hanno maturato i requisiti tra il 1° maggio ed il 18 ottobre 2017 la banca erogherà con la mensilità di luglio anche gli arretrati maturati sin dal 1° maggio 2017 se l'assicurato ne ha fatto richiesta al momento della domanda. Successivamente l'istituto finanziatore erogherà il prestito il primo giorno bancabile di ogni mese sino al raggiungimento dell'età pensionabilecome stabilita dalla legge Fornero.
Dal punto di vista amministrativo la banca deve comunicare all'Inps l'accettazione o il rigetto della domanda entro il 18 del mese successivo alla data di presentazione della domanda di ape, oppure entro il primo giorno bancabile successivo. L'Inps deve pubblicare tale informazione nella sezione del proprio sito internet dedicata al richiedente ilgiorno 21 dello stesso mese oppure il primo giorno lavorativo successivo.
Le platee interessate
L'ape volontario coinvolge tutti i lavoratori iscritti presso l'assicurazione generale obbligatoria, le forme ad essa sostitutive od esclusive (dunque sia i lavoratori dipendenti del settore privato, sia gli autonomi, gli iscritti alla gestione separatanonchè i lavoratori del pubblico impiego) in possesso di 63 anni di età,20 anni di contributi e a non più di 3 anni e 7 mesi dalla pensione di vecchiaianel regime obbligatorio. Per l'accesso alla misura la pensione al momento della richiesta dovrà risultare non inferiore a 1,4 volte il trattamento minimo inps (cioè circa 710 euro al mese) al netto della rata di ammortamento corrispondente all'APE richiesta; inoltre l'interessato non deve essere titolare di una pensione diretta o dell'assegno ordinario di invalidità. La misura ha carattere sperimentale: durerà sino al 31 dicembre 2019 (per effetto della proroga di un anno contenuta nella legge di bilancio per il 2018) e poi potrà essere rinnovato sulla base dei risultati della sperimentazione.
Di Maio: Pronto il taglio ai vitalizi degli ex parlamentari
Il Ministro del Lavoro annuncia la delibera degli uffici di presidenza di Camera e Senato. E sul reddito di cittadinanza avvisa: per ottenerlo almeno 8 ore di lavoro a settimana gratis.
Il M5S accelera sul taglio ai vitalizi degli ex parlamentari. “Credo che la prossima sia la settimana buona per abolire i vitalizi agli ex parlamentari dobbiamo ricominciare a mettere al centro alcuni segnali”, ha detto il ministro del Lavoro, Luigi Di Maio.
Il titolare del dicastero di Via Veneto ha spiegato che dopo i vitalizi sarà la volta delle pensioni d'oro, superiori a cinque mila euro netti al mese se non giustificate dai contributi versati anche se restano ancora oscure le modalità attraverso rendere operativo il taglio (c'è il forte rischio di incostituzionalità di un simile provvedimento che avrebbe portata retroattiva). "I fondi saranno destinati alla creazione di un fondo per implementare le pensioni minime. Sarà poco, però è un segnale, un inizio” ha detto Di Maio.
Di Maio: "Il Reddito di cittadinanza non sarà gratis"
Il neo ministro risponde anche alle critiche, provenienti anche dalla maggioranza di governo, che lo accusa di voler introdurre una misura di sostegno di natura squisitamente assistenziale. Obiettivo del reddito di cittadinanza «non è dare soldi a qualcuno per starsene sul divano ma è dire con franchezza: hai perso il lavoro - il tuo settore è finito o si è trasformato - ora ti è richiesto un percorso per riqualificarti e essere reinserito in nuovi settori. Ma mentre ti formi e lo Stato investe su di te, ti do un reddito e in cambio dai al tuo sindaco ogni settimana 8 ore lavorative gratuite di pubblica utilità», spiegato Di Maio. Sul reddito di cittadinanza non arretreremo, si deve realizzare senza che ci siano abusi", ha concluso.
Ed in attesa che il nuovo Governo sveli ufficialmente la proposta sulla revisione della Legga Fornero l'ex ministro del Lavoro, Cesare Damiano, avverte. "Ci auguriamo che il Governo giallo-verde, dopo le promesse, indichi nella prossima legge di Bilancio le misure che intende adottare per ‘superare’ la legge Fornero. Nella passata legislatura abbiamo già messo le basi per questo ‘superamento’ e su questa strada vogliamo proseguire, senza fare però passi indietro: ad esempio, Quota 100che parte da un minimo di 64 anni di età, come proposto dal Governo, sarebbe penalizzante rispetto alle attuali normative” ha detto Damiano.
Riforma Pensioni, Salvini: Entro fine anno arriva quota 100
Il Leader Leghista indica una data per mettere mano alla Legge Fornero. Obiettivo la prossima legge di bilancio. Ma è ancora rebus sulla proposta ufficiale del Governo.
La revisione della Legge Fornero avverrà entro la fine dell'anno. Parola di Matteo Salvini che anticipa l'apertura di uno dei prossimi dossier caldi del nuovo esecutivo ribadendo intenzioni largamente anticipate in campagna elettorale e condivise con il M5S.
I punti salienti della riforma prenderanno forma dopo l'estate in occasione della discussione della legge di bilancio per il 2019 e vedranno in prima linea la quota 100(basata però su una combinazione tra età anagrafica e contributiva ancora da ufficializzare) e dal pensionamento con 41 anni di contributi a prescindere dall'età anagrafica. Incerto il destino dell'ape socialeche alcuni esponenti del nuovo esecutivo puntano a cancellare. «Ci sono dei ministri che non hanno ancora gli uffici e quindi aspettiamo che i ministri abbiano gli uffici e poi entro l'anno si comincia a smontare la legge Fornero ripartendo da quota 100». Flat tax, reddito di cittadinanza, cancellare spesometro, redditometri, studi di settore, «quello costa zero e semplifica la vita».
Sul nodo delle coperture, della compatibilità degli interventi prefigurati nel contratto di governo con la finanza pubblica Salvini si mostra rassicurante. «Il ministro dell'Economia fa il suo mestiere, dice “stiamo attenti ai cordoni della Borsa, i vincoli di bilancio, le regole europee, il rapporto deficit/Pil'. È il suo mestiere e noi vedremo, rispettando le regole e i vincoli di ottenere più spazio di manovra in Europa e di incardinare quello su cui abbiamo vinto le elezioni».
Nei giorni scorsi anche il nuovo ministro del Lavoro, Luigi di Maio, ha confermato la volontà di mettere mano alla Legge Fornero con un occhio per le categorie più deboli. La ricetta economica del vice premier nonché ministro del Lavoro e attività produttive prevede "di creare un fondo alimentato con i tagli ai vitalizi e alle pensioni d'oro, e lo destineremo alle pensioni minime. E' una questione di giustizia sociale" ha detto Di Maio. Che poi si è espresso sul reddito di cittadinanza: "Acceleriamo e spero di poterlo portare in legge di bilancio a fine anno". I sindacati intanto mettono in guardia da fughe solitarie del nuovo esecutivo indicando la disponibilità ad un incontro con il neo ministro del Lavoro. "Il dossier previdenza è una materia complessa e la cura rischia di essere peggiore del male se non preceduta da una adeguata concertazione con le parti sociali" si legge in una nota della Cigl.
Previdenza Complementare, Regole più facili per i lavoratori UE
Approvato dal Consiglio dei Ministri il decreto legislativo che recepisce la direttiva UE relativa ai requisiti minimi per accrescere la mobilità dei lavoratori tra Stati membri migliorando l’acquisizione e la salvaguardia di diritti pensionistici complementari.
Ok al miglioramento della previdenza complementareper i lavoratori che si spostano in ambito UE. Il Consiglio dei Ministri ha dato il disco verde l'altro giorno al testo del decreto legislativo con il quale recepisce la direttiva n. 2014/50/UE che stabilisce le norme minime per la tutela dei diritti pensionistici complementari dei lavoratori dipendenti che si spostano da un paese europeo all'altro (cd. lavoratori in uscita).
Il decreto legislativo introduce nel Dlgs 252/2005alcune particolari disposizioni volte ad accrescere la mobilità dei lavoratori tra gli Stati membri e migliorare l'acquisizione e la salvaguardia dei diritti pensionistici complementari.
Lavoratori all'estero
In particolare il provvedimento dispone che la partecipazione quinquennale alla forma pensionistica complementare, requisito necessario per l' acquisizione del diritto della prestazione pensionistica (al momento della maturazione dei requisiti stabiliti nel regime obbligatorio di appartenenza)sia ridotta a tre anni per il lavoratore il cui rapporto di lavoro in corso cessi per motivi indipendenti dal fatto che lo stesso acquisisca il diritto ad una pensione complementare e che si sposti tra Stati membri della UE.
La riduzione del termine da cinque a tre anni consentirà, ad esempio, al lavoratore licenziato in Italia che trovi un'occupazione in altro stato europeo di ottenere la corresponsione della rendita previdenziale integrativa dopo soli tre anni (anzichè cinque) di iscrizione al fondo di previdenza integrativo presso cui ha contribuito. Obiettivo rimuovere gli ostacoli all'erogazione del trattamento pensionistico complementare per i lavoratori che hanno maturando più esperienze lavorative in diversi paesi UE. Per i lavoratori "nazionali" resta, invece, il termine di cinque anni di iscrizione alla forma di previdenza complementare per maturare il diritto alla rendita.
Ok al mantenimento della posizione
Con un'altra modifica nel corpus normativo del Dlgs 252/2005 il decreto prevede che, nel caso in cui vengano meno i requisiti di partecipazione alla forma pensionistica complementare, gli statuti e regolamenti stabiliscano anche la possibilità del mantenimento della posizione individuale in gestione presso la forma pensionistica complementare, anche in assenza di ulteriore contribuzione. Tale opzione è applicata automaticamente, in mancanza di scelta diversa da parte dell'iscritto e fatta salva l'ipotesi di valore della posizione individuale maturata non superiore all'importo mensile dell'assegno sociale(453 euro ai valori 2018). In questi casi, pertanto, l'iscritto avrà la possibilità di mantenere in gestione la posizione individuale oppure trasferirla ad altra forma pensionistica o ancora riscattarla.
Non si tratta, quest'ultima, di una vera e propria novità dato che diverse delibere Covip hanno già fissato l'obbligo del mantenimento della posizione individuale alle forme di previdenza complementari; la modifica si è resa necessaria per recepire a livello primario disposizioni attualmente fissate solo a livello amministrativo. A questo riguardo viene previsto altresì l'obbligo per le forme pensionistiche complementari diinformare l'iscritto (conformemente alle istruzioni della COVIP) della facoltà di esercitare il trasferimento ad altra forma pensionistica complementare, ovvero di richiedere il riscatto della propria posizione. Il decreto rafforza, infine, gli obblighi di informazione nei confronti degli iscritti attivi con riferimento ai diritti pensionistici complementari.